venerdì 29 ottobre 2021

SNAKEMAN

 
 

 
 
Mauro Boselli
Enrique Breccia
SNAKEMAN
Sergio Bonelli editore
2021, cartonato
52 pagine, 9.90 euro


Dodici o tredici? Dipende se l'albo "alla francese" di Tex scritto e disegnato un po' fuori dai canoni da Paolo Eleuteri Serpieri si considera un "numero zero" o un "numero uno". Nel primo caso i cartonati inediti texiani destinati all'edicola giungono, con "Snakeman", a quota dodici, nel secondo, a quota tredici. Del Tex di Serpieri, poi ripubblicato in volume de luxe da Lo Scarabeo, ho scritto qui: http://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../tex-leroe...
Una collana davvero singolare, quella di Tex in versione cartonata da edicola, perché se da un lato si può paragonare a quella dei Texoni (con una tradizione più che trentennale) per la caratteristica di ospitare disegnatori scelti anche al di fuori dello staff di Aquila della Notte messi al servizio di storie importati (tali da meritare, insomma, un volumone a parte), ma rispettose dei canoni narrativi, grafici e testuali, dell'ortodossia texiana; dall'altra, nella serie in cui si inserisce "Snakeman" siamo invece di fronte a storie brevi, a colori, impaginate senza rispettare la tradizionale "gabbia" bonelliana e libere anche di non aderire alla "linea" estetica della saga del Ranger (offerte peraltro a un prezzo da edicola pur essendo a tutti gli effetti uno da libreria). E' appunto la libertà espressiva che si è preso (o guadagnato) Enrique Breccia a colpire leggendo il cartonato di cui stiamo parlando. Se nei Texoni l'autore ospite si mette al servizio dell'eroe (basterà pensare a Magnus), nei cartonati è l'eroe che si presta all'interpretazione del disegnatore. Per quanto le tavole di Breccia possano sembrare insolite, nei neri e nei colori (del resto Enrique era stato molto originale anche in "Capitan Jack", il suo Texone) , risultano assolutamente evocative e narrano in maniera efficace il copione studiato da Mauro Boselli. Una grande prova d'autore da parte di un disegnatore che ha fatto la storia del fumetto argentino, sulla scorta della lezione del padre Alberto, e che da tempo ha scelto l'Italia come sua seconda patria. Dicevamo di Boselli, che recupera il camuffamento da "Uomo della Morte" (un lugubre costume da scheletro con una maschera da teschio), già altre volte utilizzato da Aquila della Notte (la prima volta lo fa sul n° 41, "Rinnegato", un classico di Giovanni Luigi Bonelli e Galep). Colpiscono sia le scene in cui l' Uomo della Morte affronta lo sciamano Snakeman, che comanda i serpenti, sia le scene d'amore fra Tex e Lilyth, rievocata in flashback.

mercoledì 20 ottobre 2021

JUSTICE FARM

 
 

 
 
 
Marco Cannavò
Marina di Luzio
JUSTICE FARM
Bimbogiallo Edizioni
2019, brossurato
60 pagine, 14.90 euro


Il 14 giugno 1944 i tedeschi di stanza a Orvieto lasciarono la città in ritirata, pressati dall'avanzata delle truppe alleate che, dopo aver liberato Roma, erano giunte alle falde della rupe su cui sorge l'abitato. Una delle ultime vittime dei nazisti fu un bambino di cinque anni, Sergio, ucciso da proiettile destinato al fratello più grande che lo accompagnava. Il padre di Sergio, Orlando, è il bisnonno di Marco Cannavò, sceneggiatore orvietano di fumetti (classe 1974), editore in proprio, organizzatore di eventi legati alla Nona Arte, il quale ha voluto narrare con un graphic novel uno degli episodi minimi e sconosciuti di cui è costellata ogni guerra. La morte del piccolo Sergio è solo un tassello di una storia più ampia, quella dell'occupazione nazista di una fattoria, "Al Monticello", depredata per mesi di ogni scorta alimentare, vista però con gli occhi (questa la scelta del narratore) degli animali da cortile, capitanati da cane pastore Bruce, che ha un fiero rivale nel doberman dei tedeschi (metafora efficacissima del nazismo). Come ne "La fattoria degli animali" di Orwell, le bestie allevate dalla famiglia di Orlando parlano e tengono consiglio fra loro. Cannavò fa vestire loro i panni di superoeroi giustizieri (è alla "Justice League" che fa riferimento il titolo), e viene da pensare anche ai Musicanti di Brema dei Fratelli Grimm (un asino, un cane, un gatto e un gallo che sconfiggono i briganti). Il racconto fantastico che ne viene fuori, ispirato però da una storia vera, funziona. Anche i disegni sono funzionali, peccato solo per i colori che non rendono loro giustizia. Una intetessante postfazione, firmata dallo sceneggiatore, inquadra la vicenda nel suo contesto storico.

