mercoledì 29 luglio 2020

CONTATTI



Piero Lusso
Giorgio Sommacal
CONTATTI
Sbam!Libri
2020, brossurato
130 pagine, 14.90 euro
Questo grande volume formato A4, introdotto da una prefazione di Antonio Serra (persona informata sui fatti), raccoglie una decina episodi di una serie a fumetti apparsa negli anni Novanta su "Il Giornalino", scritti da Piero Lusso e illustrati da Giorgio Sommacal, aventi per tema (da qui il titolo) i contatti con gli alieni, ovvero gli incontri ravvicinati del terzo tipo, ma anche del quarto. Ogni storia è una variazione sul tema, toccando un po' tutte le casistiche del genere: invasioni, rapimento degli esseri umani, mutaforma, extraterrestri buffi oppure cattivi. I testi sono più che brillanti (mescolano peraltro fantascienza, horror, umorismo), ma stupiscono i disegni di Sommacal, bravissimo anche nel realistico e nel fantastico, oltre che nell'umoristico e nel grottesco - che sono la sua cifra ideale. Un plauso anche all'editore, che sta arricchendo il suo catalogo di titoli accattivanti.

giovedì 23 luglio 2020

I GIROVAGHI




Massimo Bonfatti
I GIROVAGHI
Saldapress
cartonato, 2016
106 pagine, 20 euro

Secondo me, Massimo Bonfatti è un fumettista immenso. Ma proprio uno fra i top ten del mondo (fra i viventi). Se poi si apre questo libro e si scoprono le prime strisce dei Girovaghi, che ancora si chiamavano "Il Circo Bodoni", realizzate nel 1979, quando aveva diciannove anni (ma avrò cominciato a scarabocchiarle anche prima), si resta di stucco: testo, disegni, lettering e perfino retini da far invidia a un professionista navigato. Autore completo per nascita, Massimo, uno di quegli eventi che capitano di rado e non sempre capitano così ben riusciti. Va bene che già nel 1979 il giovanissimo Bonfa lavorava a bottega da Silver e i retini magari li metteva lui anche a Cattivik o a Lupo Alberto, ma non si entra (e si resta) a bottega da Silver senza avere talento. Comunque sia, "Il Circo Bodoni" diventa "I Girovaghi", una striscia che muove i suoi primi passi sulla fanzine "Casablanca" per poi approdare, ma solo per breve tempo, sul mensile di Lupo Alberto: "purtroppo solo per un certo periodo", scrive Bonfattti in una sua postfazione a volume, "perché poi decisi di interrompere provvisoriamente per far fronte ad altri impegni di lavoro". Girovago anche lui, Massimo sa essere tanto assiduo (come su Cattivik) quanto incostante (su tutto il resto). "Continuavo ad abbandonare i Girovaghi per urgenze lavorative o esistenziali, er poi ripescarli appena possibile e abbandonarli di nuovo per dare la precedenza ad altre cose, persone e personaggi; ma mai del tutto e forse solo per lasciarli scorrazzare liberi nella mia mente". Non c'è dubbio che siano i Girovaghi i personaggi del cuore di Massimo, quelli a cui si sente più vicino (anche se Cattivik ci si accosta molto), al punto da portarlo a scrivere di aver trovato difficoltà ad approcciarsi al personaggio di Rico, uno dei tre figli della famiglia Bodoni, con i fratellini Pepe e Patrika: "Mi sono accorto che tendeva a rappresentarmi; o meglio, a rappresentare me adolescente".Sognatore, ironico, un po' filosofo, Rico vive nell'iconografico carrozzone di legno (o meglio, carrozzino) girando per le campagne e le periferie con il padre Nando, la madre Gina (abbreviativo di Regina), il trovatello Arturo (in realtà omaccione forzuto (ma tanto forte quanto stupido. Ci sarebbe da chiedersi perché I Girovaghi non abbiano mai trovato una collocazione editoriale fissa e ottenuto il successo che meritano (ci si stupisce anzi del perché in Rete abbiano successo fumetti comici molto più insulsi e raffazzonati, ma questo non lo sapremo mai). Forse perché sono "zingari" (anche se non vivono in un campo nomade), perché vivono da randagi, perché rimandano a un tipo picaresco e romantico nel cui mito (lo stesso della canzone "Zingaro" di Umberto Tozzi e Giancarlo Bigazzi) non si riconosce più nessuno, perché Bonfa non è un buon venditore di se stesso, essendo picaresco e romantico pure lui. Chissà. Vadano comunque lodi o nome a Saldapress che ha raccolto tutto il materiale disponibile (rammendato per l'occasione e in parte inedito) in un volume de luxe, che detto di baraccati fa anche un po' ridere.

