venerdì 31 maggio 2024

STUDIO ITALIA

 

 
Piersandro Pallavicini
STUDIO ITALIA
Helvetia Editrice
2023, brossura
128 pagine, 11 euro

A volte capita di imbattersi in certi libri assolutamente per caso e affacciarsi, grazie a essi, su mondi o universi sconosciuti. E’ successo a me con “Studio Italia”, che mi è finito per le mani senza averlo cercato, che ho cominciato a leggere con perplessità ma che alla fine si è rivelato in grado di solleticare interesse e curiosità. L’autore, Piersandro Pallavicini (professore ordinario di chimica all’Università di Pavia, scrittore e critico letterario, commediografo), è nato come me nel 1962 e di sé scrive: “Ero il secchione perfetto: adoravo stare in laboratorio, leggevo solo fumetti e romanzi di fantascienza, ascoltavo musica fuori moda”. Poi, assecondato anche dalla compagna Manola, scopre le frange più avanzate dell’arte contemporanea e ne rimane folgorato. Ecco, arrivato a questo punto, leggendo una lista di nomi a me sconosciuti (lo confesso a mio disdoro) di artisti, riviste, correnti, scuole, gallerie avrei potuto battere in ritirata e non proseguire la lettura. Invece, ho continuato: perché Pallavicini è gradevole da leggere e non si inoltra in dotte disquisizioni (aliene ai profani) sull’interpretazione, le dinamiche o l’esegesi della produzione artistica d’avanguardia, terreno su cui probabilmente non avrei potuto seguirlo senza prima aver percorso un training di avvicinamento, ma racconta la sua personale esperienza di collezionista. E quindi batte un terreno di cui percepisco il fascino, essendo da sempre raccoglitore seriale di albi a fumetti e tavole originali, libri e dischi. Soprattutto Pallavicini descrive una pratica che trova una certa corrispondenza anche nell’universo parallelo dei fumettisti: lo “studio visit”. Cioè la pratica, descritta come comune tra appassionati e collezionisti di arte contemporanea, di andare a trovare l’artista dove lavora. Quindi conoscerlo di persona, vederlo mentre crea le opere, discutere delle sue tecniche e delle sue quotazioni, ma anche bere con lui un bicchiere di vino, scambiare opinioni sull’arte e sul mondo. Pallavicini racconta nove incontri ravvicinati con altrettanti artisti (Velasco Vitali, Federico Lombardo, Adelisa Selimbasic, Iva Lulashi, Giovanni Frangi, Daniele Galliano, Luca Pignatelli, Laura Paperina, Valentina D’Amaro), presentandoli come persone prima che come autori e descrivendo i loro laboratori o atelier. Non sempre la visita si conclude con l’acquisto di un dipinto o di un disegno, che spesso hanno prezzi fuori portata, tuttavia viene spiegata la dinamica delle gallerie a cui le opere vengono affidate, il metodo con cui si quotano, le tecniche per concludere buoni affari al di fuori dei circuiti ufficiali (su eBay, per esempio). Traspare dal racconto la gioia successiva a ogni acquisizione, con il collezionista che rimira il pezzo di cui è entrato in possesso, oppure il desiderio irresistibile di dare la caccia a un autore che sembra irraggiungibile. Ecco, sensazioni che, nel mio piccolo e in tutt’altro ambito, conosco bene anch’io.

venerdì 24 maggio 2024

IL REGNO DELLE TENEBRE

 

 
Guido Nolitta
Alfredo Castelli
Gallieno Ferri
IL REGNO DELLE TENEBRE
Sergio Bonelli Editore
2024, brossurato
530 pagine, 18 euro


La collana “Zagor contro il Vampiro” si inserisce sulla scia del successo dei precedenti sette volumi dedicati da Sergio Bonelli Editore alle avventure in cui lo Spirito con la Scure affronta il professor Hellingen. Questa volta i volumi sono soltanto cinque, ma tutti ponderosi, e “Il regno delle tenebre” è il primo. Raccoglie, in un tomo di oltre cinquecento pagine, le prime due storie dell’eroe di Darkwood alle prese con il barone vampiro Bela Rakosi, la prima scritta da Guido Nolitta (alias lo stesso Bonelli) nel 1972, la seconda dovuta ad Alfredo Castelli e giunta in edicola nel 1981, entrambe illustrate da Gallieno Ferri. Nella collana saranno inserite anche gli episodi in cui Rakosi non compare ma ne sono protagonisti la rossa vampira Ylenia Varga e il vampirologo dottor Metrevelic, così da offrire al lettore un quadro completo (ma questo lo vedremo nei prossimi volumi, in questo Rakosi fa la parte del leone). A corredo de “Il regno delle tenebre” trova spazio un apparato critico affidato al sottoscritto. Riporto qui di seguito un estratto della mia (assai più lunga) introduzione.

