venerdì 24 maggio 2019

L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE





Milan Kundera
L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE
La Biblioteca di Repubblica
2002, cartonato, 260 pagine

Si può ben capire perché questo romanzo, scritto nel 1982 e pubblicato in Francia nel 1984, non abbia potuto uscire subito anche in Cecoslovacchia, patria dell'autore (nato a Brno nel 1929): si parla della Primavera di Praga del 1968e della repressione sovietica che ne seguì, e quindi i toni sono anticomunisti. Del resto Kundera fuggì a Parigi proprio in seguito all'invasione dei carri armati russi e si stabilì in Francia, dove ha insegnato all'università di Rennes. Stupisce casomai il fatto che, anche dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989 siano passati diciassette anni prima che ci fosse una edizione praghese. "L'insostenibile leggerezza dell'essere" si sviluppa in lungo arco narrativo che abbraccia più decenni. E' una lettura quasi obbligatoria, nel senso che dopo averne sentito parlare per ogni dove, e non aver mai visto passare di moda il nome (per carità, degno di ogni lode) dell'autore, uno si convince che fra un libro di Stephen King e l'altro sia cosa buona e giusta non farsi cogliere impreparati e annoverare fra i titoli di cui saper disquisire anche il capolavoro di Milan Kundera. Ecco, a libro chiuso dopo l'ultima pagina mi vien da pensare che anche questo, come in altri casi mi sono trovato a dover dire, è uno di quei romanzi di cui non si capisce fino in fondo il motivo di tanto entusiasmo. Libro gradevole, ma di certo non uno di quelli che illuminano la vita (almeno, non la mia). E' chiara l'eco delle "Affinità elettive" di Goethe, con la doppia coppia alla base di un complicato gioco di relazioni incrociate, ma per il resto si tratta del racconto di una storia d'amore fra Tomáš (un medico), la sua compagna Tereza (una fotografa), la sua amante Sabina (una pittrice) e un altro amante di Sabina, Franz (un professore universitario). Tomáš non riesce a essere fedele, Tereza finge di non vedere i tradimenti di lui ma si tribola nella gelosia. Lui è materialista, legato alla fisicità delle relazioni, lei sentimentale, legata alle ragioni dell'anima: il confronto fra queste diverse indoli anima il dipanarsi dei capitoli, privi tuttavia di accadimenti clamorosi, con la noia sempre in agguato, per fortuna leggera e dunque sostenibile.

venerdì 10 maggio 2019

GUSTAV KLIMT



Serge Sabarsky - Autori Vari
GUSTAV KLIMT
Artificio
Prima edizione 1995
Brossurato  -  230 pagine -  35.000 lire

Serge Sabarsky introduce con un suo interessante saggio un'ampia disamina dell'opera artistica di Gustav Klimt, condotta con l'intervento di altri critici su aspetti specifici della sua produzione e con la riproduzione fotografica di alcuni capolavori del maestro viennese. Sabarsky, il cui scritto è il più chiaro ed esaustivo fra quelli contenuti all'interno del volume (peraltro tutti lodevoli), inquadra la figura di Klimt nella Vienna di fine Ottocento e del primo Novecento, ripercorrendo le tappe della sua straordinaria carriera, dai suoi inizi manieristici e pertanto lodati dalla critica "ufficiale" ed esaltati perfino dall'Imperatore, fino alla sua "secessione" dai binari dell'arte più tradizionale verso nuove forme e nuovi esiti. I Secessionisti Viennesi, cioè il gruppo di artisti che seguì Klimt, si dotarono presto di un padiglione per l'esposizione delle loro opere, che Klimt affrescò all'interno: lì dentro si susseguirono le mostre degli aderenti alla corrente artistica, sempre suscuitando l'entusiasmo del pubblico e la freddezza della critica. Klimt fu un artista singolare per la sua capacità di essere pittore e disegnatore, così come grafico e ritrattista, spontaneo e complicato, sensuale e trascendente, erotico e spirituale nello stesso tempo.  Ecco le parole di Klimt riguardo alla sua "secessione": "Né mai parteciperò a una mostra ufficiale. Voglio liberarmi. Voglio uscire da queste sgradevoli insulsaggini che ritardano il mio lavoro, per riprendermi la mia libertà. Voglio oppormi al modo in cui, nella nazione austriaca, vengono trattate le cose dell'arte. Ci si scaglia in ogni occasione contro la vera arte e i veri artisti. Solo ciò che è fiacco e falso viene sempre protetto. Lo Stato non ha il diritto di esercitare la dittatura sulle mostre e sull'espressione artistica. Sarebbe invece suo dovere lasciare l'iniziativa artistica interamente agli artisti. Non deve accadere che il funzionario irrompa nelle accademie a cacciare gli artisti". Dopo la parte saggistica, il volume presenta la riproduzione a colori di un certo numero di opere pittoriche, di alcuni disegni, di alcuni manifesti e lavori grafici. In verità, le riproduzioni sono (inevitabilmente) un po' poche rispetto alla voglia di vedere Klimt che ha l'acquirente del volume.

