lunedì 31 luglio 2017

IL COLLEZIONISTA DI OSSA






IL COLLEZIONISTA DI OSSA
di Jeffery Deaver 
BUR Rizzoli
2013, 460 pagine, 4.90 euro


Ho recuperato la prima indagine di Lincoln Rhyme approfittando di una edizione speciale a meno di 5 euro, e ovviamente sottolineo il prezzo per rimarcare come chi dice di non leggere libri (o fumetti) perché costano troppo cari evidentemente parli a vanvera. Detto ciò, a lettura ultimata, il maggior pregio del romanzo consiste appunto nella figura del protagonista, il criminologo tetraplegico che gestisce le sue indagini dalla propria camera da letto, riuscendo a muovere soltanto la testa e il mignolo della mano sinistra. Deaver, molto abile nel gestire i cambi di scena e a mantenere tesa la narrazione, scava senza pietà nella psiche e nella sofferenza di Lincoln Rhyme: per tutta la storia lo vediamo teso a realizzare due obiettivi, quello di catturare un serial killer e quello di suicidarsi, prima che un peggioramento delle sue condizioni lo muri vivo nel proprio corpo e gli impedisca qualunque altre tentativo. Un motivo per vivere gli viene offerto dal suo incontro con Amelia Sachs, bellissima detective dai capelli rossi che si innamora di lui. "Amelia già dormiva. I capelli di una donna gli ricadevano sulla faccia per la prima volta da anni. Gli facevano il solletico. Aveva dimenticato che succedeva così. Ora, naturalmente, non avrebbe potuto spostare i capelli di Sachs nemmeno se Dio in persona gli avesse chiesto di farlo. Ma non gli passava neanche per la testa di fare una cosa del genere. Anzi, tutto l'opposto: avrebbe voluto prolungare quella sensazione sino alla fine dell'universo". Rhyme è rimasto paralizzato quando, ispezionando la scena di un crimine, un trave gli era caduto addosso mettendo fine alla sua carriera nel reparto scientifico della polizia. Adesso, a distanza di anni, i suoi colleghi tornano a chiedergli aiuto per risolvere un caso inquietante che si configura come una vera e propria corsa contro il tempo: un pazzo rapisce delle vittime e prepara trappole mortali che scatteranno se, sulla base degli indizi lasciati a bella posta, i poliziotti non capiranno in fretta dove e come. Lincoln capisce che c'è un collegamento fra il modus operandi del folle e quello di un serial killer newyokese del XIX secolo, soprannominato "il collezionista di ossa". Accanto al tetraplegico, oltre ad Amelia (che Rhyme assume proprio in questo libro) c'è un assistente chiamato Thom, che si occupa delle sue funzioni corporali, e una squadra di tecnici e analisti che esaminano per lui i campioni raccolti sul terreno (polvere, peli, liquidi, impronte). Si tratta della prima indagine dopo l'incidente che ha immobilizzato il criminologo, e nella Polizia c'è anche chi non è contento che un civile (tale Lincoln è tornato a essere) dia degli ordini a uomini in divisa, dunque non manca chi rema contro cercando di strappare il caso al tetraplegico. Dopo l'inaspettata soluzione del caso, le Autorità chiederanno aiuto al genio di Rhyme in maniera costante e sistematica, e sempre Thom e Amelia Sachs saranno al suo fianco. Il tipo di gialli che la serie inaugura è quello "alla CSI", ma con il supporto di una narrazione matura e con un buon approfondimento psicologico dei personaggi, e continui colpi di scena.

sabato 15 luglio 2017

IL CASO O LA SPERANZA?



IL CASO O LA SPERANZA?
UN DIBATTITO SENZA DIPLOMAZIA
di Paolo Flores D'Arcais e Vito Mancuso
Garzanti
2013, 160 pagine, 14 euro

Davvero senza esclusione di colpi, questo scontro fra filosofi sul sempiterno tema del rapporto fra la fede e la scienza. Flores D'Arcais (ex leader sessantottino e direttore della rivista "Micromega") invita Mancuso (il controverso ma illuminato e illuminante teologo laico de "L'anima e il suo destino") a dialogare su Dio e sulla trascendenza e ne viene fuori un testo bellissimo da leggere e da meditare. Tutt'altro che facile, va detto: i due contendenti sono preparatissimi in campo sia filosofico che scientifico, e le citazioni dotte si alternano a riferimenti culturali di amplissimo respiro, sia a pensatori del passato (questi, più facili da cogliere) che nostri contemporanei (questi, più ostici ma di grande interesse). Tuttavia, il botta e risposta tra i due agguerriti disputanti è efficace e coinvolgente e il saggio basta a se stesso, cioè si può leggere anche senza aver letto Wittgenstein o Kant (di cui si parla spesso). Volendo riassumere in nuce le posizioni dei due, Mancuso non difende alcun dogma della Chiesa Cattolica ma semplicemente (se "semplicemente" si può dire in questo caso) la fede in un Dio creatore che guida l'evoluzione in direzione del Bene; Flores D'Arcais, dal canto suo, professa la non necessità di un ente divino per spiegare un universo che si spiega da solo e che, anzi, testimonia piuttosto l'insussistenza di qualunque prova di una trascendenza che vada al di là delle leggi fisiche (quelle che conosciamo e quelle che conosceremo). Mancuso scrive: "All'interno di questo mondo dai molti possibili significati io credo un Dio e nell'anima immortale perché credo al bene e all'amore come significato ultimo dell'essere e della vita; credo in Dio e nell'anima immortale in quanto attribuisco al bene e all'amore il primato ontologico, e non solo etico, della vita". D'Arcais risponde: "Nulla da obiettare, fatti pure il tuo film ma non lo spacciare però come un 'sapere'". Da leggere, se vi attizza l'argomento.

