martedì 24 agosto 2021

IO SONO MISTER NO

 
 

 
 
Luigi Mignacco
IO SONO MISTER NO
Sergio Bonelli Editore
2021, cartonato
386 pagine, 30 euro

Dopo "Io sono Zagor, "Io sono Cico" e "Io sono Nathan Never" ecco "Io sono Mister No". Il volume ricostruisce una sorta di biografia del personaggio di Mister No, immaginato come reale, così come i primi tre della serie facevano con gli altri eroi. E, allo stesso modo, alterna testi scritti (l'io narrante è lo stesso Jerry Drake, alias Mister No) a pagine a fumetti tratte dagli albi della serie. Gli anni presi in considerazione da Luigi Mignacco, a cui si deve il "confezionamento" del tomo, sono soprattutto quelli del la giovinezza di Jerry, a partire dall'infanzia newyorkese narrata nel secondo Maxi Mister No ("C'era una volta a New York"), procedendo con quanto narrato in "Un giovane americano" (Speciale n° 13) per poi passare alle avventure vissute dal protagonista nel corso della Seconda Guerra Mondiale, compresa quella dell'albo "Il mio nome è Mister No" in cui si racconta come il nostro eroe si guadagnò il suo soprannome. Leggendo il volume si riesce a far chiarezza sul passato del pilota amazzonico, sul perché del conflittuale rapporto con il padre (finito in galera per un omicidio in realtà non commesso), e sui motivi della sua decisione di stabilirsi a Manaus. Si chiarisce anche che Esse Esse non è mai stato nazista (il soprannome gli deriva soltanto, dall'essere tedesco). Poche le tavole ambientate in Amazzonia, visto il tanto da narrare sul periodo precedente, ma si può sperare in un secondo volume. Oltre a Guido Nolitta, tra gli autori rappresentati quali "costruttori" della biografia di Mister No attraverso le loro sceneggiature troviamo lo stesso Mignacco, Michele Masiero, Maurizio Colombo. Tra i disegni, spiccano inevitabilmente quelli di Roberto Diso.

lunedì 23 agosto 2021

CLOFFETE CLOPPETE CLOCCHETE

 

 
 
Piero Manni
CLOFFETE CLOPPETE CLOCCHETE
Manni Editori
2017, brossurato
208 pagine, 16 euro


"Il seguito di 'Che dice la pioggerellina di marzo'", si legge in un bollino in copertina. Di "Che dice la pioggerellina di marzo" ci eravamo già occupati in questo spazio, e volendo potete leggere quel che scrissi (nel 2016) cliccando qui

http://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../che-dice...

L'antologia precedente, che ebbe grande successo (e che consiglio a tutti) era dedicata alle poesie nei libri di scuola degli anni Cinquanta. Questa (che consiglio ugualmente) alle poesie nei libri di scuola degli anni Sessanta, scelte da Piero Manni (curatore del volume e autore dell'introduzione). Il confronto fra le due raccolte evidenzia un notevole cambiamento nei temi e nei toni delle poesie proposte nelle scuola (elementari e medie) italiane, corrispondente all'evoluzione della società in un periodo cruciale della nostra Storia. Se negli anni Cinquanta ci si rivolgeva a ragazzi di una Italia in gran parte contadina o artigianale, "consolata dalla religione, dagli ideali nazionalisti della patria e del grande passato, dagli affetti famigliari" (come scrive Manni), negli anni Sessanta ci si trova di fronte alla società del boom e dell'industrializzazione, con tutte le contraddizioni del caso, a scolari che guardano la televisione, alle tensioni sociali. Così, accanto ai classici della letteratura italiana (Pascoli, D'Annunzio, Carducci, Manzoni) ecco autori più vicini alla contemporaneità dell'epoca (Montale, Ungarettti, Pavese, Gatto, Cardarelli, Saba, Rodari, Pezzani). Ci sono anche i versi dei cantautori (Gaber, De Andrè), ma soprattutto irrompono poeti stranieri: Brecht, Hikmet, Lorca, Hughes, Masters, Baudelaire). Si affrontano, oltre ai temi eterni della memoria, delle stagioni, della natura, degli affetti, questioni nuove come quelle politiche e sociali: il razzismo, il ruolo dei popoli nella progresso dell'umanità ("Tebe dalle Sette Porte, chi la costruì?"), il lavoro, la Resistenza, la guerra e la pace, persino il mal di vivere. "Duecento pagine di emozioni forti", scrivono Gino e Michele in un loro intervento. Condivido: le poesie scelte le ricordo quasi tutte. In particolare segnalo "Uomo del mio tempo" di Salvatore Quasimodo e "Oltre il ponte" di Italo Calvino. Mi colpisce ritrovare anche Geraldo Bessa Victor, angolano, di cui leggevamo il ritornello antirazzista "Il bambino negro non entrò nel girotondo" in anni in cui si poteva ancora dirlo. Il titolo "Cloffete cloppete clocchete" fa riferimento all'indimenticabile "fontana malata" di Aldo Palazzeschi, naturalmente contenuta nella raccolta.