domenica 19 luglio 2020

UNA MISTERIOSA MELODIA




Cosey
UNA MISTERIOSA MELODIA
Giunti
Cartonato, 2016
64 pagine, 19.90 euro

La Glénat, in Francia,ha iniziato una collana di fumetti Disney affidando i personaggi disegnai (Disney d'accordo, tutto lascia supporre) alla reinterpretazione di alcuni grandi autori della BD. Il secondo volume della serie è questo magistrale "Una misteriosa melodia", realizzato da Cosey, vincitore del Grand Prix d’Angoulême 2017. Perché "magistrale"? Perché Cosey recupera tutto il sapore delle vecchie storie di Ub Iwkers e Floyd Gottfredson (a cui il volume è dedicato), sia nella felice interpretazione grafica, sia nello spirito dei testi, felicemente avventurosi e ilari senza per questo essere banali, adatti, anzi, a venire fruiti su più piani di lettura, da quello del metafumetto (il fumetto che riflette su se stesso), a quello della contaminazione fra i generi (love story, caccia al tesoro, minimalismo, poliziesco, umorismo) e dei media (teatro, cinema, musica, nona arte). Sono almeno tre le diverse vicende i cui fili si intrecciano: la storia di come Topolino incontrò per la prima volta Minni, i guai di Mickey sceneggiatore cinematografico con il produttore per cui lavora, le indagini per recuperare una misteriosa busta andata perduta contenente nientemeno che un presunto manoscritto originale di Willian Shakespeare. Il tutto ambientato negli anni Venti, quelli dei primi cartoni animati di Topolino.

venerdì 17 luglio 2020

LA FISICA DEI PERPLESSI




Jim Al-Khalili
LA FISICA DEI PERPLESSI
Bollati Boringhieri
brossurato, 2020
280 pagine, 14 euro

Il titolo, buon adattamento dell'originale "Quantum. A guide for Perplexed", rende perfettamente l'idea del contenuto. "Una spiegazione finalmente comprensibile di com'è fatto il mondo", recita una scritta in copertina, e il sottotitolo dice: "L'incredibile mondo dei quanti". Ora, se una cosa mi era sembrata piuttosto chiara dopo tutti i miei sforzi per capire qualcosa di meccanica quantistica, è che non ci si capisce niente. Nel senso che il comportamento dei quanti (le particelle elementari alla base della fisica e dunque della realtà) sfugge alla logica del senso comune. Come si può concepire il fatto che un fotone o un elettrone o perfino un intero atomo si trovino in due posti diversi contemporaneamente? Che una particella possa comportarsi come un'onda? Che un esperimento dia risultati diversi a seconda se stai a guardare mentre si svolge o se invece ti volti e osservi solo il risultato? Tuttavia, giù il cappello di fronte a Jim Al-Khalili, scienziato iracheno docente di Fisica teorica in Gran Bretagna. Oltre a essere una cima nel suo settore, si dimostra un divulgatore straordinario perché riesce a spiegare l'inspiegabile e a incuriosire sui possibili sviluppi che si prospettano in tempi anche brevi nel campo della fisica quantiatica. O meglio, della fisica tout-court perché ormai la fisica è quantistica, dato che tutta la realtà lo è. Perfino l'evoluzione, dato che pare dimostrato come le mutazioni avvengano per input a livello di quanti. Le fluttuazioni quantistiche del vuoto, da cui scaturiscono sempre nuove particelle, sono alla base della creazione e se c'è Dio è proprio lì. La realtà come la vediamo a livello macroscopico in realtà non esiste, nel senso che andando all'essenza di ogni cosa troviamo vuoto ed e energia che vibra. Al-Khalili traccia il suo quadro d'insieme confrontando anche teorie contrapposte e ripercorrendo la storia delle scoperte, cioè parlando degli uomini che hanno calcolato l'incalcolabile scoprendo l'incredibile. Se vi fidate di uno che di fisica ne capisce meno che di calcio, e volete anche voi provare a destreggiarvi fra bosoni, gluoni, fermino e leptoni leggete questo libro, avvincente come un giallo dai meccanismi complessi e dalla soluzione sorprendente.