VITA, NON MORTE E MIRACOLI
di Moreno Burattini

Bela Rakosi: già il nome del vampiro affrontato da Zagor nelle pagine che vi apprestate a leggere rivela, se non tutto, di certo parecchio. Rende evidente, per esempio, come lo sceneggiatore Guido Nolitta (questo lo pseudonimo sotto cui si nascondeva l’editore Sergio Bonelli) non si preoccupò di nascondere più di tanto l’ispirazione cinematografica. Anzi, come si sarebbe detto in seguito, la palesò come una “citazione”. E’ chiaro che alla base della scelta del nome c’è il preciso riferimento all’ungherese Bela Lugosi (1982-1956), un attore, cioè, passato alla storia del cinema per essere stato uno dei più celebri Dracula dello schermo, grazie a un film del 1931 della Casa di produzione americana Universal, diretto da Tod Browning. L’interpretazione di Lugosi caratterizzò per decenni, nell’immaginario collettivo, la figura del vampiro vestito elegantemente e solito a dormire in una bara. Gallieno Ferri, il creatore grafico di Zagor,  scegliendo le sembianze del non morto, fece invece riferimento a Christopher Lee (1922-2015), un altro Dracula cinematografico, protagonista di vari film di produzione inglese della Hammer, a partire dal primo del 1958 diretto da Terence Fisher, senza dimenticarsi di citare, in una copertina, l’ombra del Nosferatu di Murnau (1922).  Che un vampiro di origini ungheresi si dovesse chiamare Bela sembrò a Bonelli una trovata divertente, una sorta di strizzata d’occhio verso i lettori. A trovare il cognome bastò allo sceneggiatore fare riferimento alla politica internazionale: Màtyàs Ràkosi (1892-1971) fu infatti il leader della Repubblica Popolare d’Ungheria fra il 1945 e il  1956. Nolitta e Ferri, insomma, citando rispettivamente Lugosi e Lee nel dar vita (o non morte) al loro vampiro, vogliono indicare chiaramente che non al Conte Dracula del romanzo del 1897 scritto da Bram Stoker  ci si stava rifacendo, ma proprio ai film “di paura” degli loro anni verdi. L’spirazione è cinematografica, dunque, prima che letteraria, anche se poi, nel proseguo della saga zagoriana, i riferimenti alle tradizioni e alle leggende popolari transilvaniche (da cui attinse Stoker e, prima di lui, John Willian Polidori) non sarebbero mancati, come avremo modo di annotare presentando i prossimi volumi di questa collana.




giovedì 23 maggio 2024

INCONTRI RAVVICINATI TRA SCIENZA E CINEMA

 
 

Marco Ciardi
Andrea Sani
INCONTRI RAVVICINATI TRA SCIENZA E CINEMA
Hoepli
2023, brossura
234 pagine, 15.90 euro