sabato 21 agosto 2021

VITA DI GIROLAMO SAVONAROLA

 
 

 
Roberto Ridolfi
VITA DI GIROLAMO SAVONAROLA
Le Lettere
1997, brossura
470 pagine, 50.000 lire


Potremmo dire, un po' scherzando e un po' no, che biografi di Savonarola si dividono in "piagnoni" e in "arrabbiati", come ai tempi del Frate. Pro o contro, insomma. Difficile restare neutrali. Il fiorentino Roberto Ridolfi (1899-1991), a cui si deve questa monumentale ricostruzione storica e biografica datata 1952, è sicuramente un piagnone, quindi uno schierato sul fronte savonaroliano. Gli si può perdonare facilmente non soltanto per la ricca documentazione messa a disposizione dei lettori (che potranno, volendo, farsi una loro idea sul personaggio) ma anche perché, in ogni caso, qualche ragione ce l'aveva pure il Savonarola. Che per quanto fanatico era sicuramente un puro che viveva in povertà (rinunciò con sdegno persino alla nomina a cardinale che papa Alessandro IV gli propose nel tentativo di accattivarselo), e quando invocava una riforma della Chiesa precedendo (da antesignano) le idee di Lutero diceva sicuramente il giusto. Peccato che brigasse anche per trasformare Firenze in una sorta di stato teocratico con tanto di guardiani della rivoluzione, censura sulle donne scollacciate, rogo di libri proibiti, persecuzione degli omosessuali. 
Nato a Ferrara nel 1452 da famiglia benestante che gli assicurò ottimi studi, fuggito di casa per farsi frate domenicano nel 1475, arrivò a Firenze prima nel 1482 (per un breve incarico di lettore nel convento di San Marco), poi di nuovo nel 1489 dopo essersi fatto le ossa come predicatore in giro per l'Italia del Nord. Questo ritorno fu quello definitivo, e avvenne su richiesta di Lorenzo dei Medici il quale, consigliato da Pico della Mirandola (che aveva conosciuto fra' Girolamo ascoltandolo dibattere di teologia in alcune occasioni), ne chiese il trasferimento in riva all'Arno ai superiori. Fu come darsi la zappa sui piedi, perché nel frattempo (tra il primo e il secondo soggiorno fiorentino) il ferrarese aveva ricevuto, a suo dire, il dono della profezia e se Dio manda un profeta vuol dire che sta per arrivare l'Apocalisse. Savonarola comincia le sue trascinanti prediche contro il potere e i potenti (laici ed ecclesiastici), che radunano ascoltatori da ogni dove, facendo breccia soprattutto (ma non solo) fra i ceti popolari. Del resto proponeva un allargamento della rappresentanza nelle decisioni politiche allora riservate a pochi, la redistribuzione della ricchezza ai poveri, la lotta alla corruzione e al vizio. In più profetava sciagure contro chi non di convertiva e non praticava una rigida osservanza dei precetti cristiani. Profetizzò la morte di Lorenzo de' Medici ("io resterò, lui se ne andrà") e davvero il Magnifico morì, appena quarantenne, nel 1492. L'Apocalisse sembrò arrivare davvero nel 1494 con la calata del re di Francia, Carlo VIII, in Italia. Il precipitare degli eventi politici e militari portò alla fuga di Piero de' Medici e all'instaurazione di una Repubblica. Savonarola fu addirittura incaricato di trattare con il re francese, e negli anni successivi sembrò in grado di dettare al governo fiorentino una road map per le riforme che avrebbero trasformato Firenze in una nuova Gerusalemme, la città di Dio. Machiavelli, anni dopo, avrebbe rimproverato però al Frate l'ingenuità politica del "profeta disarmato" che crede solo a ciò che è scritto nella Bibbia e non si accorge che la Storia va al di là dei testi sacri. Il fanatismo di Savonarola e dei suoi seguaci aveva creato anche dei fieri oppositori (i "compagnacci", i medicei ma anche gli "arrabbiati" antimedicei) ma soprattutto c'era l'ostilità di Alessandro VI, papa Borgia, che oltre a risentirsi per gli attacchi alla dissolutezza della Curia romana, non tollerava l'appoggio del Frate a Carlo VIII (la Chiesa aveva costituito invece una Lega antifrancese). Così, tutto congiurò contro il profeta e portò al sanguinoso attacco contro il convento di San Marco (con la campana "piagnona" che chiamava il seguaci a raccolta in difesa del Frate), seguito dall'arresto di Savonorola e di due dei suoi più stretti collaboratori, al processo, alle torture, alla condanna a morte accusato di eresia, di intenzioni scismatiche ma soprattutto di aver brigato politicamente. Fra' Girolamo venne impiccato e poi bruciato sul rogo il 23 maggio 1498. La Chiesa, in tempi recenti, lo ha dichiarato "Servo di Dio" ed è in corso una causa di beatificazione. Personalmente lascerei perdere. Che si sia trattato di un processo farsa è comunque fuori dubbio.