giovedì 16 luglio 2020

LA STORIA DI TUTTE LE STORIE




Edoardo Boncinelli
LA STORIA DI TUTTE LE STORIE
Castelvecchi
2019, brossurato
50 pagine, 5 euro


La collana "irruzioni" della Castelvecchio propone agili libretti di divulgazione scientifica, si direbbe trascrizioni di brevi conferenze tenute da studiosi a un pubblico di non specialisti. A dire il vero, questo di Edoardo Boncinelli non reca nessuna indicazione sull'origine del testo, però una pubblicazione di Roberto Battiston del tutto analoga, nella stessa collana, dedicata alla meccanica quantistica, segnala che si tratta di una conferenza tenuta nel corso del Festival di Scienza e Filosofia di Foligno, di cui Boncinelli era uno dei referee. Ci sono perciò buone probabilità che anche questa trascrizione derivi da un intervento in quel contesto -o comunque, in uno simile. Perché di trascrizione di conversazione orale, tenuta molto probabilmente a braccio senza le lettura di un testo scritto, evidentemente si tratta, con tutti i limiti del caso: approssimazione nei dati citati, salto di palo in frasca, spiegazioni superficiali, semplificazione estrema. Boncinelli è uno scienziato coi fiocchi e i contrifiocchi (genetista, autore di decine di libri) e questa pubblicazione non aggiunge niente alla sua fama: quantomeno, il testo trascritto da un discorso a voce andava rivisto, perfezionato, annotato. Tuttavia, quel che è indiscutibilmente un limite, potrebbe persino essere considerato un pregio se si valuta l'immediatezza della comunicazione e ci si accontenta dell'infarinatura sommaria che il relatore propone al suo pubblico. Si traccia una storia dell'Universo e dell'Uomo, dal Big Bang all'apparizione della nostra specie, condotta accennando anche alla progressione degli studi scientifici che ci hanno portato sempre più vicini alla verità. Quindi si passa dalla nascita di quark e leptoni, le particelle ultime (allo stato attuale delle conoscenze) della materia, alla formazione delle prime stelle, fucine degli atomi sempre più pesanti, e quindi alla costituzione delle galassie, dei sistemi stellari, della Terra, dei continenti. Un viaggio narrato per sommi capi, e per accenni, che magari ha fatto nascere in chi ascoltava la voglia di approfondire.