Per parlare di questo gioiello di libro, forse si può cominciare da come la Casa editrice stessa descrive la collana "Le basi" in cui il saggio è inserito. Leggiamo infatti in apertura: "Rivolti a un pubblico generale ma scritti da esperti, i libri della collana offrono sintetiche e originali introduzioni su molteplici soggetti nel campo delle scienze umane e intendono essere obiettivi e completi ma al tempo stesso invitare alla riflessionie sui vari temi affrontati". Marco Ciardi, docente di Storia della Scienza presso l'Università di Firenze (ma anche grande appassionato di fumetti), ha già all'attivo un altro saggio pubblicato nei titoli de "Le basi", e cioè "Breve storia delle pseudoscienze", di cui ci siamo occupati anche in questo spazio. Andrea Sani, grande esperto di filosofia, cinema, fumetto francese e disneyano, è un nome ben noto nel comicdom. I due sono accomunati, oltre che da medesimi interessi e passioni, anche dalla grande capacità di sintesi e chiarezza comunicativa, doti fondamentali, oltre all'indispensabile competenza, per fare buona divulgazione. "Incontri ravvicinati tra scienza e cinema" è un libro che si legge rivedendo, pagina dopo pagina, con gli occhi della mente, scene di film che hanno segnato l'immaginario collettivo (da "Ritorno al futuro" a "Il pianeta delle scimmire", da "Blade Runner" alla saga di Indiana Jones, da "Interstellar" al "Sesto Senso"), ma anche ricevendo irresistibili stimoli a cercare di recuperare pellicole fondamentali che non abbiamo ancora visto (nel mio caso, per esempio, "L'uomo che non c'era" o "Creation"). Gli autori suggeriscono nove itinerari tematici selezionando alcune decine di film che mettono in evidenza i rapporti tra il cinema e la scienza, a volte segnalando le incongruenze tra ciò che si vede sullo schermo e la realtà dei fatti, a volte sottolineando la documentazione alla base del lavoro dei cineasti (talora coadiuvati dalla consulenza fattiva degli scienziati), sempre documentando il modo con cui le teorie scienifiche vengono divugate o offrono spunti a sceneggiatori e registi. Mai si critica o si discute la libertà e la fantasia di chi di mestiere fa il catastorie. Peraltro, Ciardi e Sani si rivelano una volta di più due dei nostri, occupandosi, senza traccia di snobbismo, di film che hanno avuto un gande successo anche al btteghino, e non solo di quelli noti unicamente ai cultori e ai frequentatori dei cineforum. Un saggio davvero gradevole e stuzzicante, in cui l'evidente coinvolgimento degli autori ne suscita uno simili in chi legge.

domenica 19 maggio 2024

IL SEGRETO DEL CARILLON

 

 
Fausto Serra
IL SEGRETO DEL CARILLON
Scatole Parlanti
2024, brossura
190 pagine, 17 euro
Illustrazioni di Walter Venturi
Prefazione di Moreno Burattini
 
Gli appassionati di fumetti conoscono Fausto Serra per essere l'infaticabile organizzatore dei Rendez-Vous sardi degli Amici di Zagor. Ma Fausto è anche uno scrittore, giunto al suo secondo romanzo.
Dopo "L'eredità morale, uscito nel 2021, ecco "Il segreto del carillon".
E' la storia di un ex ergastolano, Ardito, a cui, in vecchiaia, viene concessa la grazia dopo quarant'anni di pena. Il narratore lo incontra casualmente, seduto su una panchina del parco di una casa di riposo, e intuisce di trovarsi davanti a un uomo con una storia particolare e difatti su quella panchina, che diventa il loro ritrovo abituale, Ardito racconta la sua vita: dall'infanzia al quadruplice omicidio che lo ha portato in carcere e alle drammatiche vicissitudini al suo interno. Ma c'è qualcosa che sfugge, un segreto nascosto, una verità che spiega i fatti in un altro modo. C'è da scoprire il segreto del carillon.
Qui di seguito, il testo della mia prefazione.


 

