Giuseppe Ferrandino
PERICLE IL NERO
Adelphi
1998, brossurato
150 pagine, 23.000 lire
L’edizione Adelphi del 1998, coronata da grande successo di pubblico e di critica, in realtà ripropone un romanzo già uscito cinque anni prima. Giuseppe Ferrandino, all’epoca noto soprattutto come sceneggiatore di fumetti, lo aveva infatti pubblicato nel 1993 con lo pseudonimo di Nicola Calata presso la Casa editrice Granata Press, diretta da Luigi Bernardi, piccola (anche se con proposte di qualità) e con distribuzione limitata. Così, “Pericle il Nero” passò quasi inosservato. Lo notarono però i francesi della Gallimard che, nel 1995, lo pubblicarono Oltralpe nella loro “Série Noire”, dove ebbe il meritato riconoscimento. Da qui la riproposta italiana targata Adelphi, con il vero nome dell’autore in copertina e una distribuzione capillare. Nel 2016 dal romanzo è stato tratto un film diretto da Stefano Mordini, con Riccardo Scamarcio nel ruolo del protagonista. Si tratta di un hard boiled napoletano, caratterizzato da un linguaggio originale per certi versi innovativo, con dialoghi incisivi. La scrittura ha forma colloquiale (ma non banale, né volgare) escogitata per far parlare in prima persona Pericle Scalzone, balordo dei vicoli napoletani, al soldo di don Luigino, odioso boss della mala che si impossessa di pizzerie altrui minacciando e facendo violenza ai proprietari. Pericle racconta sé stesso e narra tutta la storia dal suo punto di vista, quello di un personaggio limitato e ottuso, ma proprio perché così gretto anche in grado di dar vita a una narrazione semplice e lineare. E’ soprattutto il linguaggio di Pericle l'invenzione che giustifica il successo del romanzo (intrigante comunque anche per la trama, per quanto semplice) ed evita il rischio rischia di farlo bollare come "di genere", etichetta che in Italia ha il valore di una lettera scarlatta. C’è da notare, riguardo al linguaggio, che Ferrandino ne inventa uno napoletano nel 1993, battendo quello siciliano di Andrea Camilleri che giunge con Montalbano nel 1994. Pericle è uno specialista nel sodomizzare su commissione le vittime di don Luigino, quelle che il boss vuole spaventare e umiliare ma non uccidere, almeno per il momento. Il capo lo manda a occuparsi di un prete che dall'altare ha tuonato contro la camorra. Pericle va, ma trova il prete con una certa Signorinella, figlia di camorristi creduta una specie di santa per le sue turbe psichiche religiose, ma finita esiliata dopo aver compiuto degli eccessi. Poiché Signorinella è stata bandita da Napoli, il fatto di averla vista mette Pericle in pericolo di vita: la donna lo avrebbe fatto uccidere perché non rivelasse del suo ritorno. Pericle così decide di ucciderla lui: la colpisce più volte con una sedia, la crede morta e fugge. Informa don Luigino e poi se torna tranquillamente a casa sua. Ma don Luigino si accorge che Reginella non è morta e vende la vita di Pericle per tenersi buona la di lei famiglia. Nella notte, dei sicari fanno irruzione in casa di Pericle, che fugge appena in tempo. Non vediamo nulla (il narratore è Pericle, e lui se la dà a gambe al primo rumore) ma sapremo che i killer hanno ucciso i suoi famigliari (uno zio, sua moglie, un cugino). Così Pericle ruba una macchina e lascia Napoli. Poi, dopo una settimana, Pericle decide di tornare indietro. E' qui che c'è una svolta nel personaggio, perché se fino a ora ci era apparso un balordo senza cervello, e lo stesso doveva apparire a don Luigino, adesso la paura lo trasforma in un duro in grado di risolvere la difficile situazione. Tuttavia, il protagonista non riesce mai a esserci simpatico, squallido come certi vicoli della sua (meravigliosa) città.