mercoledì 8 luglio 2020

L’ULTIMO CAVALIERE






Stephen King
L’ULTIMO CAVALIERE
Sperling
2011, brossurato
230 pagine


«The man in black fled across the desert and the gunslinger followed» è uno degli incipit più ricordati fra i cultori di Stephen King, e mi accorgo sempre più di come sia diventato famoso anche tra chi non ha letto “L’ultimo cavaliere”. «L'uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì», traduce Tullio Dobner (per anni e anni, prima della morte, il traduttore di King di Italia). Il primo capitolo sembra quello di un romanzo western. In realtà, si tratta dell’inizio di una saga fantasy in otto parti, nota con il nome di “La Torre Nera”. Scrive King nella sua introduzione (del 2003) all’edizione definitiva, riveduta e ampliata, de “L’ultimo cavaliere”: “Più che l’ambientazione, ciò che desideravo era l’elemento epico, le dimensioni apocalittiche. Volevo scrivere non solo un libro lungo, ma il più lungo romanzo popolare della storia. Non ci sono riuscito, ma non credi di essermela cavata male; la Torre Nera, dal primo all’ultimo volume, racconta veramente una sola, grande storia che nell’edizione originale, in formato tascabile, con i primi quattro volumi supera di poco le duemila pagine. Gli ultimi tre corrispondono a oltre tremilacinquecento cartelle dattiloscritte. Se doveste chiedermi perché lo volessi fare, non vi saprei rispondere. Forse dipende in parte dall’essere cresciuto in America: costruisci l’edificio più alto, scava la buca più profonda, scrivi il libro più lungo”. In realtà, dopo aver completato la saga nel 2004, con il settimo volume, lo scrittore ha pubblicato un ottavo tomo nel 2012, destinato a rimpolpare la parte centrale (e non ad aggiungersi in fondo). King rivela di essere stato folgorato da “Il buono, il brutto e il cattivo” di Sergio Leone, da qui la contaminazione tra western e fantasy, o perlomeno l’origine del pistolero Roland. La parte fantasy invece deriva sia dall’influsso della lettura di Tolkien, sia da quella del poema “Childe Roland alla Torre Nera giunse” (Child Roland to the Dark Tower came), di Robert Browning (1855). “L’ultimo cavaliere” risale al 1978, anno in cui venne pubblicata la prima puntata (di sei) sulla rivista “The Magazine of Fantasy and Science Fiction”. L’ultima puntata uscì nel 1981, e nel 1982 il romanzo venne raccolto per la prima volta in volume da una piccola casa editrice, per poi giungere a una più importante, che raggiunse il grande pubblico, nel 1988. Nel 2003, come abbiamo detto, arriva l’edizione definitiva, resa più coerente l’inizio della saga con la sua conclusione. “The gunslinger”, questo il titolo originale, è il romanzo più breve degli otto che compongono la saga e ne costituisce in realtà soltanto un prologo, a dire il vero un po’ sconclusionato, in quanto le caratteristiche e la struttura del lungo racconto si disveleranno soltanto il seguito. Appare tuttavia chiaro come la saga sia ambientata, più che in un universo fantasy tradizionale, in un mondo post apocalittico, o in un universo alternativo in cui una qualche apocalisse ha provocato un qualche tipo di sconquasso. La civiltà sembra regredita in un medioevo simile al Far West, l’umanità è priva di tecnologia, ci sono animali strani e piante mutanti, qualcuno sembra in grado di maneggiare la magia. Roland di Gilead, il pistolero, è l’ultimo reduce di una sorta di ordine cavalleresco e sta, per motivi sconosciuti, inseguendo uno stregone, “l’Uomo in Nero”, attraverso un deserto apparentemente senza fine, oltre il quale, però, sorge una misteriosa Torre Nera, crocevia di tutti i possibili universi. A un certo punto del suo cammino, Roland si imbatte in Jack, un ragazzo privo di memoria, che ha solo un qualche baluginare di una sua vita precedente, vissuta in un mondo che sembra essere il nostro (quello di noi lettori), prima di morire travolto da una macchina. Quindi il mondo di Roland è per lui una sorta di aldilà dove è stato proiettato? Nel finale, il confronto con l’Uomo in Nero non si risolve in un duello, ma in una serie di enigmatiche rivelazioni. Il suo nome è Walter, nella Torre ci sarebbe un Re di cui lo stregone è servo, per arrivarci occorrerà l’aiuto dei Tre, tre personaggi che compariranno in seguito. Il flusso del tempo viene sconvolto dal contatto fra il pistolero e lo stregone, e quando la conversazione ha termine Roland si scoprirà più vecchio di dieci anni.

martedì 7 luglio 2020

L'EREDITA' MISTERIOSA


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Pierre Alexis Ponson du Terrail
L'EREDITA' MISTERIOSA
Landscape Books
2017, brossurato
280 pagine, 16.90 euro