venerdì 15 ottobre 2021

OCCHI AZZURRI

 
 

 
Arturo Pèrez-Reverte
OCCHI AZZURRI
Solferino
2021, brossurato
80 pagine, 7.90 euro


Convinto come sono che si debba leggere qualsiasi cosa venga pubblicata da Arturo Pérez-Reverte, non mi sono fatto sfuggire questo straordinario libretto, edito da Solferino ma distribuito in edicola quale allegato al Corriere della Sera. Dell'ottantina di pagine di cui consta, soltanto trenta sono quelle del racconto dello scrittore spagnolo che dà il titolo all'agile pubblicazione. Le altre sono dedicate a una puntuale introduzione di Bruno Arpaia (che è anche l'ottimo traduttore) e a tre breve postfazioni, scritte di tre momenti diversi dello stesso Pèrez-Reverte che spiega quali siano le sue considerazioni a proposito della conquista del Messico: impresa deprecabile ai nostri occhi, ma da storicizzare e contestualizzare e soprattutto da valutare considerando il desiderio di riscatto e la disperazione dei singoli che, privi di qualunque futuro in Spagna ne cercavano uno nel Nuovo Mondo, e a pochi andava bene. "Qui è stato prigioniero lo sventurato Juan Yuste", lasciò scritto sul muro di una cella uno spagnolo caduto vivo nelle mani degli Aztechi e giustiziato con tanti altri. In ogni caso i messicani di oggi nascono dalla fusione tra i nativi e gli invasori e non è più possibile separarne i destini. "Occhi azzurri" è appunto la storia (poche ore, in realtà, di una storia più lunga che possiamo soltanto immaginare) di un soldato spagnolo in fuga da Tenochtitlan nella notte tra il 30 giugno e primo luglio del 1520, la "noche triste" della fuga dei Conquistadores dalla capitale azteca in rivolta dopo l'occupazione. Cortés si mette in salvo a cavallo con i suoi capitani, puntando Veracruz (da lui fondata mesi prima sul luogo dello sbarco), mentre al grosso della truppa viene dato il "si salvi chi può". Ci sarebbe stata poi una riconquista da parte degli spagnoli, ma in quel momento gli Aztechi ebbero la meglio. Durante un sua visita al Palacio Nacional di Città del Messico, Pèrez-Revert vide un mural di Diego Rivera in cui una donna india porta sulle spalle un bambino con gli occhi azzurri: "Ho pensato a quanto Rivera riflettesse bene il meticciato e mi sono chiesto se sarei stato in grado di farlo anch'io con un brevissimo racconto". Eccolo, dunque, il racconto: trenta pagine drammatiche e sconvolgenti, in cui uno anonimo conquistador in fuga nella "noche triste" cerca di salvarsi dalla furia degli Aztechi in rivolta e tra le gente di Tenochtitlan che assiste alle esecuzioni dei prigionieri rivede la donna india che sa di aver messo incinta, e spera che il bambino abbia gli occhi azzurri come i suoi.

sabato 9 ottobre 2021

BONGO

 

 

 

 