domenica 5 maggio 2019

STREGATI DALLA LUNA



Maria Giulia Andretta
Marco Ciardi
STREGATI DALLA LUNA
Carocci
2019, brossura
200 pagine, 17 euro


Non c'è modo migliore per prepararsi a festeggiare i cinquanta anni dalla conquista della Luna, che ripercorre le tappe dell'avvicinamento dell'uomo all'allunaggio con questo saggio, agile e brillante ma allo stesso tempo documentato ed esaustivo. Persino Bruno Vespa ha dato alle stampe una sua ricostruzione giornalistica dell'impresa, e sicuramente altri scienziati o divulgatori hanno firmato o firmeranno altri libri sull'argomento, ma Maria Giulia Andretta e Marco Ciardi (quest'ultimo professore di Storia della scienza e delle tecniche all'Università di Bologna) uniscono alla disamina dei progressi tecnologici e dei retroscena politici anche quella del contributo (incredibilmente importante) che al "grande passo per l'umanità" hanno dato romanzi, film e fumetti di fantascienza. Non a caso il sottotitolo del saggio è "Il sogno del volo spaziale da Jules Verne all'Apollo 11". E ai due romanzi "lunari" di Verne, "Dalla Terra alla Luna" (1865) e "Intorno alla Luna" (1869), Wernher von Braun ha fatto costante riferimento in molte sue interviste. A von Braun, a cui per meriti scientifici gli americani che lo naturalizzarono perdonarono perfino i suoi trascorsi al servizio di Hiltler (in realtà lui era interessato soltanto all'aspetto aerospaziale dei suoi progetti, che pure portarono alla costruzione dei micidiali V2), è considerato il padre della missilistica, anche se ebbe un maestro altrettanto in gamba in un altro tedesco, Hermann Oberth, anch'egli passato, con molti altri, dalla parte Occidentale, mentre altrettanti scienziati suoi connazionali dopo la Guerra furono precettati dal russi: cominciò così la gara fra i blocchi contrapposti, l'Est e l'Ovest, per la conquista dello Spazio. I sovietici partirono in vantaggio e collezionarono una serie di primati, ma poi gli americani ebbero la meglio nello sprint finale. Il saggio è ben illustrato e colpisce la parità di trattamento riservato alle foto delle missioni spaziali quanto alle illustrazioni dedicate ai fumetti ("Tintin sulla Luna"), ai set e alle locandine cinematografiche ("2001 Odissea nello Spazio"), alle illustrazioni di romanzi di fantascienza (come quelle di Chesney Bonestell). Lo "scetticismo spaziale" dei politici fu vinto anche grazie agli scrittori, i fumettisti e i cineasti.