giovedì 19 agosto 2021

TUTTO BONELLI 1980-2020

 

 
Mauro Giordani
Gisello Puddu
TUTTO BONELLI 1980-2020
Sergio Bonelli Editore
2021, brossurato
660 pagine, 20 euro


Mamma mia! Assolutamente incredibile la mole di date, dati, titoli, annotazioni, informazioni, contenute in questo prezioso volume di Mauro Giordani e Gisello Puddu, che sembrano aver trascorso la vita a catalogare con minuzia certosina tutto ciò che è stato pubblicato per anni dai vari marchi Bonelli. E si tratta, si badi bene, solo del secondo volume, che segue il precedente dedicato al periodo 1941-1979, pubblicato alcuni mesi fa. Il tutto, nasce come aggiornamento del tomo "Tutto Bonelli" usciti nel 1997 edito dalla Glamour di Antonio Vianovi, che i collezionisti consideravano una sorta di Bibbia per dare la caccia alle pubblicazioni bonelliane. Che ci fosse, dopo oltre vent'anni, necessità di integrare quel primo catalogo, è evidente. Ma Giordani e Puddu hanno fatto molto di più: arricchito, corretto, illustrato, completato fino alla maniacalità. Così, il volume originario si è diviso in due parti, corredati di illustrazioni a colori. Dato che il periodo fino al 1979 era comunque stato censito all'epoca, attendevo con particolare curiosità il secondo volume 1980-2020 per avere sotto gli occhi il quadro completo degli ultimi quaranta anni dell'attività della Sergio Bonelli Editore. Anni che mi hanno visto al lavoro proprio per e negli uffici della Casa editrice, e che ho percepito come un tourbillon di idee e di iniziative ma che neppure io credevo così ricchi di titoli. A sfogliare "Tutto Bonelli 1980-2020" si resta a bocca aperta per la varietà di proposte sempre più diversificate allestiti in Via Buonarroti a Milano, sia negli anni in cui Sergio dirigeva l'azienda, sia in quelli in cui il timone è passato nelle mani del figlio Davide. C'è di che stupirsi nel ricordare le accuse di immobilismo che a volte si sono sentite rivolgere da chi riteneva che la Bonelli fosse legata al passato e non battesse strade nuove. Tutto il contrario! Basta sfogliare le coloratissime pagine di questo volume per rendersene conto e riscoprire le migliaia di titoli di genere e formati diversi e le centinaia di autori che ci sono stati proposti negli ultimi quattro decenni. Anno per anno, testata per testata, Giordani e Puddu catalogano tutto quanto è uscito in edicola o in libreria, indicando ogni possibile dato estrapolabile e aggiungendo preziose annotazioni: "Ma non finisce qui!", promette Davide Bonelli nella sua postfazione. Intanto, i due autori continuano a catalogare.