Tiberio Colantuoni
BONGO
Sbam! Libri
2021, brossurato
160 pagine, 12 euro


Geppo, Nonna Abelarda, Trottolino... i personaggi pubblicati dall'editore Renato Bianconi tra il 1952 e il 1993, anno della sua morte, hanno invaso le edicole e arricchito la nostra infanzia. Merito anche di alcuni grandi autori come Sandro Dossi, Pier Luigi Sangalli e Tiberio Colantuoni, artefici e interpreti di uno stile umoristico fresco e vivace e in gradi di supportare una produzione davvero incredibile di storie a fumetti. Tra i personaggi rimasti nel cuore dei bambini dell'epoca c'è sicuramente Bongo, il "gorilla domestico" creato da Colantuoni (1935-2007) come antagonista di Nonna Abelarda (una vecchietta forzuta nata dai pennelli di Giovanni Battista Carpi e di Giulio Chierchini). Colantuoni, chiamato a occuparsi appunto della terribile vegliarda (in alternanza con un altro grande, Nicola Del Principe), la immaginò alle prese con un gorilla aizzatole contro dai lestofanti Nik e Nok. La Nonna riduce il bestione a miti consigli e lo accoglie in casa sua come animale da compagnia. Il guaio è che fissa la regola di una sola banana al giorno, e Bongo ne mangerebbe un quintale. Eccolo così divenire protagonista di continui agguati al fruttivendolo Gennariello.
A qualcuno può venire in mente qualche somiglianza con il Magilla di Hanna & Barbera (1964), ma a conti fatti si tratta di due personaggi ben differenziati. Soprattutto, a caratterizzare Bongo c'è la trovata dei cartelli con cui si esprime, che gli compaiono misteriosamente in mano. Il nostro scimmione si guadagna presto il diritto a storie tutte sue (senza la Nonna) e addirittura a una testata con il suo nome (durata tra il 1970 e il 1976). Antonio Marangi, titolare della Sbam!Libri, ha chiesto a Marcella Colantuoni e Orso Maria Scaramellini (figlia e nipote di Colantuoni) di selezionare le storie raccolte in questo volume, rappresentative dell'evoluzione del personaggio e corredate da schizzi dell'autore. Storie per bambini, naturalmente, ma godibili da tutti.

CONTATTO CON L'INUMANO

 


 
 Autori Vari
CONTATTO CON L'INUMANO
Classici Urania Mondadori
1980, brossurato
146 pagine, 6000 lire


Non ho mai capito perché le antologie di racconti abbiano, agli occhi del grande pubblico, meno appeal dei romanzi. In particolare, la fantascienza si presta benissimo a essere narrata in storie brevi: basterà pensare a "La sentinella", di Fredric Brown ("Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle di un bianco nauseante e senza squame..."). Per la lettura sotto l'ombrellone, poi, viva i racconti. E l'antologia "Contatto con l'inumano", fin dalla copertina di Oscar Chichoni, invita come poche altre a venire divorata sulla spiaggia. Si tratta di sei racconti selezionati da Fruttero e Lucentini nel 1964 e rispolverati nel luglio del 1990 da Giuseppe Lippi (all'epoca fresco curatore di Urania - lo sarebbe rimasto poi fino al 2018, anno della sua morte), tutti aventi per tema non tanto l'invasione extraterrestre ma l'irruzione di qualcosa di alieno nella vita di tutti i giorni. Storie ambientate dunque negli anni Cinquanta e Sessanta, visto il periodo di prima pubblicazione, con un sapore retro da telefilm della serie "Ai confini della realtà", ma (verrebbe da aggiungere "appunto per questo") godibilissime. Io le ho divorate in meno di due ore appunto durante una gita al mare, dopo aver pescato il volumetto nello scaffale della fantascienza, e sono rimasto folgorato soprattutto dal primo racconto, "Il caso della bambina sostituita", di Jonathan Burke: che fareste voi se vi accorgeste che vostra figlia, risvegliandosi da un lungo sonno, si comporta in modo strano e non sembra essere più lei? Ma anche "La chiocciola sotto il viadotto", di Richard Wilson, è inquietante: un viaggiatore di commercio, che guida di notte, si ferma a un'area di servizio in autostrada e scopre che non c'è nessuno: non il barista, non il benzinaio. Ma di lì a poco si rende conto che tutto il resto dell'umanità sembra sparito. E' rimasto solo lui! Finché, dopo essersi addormentato in un motel deserto, ritrova i propri simili, del tutto ignari di essere scomparsi... Theodore Sturgeon propone, con "Non aveva l'...", la storia di un alieno che, giunto sulla Terra, si comporta in modo strano e combina pasticci perché è un bambino. Ad altri lettori piaceranno magari i racconti restanti, di Slesar, Smith e Kettridge, che io ho apprezzato meno. Ma le storie brevi sono come noccioline, una tira l'altra. 