sabato 4 maggio 2019

DIECI MILIARDI







Stephen Emmott 
DIECI MILIARDI
 Feltrinelli
2013, 210 pagine

brossurato, 16 euro

"Diecimila anni fa la Terra ospitava un milione di uomini. Nel 1800, un miliardo. Nel 1960, tre miliardi. Alla fine di questo secolo, supereremo i dieci miliardi. Quello che penso è che siamo fottuti". Questo, in sintesi (la citazione è un mio montaggio di frasi dell'autore), il succo del libro. La cui lettura è assolutamente angosciante, com'è ovvio. Tanto per dare un'idea ecco come si conclude: "Ho chiesto a uno dei più razionali, brillanti scienziati che conosco: se esistesse una singola cosa che tu potessi fare riguardo alla situazione che abbiamo di fronte, che cosa faresti? La sua risposta? Insegnerei a mio figlio a sparare". Poche pagine prima, si può leggere: "Se l'attuale tasso di riproduzione dovesse mantenersi costante, entro la fine di questo secolo non saremo dieci miliardi. Saremo ventotto miliardi". Il dato dei dieci è stato previsto ottimisticamente ipotizzando un calo della crescita. Nel 2012, Stephen Emmott che insegna Scienze Computazionali all'Univesità di Oxford, ha trasformato le sue idee riguardo la sovrappopolazione in un monologo teatrale messo in scena a Londra, che ha avuto un enorme successo. Il testo, intitolato "10 Billions", è poi divenuto il libro pubblicato in Italia da Feltrinelli. Va detto che, trattandosi di un lavoro non solo divulgativo, ma anche destinato a venire recitato a voce, non è un saggio scientifico vero e proprio (con riferimenti ad altri saggi o alle fonti esatte delle informazioni), ma di una coinvolgente sequenza di frasi a effetto. Il desiderio sarebbe appunto quello di poter leggere invece un testo più argomentato, che approfondisca meglio l'argomento, senza dubbio interessante (anche Dan Brown ha incentrato il suo "Inferno" su questo tema, il che vuol dire che la questione è in grado di catalizzare l'attenzione). Tra i vari spunti offerti da Emmott alla nostra riflessione, alcuni riguardano il livello di inquinamento, altri i cambiamenti climatici, altri il depauperamento delle risorse, altri il problema delle fonti di energia o dello sfruttamento del suolo, per arrivare all'estinzione delle specie private degli habitat sottratte loro dagli uomini o alle guerre per l'acqua o per il cibo che si prevedono per il prossimo futuro. Di solito io sono un ecologista scettico, per cui gli allarmismi mi lasciano sempre perplesso: credo che i progressi della scienza o il mutare delle condizioni invalidino la maggior parte delle teorie catastrofiste (il "Medioevo prossimo venturo" di Roberto Vacca, per dirne una, è stato rimandato a data da destinarsi). Tuttavia, la sovrappopolazione è qualcosa che mi ha sempre spaventato. E' uno dei motivi per cui mi sembrerà giusto togliermi dai piedi al momento opportuno.

venerdì 3 maggio 2019

LESSICO FAMIGLIARE




Natalia Ginzburg
LESSICO FAMIGLIARE
Einaudi
218 pagine, 15.49 euro


Vincitore del Premio Strega nel 1963, “Lessico famigliare” è un album di ricordi dell’autrice. Natalia Ginzburg narra, giurando di dire il vero ma ammettendo di non poterlo dire tutto (“perché la memoria è labile, e perché i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi e schegge di quanto abbiamo visto e udito”), raccoglie frammenti di vita famigliare, racconta aneddoti, recupera emozioni, descrive il variegato carattere delle persone così come apparivano ai suoi occhi di bimba prima, di adolescente poi, di donna infine (ma in minor parte). I genitori, i fratelli e le sorelle, i parenti vicini e lontani, gli amici di famiglia: tutti compaiono con il loro vero nome o, a volte, soprannome. Non se ne ricavano biografie complete ma ritratti emozionali. Ciascuno di noi potrebbe, nei limiti del nostro proprio talento di affabulatori, riempire un libro del genere raccontando i ricordi di infanzia, perché tutti abbiamo avuto, e abbiamo, un “lessico famigliare” di riferimento: frasi ricorrenti, esclamazioni, modo di dire, atteggiamenti, giudizi sugli altri tipici del padre e della madre, dei nonni o degli zii. Natalia Ginzburg, sicuramente più dotata di noi quanto a capacità di scrivere e descrivere, ci parla della sua famiglia. La figura che più emerge è quella del padre, Giuseppe Levi, importante biologo e professore universitario, perseguitato dal regime perché ebreo (e antifascista). Uomo burbero come quant’altri mai, talmente antipatico da essere simpatico per paradosso. Ma il teatrino famigliare che gli ruota attorno, sullo scenario della Torino tra gli anni Venti e i Cinquanta, è variegato di personaggi caratterizzati ciascuno in modo diverso come diversi sono i caratteri (che peraltro mutano nel tempo). Colpisce, per quanto la Ginzburg ne parli come di assoluta normalità di frequentazioni, la quantità di figure storiche illustri che compaiono nel libro, elencate nel novero degli amici o dei conoscenti: i fratelli Rosselli, Filippo Turati, Ugo Pajetta, Adriano Olivetti, Pitigrilli, Cesare Pavese e naturalmente Leone Ginzburg, l’intellettuale antifascista morto in carcere a Roma, che Natalia sposò e dal quale ebbe due figli (poi ci fu un secondo marito). Benché “Lessico famigliare” non tracci puntualmente il quadro storico delle vicende politiche, ma vi faccia riferimento soltanto per quanto poteva essere percepito e compreso dall’autrice bambina, è inevitabile ricavarne uno spaccato della realtà italiana durante il fascismo. La Ginzburg non dipinge niente a tinte cupe, ma certamente gli anni al confino, la rocambolesca fuga in Francia di un fratello, la prigionia di un altro così come quella di tanti amici, la deportazione di parenti e conoscenti, la clandestinità sono tutti avvenimenti raccontati con dolore. Il tono complessivo del libro resta comunque brillante, divertente. Si ride, talvolta. In altri casi ci si commuove o ci si preoccupa. Come capita nella vita.