L'aggettivo "rocambolesco" è entrato nel linguaggio comune, e sta a significare che un viaggio o delle vicissitudini sono stati particolarmente avventurosi, tormentati, pieni di colpi di scena, difficili da sbrogliare. Il personaggio di Rocambole, da cui l'aggettivo trae origine, venne creato dall'aristocratico Pierre Alexis Ponson du Terrail (1829-1871) nel bel mezzo degli anni d'oro del romanzo d'appendice, di cui fu fortunato autore. Nel 1857, Ponson du Terrail inizia a pubblicare a puntate su "La Patrie" una storia a puntate dal titolo "I drammi di Parigi", di cui "L'eredità misteriosa" costituisce la prima parte e che rappresenta la premessa di tutte le seguenti rocambolesche (appunto) avventure. Il buffo è che in questo primo episodio Rocambole non compare. Il personaggio, infatti, entra in scena soltanto successivamente e neppure come protagonista, ma come figura di contorno (uno scagnozzo al servizio del perfido visconte Andrea, il malvagio della storia). Ben presto, però, il pubblico dimostrò di gradire a tal punto il personaggio che Ponson du Terrail si vide costretto (e probabilmente lo fece comunque volentieri) a renderlo la figura centrale su cui ruotano tutti gli avvenimenti. Infatti Rocambole arriverà a uccidere Andrea e a trasformarsi da anima nera a eroe positivo, seppur abituato a muoversi al di fuori della legge, come una sorte di "ladro gentiluomo" alla Arsenio Lupin. Benché Rocambole sia assente all'inizio della saga (composta da qualche migliaio di pagine e da leggersi come un unico, ininterrotto racconto), "L'eredità misteriosa" manifesta tutte le caratteristiche del "rocambolesco". Il romanzo si legge tutto d'un fiato, i capitoli sono brevi, i personaggi a tinte forti, i particolari truculenti, ogni puntata si conclude con un colpo di scena sempre più clamoroso. Insomma, tutto ciò che si definisce "feuilleton". Le vicende cominciano nel 1812, durante la ritirata dalla Russia delle truppe di Napoleone. Un capitano, il malvagio Felipone, uccide, come parte di un losco piano, il colonnello De Kergaz ("la pallottola gli spezzò il cranio e le cervella schizzarono sanguinanti sulle mani dell'assassino") e riesce a sposarne la vedova, Helene, divenendo il padre adottivo del figlio che lei ha avuto dal primo marito, Armand. Poiché la donna, subito resa infelice, sta per dare alla luce il figlio di Felipone, destinato a chiamarsi Andrea, il malvagio non esita a gettarlo in mare, in modo da far ereditare tutto al sangue del suo sangue. Ma il piccolo Armand in realtà non muore, a lungo viene creduto un orfano prima che si stabilisca la sua vera identità. Nel frattempo lui e Andrea sono cresciuti: Andrea, al pari del padre, si rivela di una malvagità totale, il fratellastro invece si dedica all'aiuto dei più deboli. La lotta senza esclusione di colpi fra i due è quella del Bene contro il Male. "L'eredità misteriosa" ha il torto di non conludersi: serve leggere "I drammi di Parigi" per scoprirne il seguito. Ma del resto, il romanzo d'appendice è per definizione "a suivre".

domenica 5 luglio 2020

GLI OMICIDI DI BEACON HILL





Roger Scarlett
GLI OMICIDI DI BEACON HILL
Polillo Editore
brossurato, 2019
240 pagine, 16.40 euro


I gialli, o meglio, gli arancioni (visto il colore di copertina che li caratterizza), della collana "I bassotti" della Polillo Editore sono una garanzia, per gli appassionati (come il sottoscritto) del classico classico anglo-americano. Quello, per intenderci, con i delitti commessi nelle ville e nei castelli, negli anni Venti o Trenta, quando non c'erano ancora CSI e RIS, e le soluzioni dei misteri si rivelavano sorprendenti e basate su meccanismi logici ineccepibili. Gialli alla Agatha Christie o alla John Dickson Carr, di cui esiste una sterminata produzione proposta anche da autori non altrettanto famosi ma non di rado di ottimo livello. Roger Scarlett, a cui si deve "Gli omicidi di Beacon Hill", è un autore del tutto particolare perché si tratta di uno pseudonimo che nasconde due donne: le americane Dorothy Blair (1903-1976) ed Evelyn Page (1902-1977), che insieme firmarono cinque gialli con protagonista l'ispettore Norton Kane, specializzato in "delitti impossibili". Nel caso di quelli commessi nella villa di Beacon Hill, di proprietà diede ricco mister Sutton, si tratta di due misteri apparentemente insolubili: il padrone di casa viene trovato ucciso con un colpo di pistola in una stanza nella quale c'è solo una sua amica, Mrs Anceney, trovata seduta davanti a lui, la quale dichiara di non aver sparato, nonostante l'arma del delitto rinvenuta su tavolo accanto a lei; portata in una stanza adiacente e messa sotto sorveglianza di un poliziotto in attesa dei primi rilievi sul luogo del delitto, la donna viene a sua volta uccisa da qualcuno che non si sa come abbia potuto entrare e uscire. Il giallo è intrigante, e soprattutto è ben scritto: mantiene alti la tensione e l'interesse con continui colpi di scena. Si arrivava alla fine convinti che le autrici abbiano avuto ragione su tutto, a parte il fatto che il colpevole risulta essere proprio uno dei sospetti. A pensarci bene, se tutti sospettano di un insospettabile, puntare su uno dei sospetti potrebbe perfino sorprendere il lettore.