lunedì 16 agosto 2021

1793

 

 

Niklas Natt Och Dag

1793
Einaudi
brossurato, 2019

492 pagine, 20 euro

"Un crime avvincente come 'Il nome della rosa'", secondo The Washington Post. "Un viaggio vivido e avvicente nella Stoccolma del XVIII secolo, nelle sue ingiustizie e nei suoi luoghi oscuri", recensisce The Guardian. "Coinvolgente e scioccante", dice The Times. "Un romanzo livido, febbrile, di una potrenza palpabile. Un esordio eccezionale. Un autore da seguire", commenta Le Parisien. "Un thriller trascinante", aggiunge The Observer. Queste le scritte in copertina, che convincono all'acquisto a dispetto del nome oscuro (e impronunciabile) dell'autore, classe 1979, di cui ci viene detto che è il discendente della più antica famiglia aristocratica svedese, da tempo decaduta. A parte il paragone con "Il nome della rosa", che io non proporrei, i restanti commenti sono assolutamente veritieri. "1793", primo volume di una trilogia, è un romanzo potente, che stringe un nodo alla gola, trascina giù con sé in abissi inimmaginabili che pure si comprendono come reali, data che è evidente la documentazione da cui ha attinto Natt och Dag. Ambientato in Svezia durante la Rivoluzione Francese, di cui giungono gli echi e i cui eventi hanno un ruolo nel racconto, il romanzo descrive una Stoccolma crudele, putrida, corrotta, dissoluta, in preda a epidemie e incendi, in cui la vita umana era senza valore, reduce da guerre insensate e sotto un regime decadente e spietato (quello di Gustavo III si era concluso l'anno precedente con l'assassinio del Re, e il successore Gustavo Adolfo era solo quattordicenne). La sporcizia, le violenze, le ingiustizie, i soprusi, la disperazione, le malattie, l'avidità imperversano. Ciò nonostante, un reduce di guerra senza un braccio assunto nella guardia civica, Mickel Cardell, e un procuratore divorato dalla tisi, a cui già cercano di fare le scarpe per prenderne il posto, Cecil Winge, uniscono le loro forze per risolvere il caso di un orrendo delitto. Un uomo è stato mutilato pezzo per pezzo (prima la lingia, poi gli occhi, poi i denti, quindi gli arti, uno per uno, facendo risargire le ferite prima di procedere con le amputazioni) e il suo cadavere riemerge in un putrido lago dove scolano gli escrementi della città. Nessun indizio sulla sua identità. "1793" non è però solo il resoconto di una difficile indagine, ma la ricostruzione storica di una città, di un'epoca, di una società. Le ricerche di Cardell e Winge si incrociano con le vicende di altri due personaggi seguiti nelle loro drammatiche vicissitudini: il giovane spiantato Kristofer Blix, aspirante chirirgo, e una ragazza, Anna Stina, ingiustamente rinchiusa in un istituto di correzione perché accusata di meretricio, dove le recluse anziché venire rieducate subiscono le più crudeli violenze. Si resta sgomenti dall'inizio alla fine, ma ne vale la pena