domenica 2 luglio 2017

REX



David Herbert Lawrence
REX
Orecchio Acerbo
2017, brossurato
40 pagine, 8.50 euro


E' la confezione grafica che fa venir voglia di comprare e leggere questo libretto. Si tratta di poche pagine che propongono soltanto un breve racconto di David Herbert Lawrence (1885-1930), l''autore de "L'amante di Lady Chatterly", ma il testo lawrenciano è confezionato insieme a delle belle e affascinanti illustrazioni di Fabian Negrin (curatore anche della collana "Pulci nell'orecchio" in cui il libretto è inserito) così che viene facile sollevarlo dal banco della libreria e desiderare di portarselo a casa. "Piccoli capolavori ritrovati, grandi autori classici che ci consegnano schegge d'infanzia indimenticabili. Bambini che si misurano con un mondo severo, estraneo e spesso assurdo e incomprensibile: quello degli adulti", si legge nell'aletta di copertina riguardi agli intenti delle "Pulci". Rex, il protagonista del racconto, è un cane (un fox terrier) che un burbero zio ("dato che ogni famiglia ha una pecora nera, ne consegue quasi inevitabilmente che ogni uomo debba avere uno zio nero come la pece") affida a una famiglia di congiunti perché venga allevato. Il cane crea scompiglio in casa, ma alla fine entra nel cuore di tutti (genitori e figli), finché lo zio, anni dopo, viene a riprenderselo. Il finale è amaro, perché Rex non ne vuol sapere di obbedire al nuovo padrone, che lo abbatte. Pare che si tratti di una storia vera.

sabato 1 luglio 2017

L'ALBERO




Shel Silverstein
L'ALBERO
Salani
cartonato, 2000
60 pagine, 14.90 euro

C'è tutto un mondo, nella produzione libraria per bambini, da scoprire ed esplorare. Cinquant'anni fa, avevamo soltanto le favole dei fratelli Grimm o di Hans Christian Andersen, ma anche del precursore Gianni Rodari, da cui passavamo ai romanzi per ragazzi, partendo da Collodi e da Vamba, magari, per arrivare a Verne e Salgari, e a tutti quei classici scritti per gli adulti ma che in versione rimaneggiata venivano fatti passare come romanzi per la giovane età (le opere di Dumas, Dickens, la Alcott, London, Defoe). Da molto tempo le cose sono cambiate e fin dalla più tenera infanzia i pargoli hanno a disposizione testi di grandi autori (scrittori e illustratori) considerati talvolta dei maestri nel loro campo, come Leo Lionni con il suo "Piccolo Blu e Piccolo Giallo" (tanto per fare un esempio). Anche Shel Silverstein (scomparso nel 1999) viene considerato un punto di riferimento nel settore dei libri illustrati per l'infanzia (da lui scritti e disegnato). La cosa singolare è che è stato anche vignettista di "Playboy" (oltre che poeta, musicista, autore di canzoni e di colonne sonore). "L'albero", uno dei suoi libri più pubblicati in tutto il mondo, colpisce anche gli adulti per la sua amarezza di fondo: non è una favola a lieto fine, e forse non è neppure una favola. I bambini forse riescono a vederci qualcosa di rasserenante, io fossi in loro mi spaventerei. La storia è quella di un melo che fa amicizia con un bambino venuto a giocare sotto i suoi rami. Poi il fanciullo cresce, e quando torna (prima da adolescente, poi da uomo maturo, poi da vecchio) non lo fa con lo spirito spensierato che aveva nell'infanzia: è tormentato da mille problemi. L'albero invece è sempre lo stesso e si offre in dono per aiutare l'amico: prima si lascia depredare dei frutti, poi dei rami, poi del tronco, che servono all'inquieto essere umano per fare soldi, costruirsi una casa, partire per mare. Alla fine il bambino è diventato vecchio: il melo, ridotto a ceppo, si offre per fargli da sedia. Metafora della donazione gratuita, ma anche dei cambiamenti e della volubilità umana, del tempo che passa e della morte che arriva. Poetico ma anche, ai miei occhi, terribile.