giovedì 2 maggio 2019

E' TROPPO FACILE

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Agatha Christie
E' TROPPO FACILE
Mondadori
1985, brossurato
210 pagine, lire 10.000


Non tutti i gialli di Agatha Christie hanno come protagonisti Hercule Poirot o Miss Marple. Per esempio, in questo "E' troppo facile" (1939) l'investigatore è Luke Fitzwilliam, funzionario di polizia in pensione. Al quale capita di sbagliarsi ber ben due volte, convincendosi (e convincendo il lettore) della colpevolezza di due sospettati prima di arrivare alla vera soluzione, che si rivela essere del tutto diversa. Peraltro, a Fitzwilliam, nel corso della storia, capita anche di innamorarsi di una donna già impegnata, di vedersi rifiutato, e poi alla fine di riuscire invece a coronare il suo sogno d'amore. Il risvolto romantico non sembrerà strano a chi abbia letto i romanzi rosa che la Christie pubblicò con lo pseudonimo di Mary Westmacott. "E' troppo facile" parte da uno spunto particolarmente intrigante: Luke riceve in treno le confidenze di una vecchietta, Lavinia Pinkerton, convinta che nel suo piccolo paese, Wychwood, sia stata commessa una serie di delitti mascherati da incidenti. La donna ritene di aver capito chi sia l'assassino e si sta recando a Londra per denunciarlo a Scotland Yard. Lì per lì Fitzwilliam la crede un po' svitata, ma quando legge sul giornale che la Pinkerton è stata travolta da un'automobile prima che potesse sporgere la sua denuncia, comincia a chiedersi se non avesse ragione. Così, decide di recarsi a Wychwood a indagare, spacciandosi per uno scrittore in cerca di documentazione per un libro sulle superstizioni popolari. In effetti ci sono state cinque morti sospette nei mesi precedenti, ma tutte rubricabili (e rubricate) come frutto del caso o della malasorte. Le vittime non sembrano aver nessun rapporto fra di loro, e i possibili sospetti per ciascuna delle morti non paiono avere moventi per le altre. La soluzione finale, ovviamente, spiega tutto. La Christie è sempre la Christie, anche nei gialli "minori".

mercoledì 1 maggio 2019

TRE TOPOLINI CIECHI E ALTRE STORIE




Agatha Christie
TRE TOPOLINI CIECHI E ALTRE STORIE
Oscar Mondadori
1981, brossurato
240 pagine

Oltre che dei romanzi gialli di cui sono protagonisti e che hanno reso nota in tutto il mondo la loro autrice, Miss Marple ed Hercule Poirot compaiono anche in buon numero di racconti. Sette di questi (quattro con la prima, tre con il secondo) sono stati raccolti in questo Oscar dalla Mondadori. In più ce ne sono altri due "liberi", tra i quali spicca il primo, "Tre topolini ciechi". Un racconto lungo, si potrebbe definire: un'ottantina di pagine. Gli altri otto sono tutti molto più brevi. "Tre topolini ciechi" è molto famoso perché da esso Agatha Christie ha tratto quel capolavoro che è "Trappola per topi", la sua celebre commedia (intrigantissima da vedere in scena) che viene ininterrottamente replicata a Londra dal 1952 (un caso da Guinness dei Primati). Il racconto non è brillante come l'opera teatrale ma resta godibilissimo: in un albergo rimasto isolato per causa della neve penetra un assassino in cerca della sua vittima, ed entrambi sono nel novero degli ospiti (tra cui c'è, però, anche un poliziotto). Chi è il criminale, e chi si appresta a uccidere? Da leggere assolutamente. I restanti racconto sono molto gradevoli, e un paio notevoli ("Omicidio su misura", con Miss Marple, e "L'appartamento al terzo piano", con Poirot). Le storie brevi hanno il vantaggio che si possono spiluccare quando se ne ha il tempo, non impegnano come i romanzi. Però, dovendo scegliere, meglio la Christie dei testi più lunghi.