venerdì 13 agosto 2021

FONDAZIONE



Isaac Asimov
FONDAZIONE
Mondadori
200 pagine
C’era una volta la Trilogia Galattica. Erano tre romanzi di una saga, quella della Fondazione, che nel 1966 valse a Isaac Asimov il Premio Hugo quale miglior ciclo fantascientifico. In Italia li conoscevamo con i titoli di “Cronache della Galassia”, “Il crollo della galassia centrale” e “L’altra faccia della spirale”. I titoli americani erano molto diversi: “Foundation”, “Foundation and Empire” e “Second Fundation”. Edizioni italiane successive hanno ripristinato l’aderenza alle denominazioni originali.
Il primo romanzo, “Fondazione” è datato 1951 (prima pubblicazione italiana: 1963). In realtà, si tratta della raccolta di quattro racconti uniti da un unico filo conduttore, comparsi tra il 1942 e il 1944 sulla rivista “Astounding Science-Fiction”, preceduti da un prologo scritto appositamente per l’edizione in volume. La Trilogia Galattica diventò una tetralogia quando, nel 1982, Isaac Asimov si convinse che c’erano i margini per un sequel: “L’orlo della Fondazione”, a cui fece seguito nel 1986 un quinto romanzo, “Fondazione e Terra”. A questo punto l’autore decise di tornare indietro e aggiungere alla pentalogia due prequel, “Preludio alla Fondazione” (1988) e “Fondazione Anno Zer” (1993, uscito postumo). Quindi, il ciclo della Fondazione è composto da sette romanzi. Che diventano undici, se si considerano anche i quattro titoli del ciclo dei robot, che Asimov ha collegato, con due romanzi del 1983 (“I robot dell’alba”) e del 1985 (“I robot e l’Impero”) alle vicende di “Foundation”.
Ma veniamo appunto a “Fondazione”, il primo libro. Benché compaia, di persona, soltanto nelle pagine iniziali, protagonista imprescindibile ne è Hari Seldon, matematico del pianeta Helicon trasferitosi su Trantor, capitale dell'Impero, dove per lunghi anni ha messo a punto di una nuova scienza, la psicostoria, in grado di prevedere, sulla base probabilistica ma in modo del tutto attendibile, il futuro dell'umanità. Ai suoi occhi, appare evidente che l'Impero entrerà in crisi e seguiranno millenni di barbarie. L'ispirazione venne ad Asimov, alla fine degli anni Quaranta, leggendo l’opera monumentale di Edward Gibbon, "Declino e Caduta dell’Impero Romano". Il fatto che gli sviluppi delle dinamiche sociali possano essere preveniste da una sorta di determinismo storico ha fatto paragonare le idee di Seldon a quelle di Karl Marx, filosofo ed economista che vedeva come ineluttabili certi sviluppi della storia. In realtà, l'approccio di Seldon è diverso: è matematico, scientifico. A distanza di settanta anni, oggi vediamo come lo studio dei cosiddetti "Big Data" già permetta, nei fatti, la previsione esatta del comportamento della massa dei consumatori o degli utenti dei social (mai del singolo, solo dell'insieme). Asimov ci ha azzeccato, dunque. Il fascino di “Fondazione” non si basa su battaglie spaziali o su inseguimenti tra astronavi: l’avventura c’è ma, tutto sommato, non è né mozzafiato né fondamentale: il racconto è condotto principalmente attraverso dialoghi che analizzano la situazione su base politica, economica e sociologica, e dimostrano come questa situazione cambi lungo un fluire di decenni e di secoli. Così lo scrittore riassume le basi di “Fondazione” all’inizio di “Fondazione e Impero”, il secondo dei romanzi della Trilogia originaria: “L’impero galattico stava crollando. Era un’istituzione colossale che comprendeva milioni di mondi da un capo all’altro dell’immensa doppia spirale chiamata Via Lattea, e data la sua vastità la rovina era tanto imponente quanto lenta a compiersi. La caduta era iniziata da secoli, prima