SLIDING DOORS
di Moreno Burattini

Nel romanzo precedente di Fausto Serra, “L’eredità morale” del 2021, a pagina 63 troviamo l’inizio di un capitolo intitolato “L’adozione mancata”, in cui il lettore si trova di fronte al drammatico racconto di una “sliding door” nella vita di un bambino, il piccolo Minniu. Le “sliding doors”, o “porte scorrevoli” sono quelle situazioni nelle quali qualcuno si trova di fronte a un evento, magari a cui lì per lì non dà troppa importanza, che cambia o potrebbe cambiare la sua vita. A volte ci sono “sliding door” di cui neppure ci accorgiamo: la nostra mano sceglie fra tanti un biglietto della lotteria che non dà diritto a nessun premio, ma quello accanto avrebbe potuto essere il vincente. Altre volte il caso decide per noi: Jack Dawson si imbarca sul “Titanic” vincendo al gioco il biglietto che gli permette di salire a bordo. La definizione deriva da un film del 1998, “Sliding doors”, appunto, diretto dal britannico Peter Howitt, in cui le porte scorrevoli del vagone di un treno di una linea metropolitana cambiano il destino della protagonista Helen (Gwyneth Paltrow). Hewitt aveva tratto ispirazione da un altro film che affronta il tema del fato, “Destino cieco” (1981), del regista polacco Krzysztof Kieślowski. Che cosa capita a Minniu? Il bambino e i suoi fratelli più grandi erano rimasti orfani di entrambi i genitori e vivevano in estrema povertà tra le mura cadenti di una vecchia casa lungo il fiume Coghinas. Si prospetta la possibilità di una adozione. Una coppia di benestanti giunge da Sassari per conoscere Minniu, lo trovano adorabile e manifestano il più vivo interesse per adottarlo. I fratelli più grandi si consultano fra loro per decidere il da farsi: forse per non perdere i contatti con il piccolo di casa, rifiutano l’offerta. Scrive Fausto Serra: “Il bambino andò a finire nelle mani di un padrone che si chiamava Zio Pasquale, che si decise a prenderlo con sé  purché si fosse guadagnato i pasti e l’alloggio, e non come figlio adottivo. Lo attendeva un futuro da servo pastore”. Cosa sarebbe stato di Minniu se i signori di Sassari avessero potuto portarlo nella loro casa? Sembrano riflessioni oziose, ma talvolta la vita ci pone davanti a dei bivi in grado, cambiando anche solo di pochissimo le carte in tavola, di condizionare il resto della nostra esistenza. Mi è tornato in mente Minniu perché anche il destino del protagonista del secondo romanzo dello scrittore, sembra segnato da più di una “sliding door”, la cui esistenza il lettore scopre man mano, fino al colpo di scena finale, allorché viene svelato il segreto del carillon. Carillon che compare fin dalle prime pagine, riaffiorando poi qua e là nel romanzo. Siamo nel 1932, in una sperduta località che sembra essere la Gallura anche se non viene mai nominata, e Angelina, la madre di un bambino di pochi mesi, vede il marito Efisio guardarla mentre, seduta davanti al camino, con una mano dondola la culla e con l’altra tira la cordicella che aziona la melodia del carillon. Gli chiede a che cosa stia pensando. Il padre del piccolo risponde: «Al nostro bambino. È nato da pochi mesi e già mi preoccupa il suo futuro. Cosa gli potrà riservare questo posto dimenticato da Dio, se non una dura vita da pastore, isolato dal resto del mondo? Avrei desiderato per lui un futuro migliore». Quel bambino è stato chiamato Ardito a scopo beneaugurale e il romanzo di Fausto Serra ne racconta l’intera esistenza, segnata da un destino tragico che però avrebbe potuto diverso se le porte scorrevoli si fossero aperte e chiuse in altra maniera al momento giusto. “Il segreto del carillon”, apparentemente, sembra un romanzo carcerario: Ardito, appena ventenne, finisce all’ergastolo dopo aver commesso un quadruplice omicidio mosso, si direbbe, da un impulso folle e sconsiderato, per futili motivi, rovinando la sua vita e quella dei suoi genitori, oltre a privare le vittime della propria. Però, si capisce che c’è qualcosa dietro, qualcosa di cui lo stesso assassino inizialmente non si rende conto ma che piano piano emerge alla sua coscienza. Coscienza che non sembra affatto quella di un delinquente incallito o di uno spietato criminale, come dimostrano le tante avventure vissute fra le mura del penitenziario, dove è costretto a confrontarsi con il suicidio di un caro amico, la rocambolesca evasione di un altro, una rivolta di detenuti.  Si chiede a un certo punto Fausto Serra: «Senza scomodare teorie sull’esistenza di entità superiori che regolano il destino di ogni essere umano, appare chiaro che qualcosa di insondabile ci sfugge. Il percorso di un’esistenza nasce già segnato? E quale potere soprannaturale ne decide le sorti? ». Ognuno cerchi di dare la propria risposta. “Il segreto del carillon” amplia l’orizzonte dell’ “Eredità morale”, dove la narrazione ricostruiva, sulla base di fatti realmente accaduti, la storia di una famiglia (quella dello stesso autore). Adesso, con il secondo romanzo, Serra allarga la visione all’intera condizione umana, anche se lo fa prendendo a paradigma la terra da cui proviene e una realtà storica particolare, questa volta dando libero sfogo all’invenzione. Le porte scorrevoli della fantasia possono condurre dovunque.