che qualcuno se ne rendesse conto. Questo qualcuno fu Hari Seldon, che rappresentava l’unica scintilla creativa in un mondo intellettualmente inaridito. Fu Seldon a sviluppare la scienza della psicostoria fino al più alto grado. La psicostoria studia le reazioni non del singolo uomo ma dell’uomo in quanto massa. Una massa formata da milioni di esseri umani. Con l’applicazione di questa scienza si possono prevedere con precisione assoluta le reazioni delle masse a determinati stimoli. Hari Seldon studiò i fattori sociologici ed economici dei suoi tempi, ne vagliò gli sviluppi, previde l’inarrestabile decadenza della civiltà e il conseguente periodo di trentamila anni di caos prima che un nuovo impero potesse nascere dalle rovine del precedente. Era troppo tardi per arrestarne la caduta, ma non troppo per ridurre il periodo di barbarie.” Nasce così il “piano Seldon”, che prevede la costituzione di due Fondazioni, una nota e una segreta (nascosta non si sa dove), con lo scopo di limitare il caos a un periodo di mille anni. La prima Fondazione viene collocata di un piccolo pianeta periferico, Terminus. Pochi conoscono i veri scopi degli scienziati che prendono possesso di Terminus per ordine dello stesso imperatore, che Seldon ha convinto a finanziare la compilazione di una “Enciclopedia Galattica” destinata a raccogliere e tramandare tutto il sapere umano: un lavoro, questo, di copertura. Ma gli stessi enciclopedisti, pur consapevoli di far parte di un piano, nulla sanno di ciò che gli aspetta. I membri della Seconda Fondazione, dovunque siano, conoscono invece qualcosa di più e sono chiamati a controllare che tutto proceda secondo le previsioni. Continua a riassumere Asimov: “A mano a mano che l’impero si disintegrava, le regioni esterne si trasformarono in regni indipendenti. La Fondazione ne fu minacciata. Tuttavia, manovrando questi regni gli uni contro gli altri sotto la guida del suo primo sindaco, Salvor Hardin, la Fondazione riuscì a mantenere una precaria indipendenza.” Qui si può notare come la psicostoria, in grado di prevedere il comportamento delle masse, non possa però fare a meno dell’opera di singoli dotati di intelligenza, talento, abilità politica, capacità di comando, carisma, come Hardin, appunto, e come Hober Marlow, primo dei principi mercanti della Fondazione. Tuttavia, c'è una sorta di "necessità storica" a cui non è possibile (pare) sfuggire. Grazie a Hardin, la Fondazione riesce a imporsi sui regni vicini per il suo livello tecnologico in un contesto di arretramento scientifico, fino al punto da dar vita a una religione che garantisce a Terminus un potere spirituale. In seguito, Marlow fa prosperare la Fondazione, mentre tutto va a catafascio, con l’egemonia economica. Spiega infine Asimov: “Dopo duecento anni la Fondazione era lo stato più potente della Galassia, a eccezione di quanto rimaneva dell’impero stesso. Sembrava inevitabile che il prossimo pericolo che la Fondazione avrebbe dovuto affrontare sarebbe stato il colpo di coda dell’impero morente”. E’ appunto quello che succede in “Fondazione e Impero”. “Foundation” è dunque un susseguirsi di momenti di crisi (dette “crisi Seldon”, dato che sembrano essere state previste dal matematico, il quale compare periodicamente come ologramma a confermare che il suo piano si sta svolgendo regolarmente a dispetto dei pericoli che sembrano incombere), superate non senza angosce. Si riconosce, nel crollo del potere di Trantor (la capitale dell’impero), quello del potere di Roma dal V secolo in poi, dovuto a fattori interni ed esterni: geniale Asimov nel trasferire le dinamiche della storia passata in quelle del futuro.