venerdì 1 ottobre 2021

IL CARCIOFO NAZIONALE

 

 

 
 
Alfredo Castelli
IL CARCIOFO NAZIONALE
Cut-Up
2011, cartonato
100 pagine, 19.90 euro


Questo volume, contenente "testi e disegni desecretati dopo trent'anni", è la versione cartonata e distribuita su tutto il territorio nazionale, di una pubblicazione intitolata "Non vedo che cosa ci sia da ridere" edita in tiratura limitata a Catania dagli organizzatori di Etna Comics edizione 2019, grazie ad AC Press Edizioni (sono quasi sicuro che il mio amico Marco Grasso ci abbia messo le mani). Cut-Up la recupera e la rende disponibile per un pubblico più vasto e fa avverare un mio vecchio desiderio. Tempo fa, infatti, incontrando Castelli in redazione, gli dissi che sarebbe stato bello raccogliere in un opuscolo i testi dell’esilarante (e politicamente scorrettissima) rubrica “Lombroso aveva ragione”, che ricordavo di aver letto sulle pagine di "Eureka", quando il Buon Vecchio Zio Alfy, allora Giovane Zio, fu chiamato insieme a Silver da Andrea Corno per un estremo tentativo di salvare la rivista (e ancora oggi la dozzina di numeri dell’”Eureka” di Castelli & Silver vengono ricordati con rimpianto, meraviglia e nostalgia da tutti quelli – temo non tantissimi – che la leggevano a quel tempo). Castelli mi informò del fatto che “Lombroso aveva ragione” non era una rubrica ideata per “Eureka”, ma compariva lì dopo essere apparsa in precedenza su un’altra rivista, “La bancarella del Gorilla”. Mi sono morso le labbra, scoprendo un’altra cosa di Alfredo che non sapevo. E sì che ne so proprio tante. So per esempio che scrisse un articolo proprio sul primo numero di “Eureka”, ancora diretta da Luciano Secchi. So che era lui a disegnare Scheletrino su “Diabolik”. So che è stato uno dei primi fanzinari italiani all’epoca in cui, come suol dire Sergio Bonelli, aveva ancora i calzoni corti (quanto mi piacerebbe vedere una foto di Castelli in calzoni corti). So che ha scritto testi per Antonio Ricci e per Enrico Beruschi, arrivando anche a portare in edicola una rivista dal titolo “Il dottor Beruscus”. So del suo gran lavoro al “Corriere dei Ragazzi”, delle strisce fatte con Carlo Peroni, della sua collaborazione con “Horror”, del fatto che alla fine ha collaborato con tutti i più importanti autori del mondo, ma anche si è volentieri speso e concesso per aiutare la pubblicazione delle rivistine più piccole. So delle sue ricerche e dei suoi studi ormai ventennali, accuratissimi e sterminati, sulla produzione dei fumetti dei primordi. So della sua capacità nel creare eventi, ideare merchandising, vendere diritti all’estero, eccetera eccetera. Le so tutte. Ovvero, credevo di saperle tutte. Non sapevo della “Bancarella del Gorilla”. E chissà dunque quante non ne so. Però, poi, a consolarmi è arrivato un altro pensiero. Quello cioè che per quanto si cerchi di fare un elenco completo delle storie, degli articoli, delle iniziative di Castelli, per quanto ci sia chi si reputi ferratissimo in materia e sappia persino che “Lombroso aveva ragione” apparve sulla “Bancarella del Gorilla”, ebbene si tratterebbe sempre e soltanto della punta dell’iceberg. Perché Alfredo Castelli non si può rinchiudere in una cronologia di opere, per quanto esaustiva e ragionata. Non senza prima, almeno, essersi messi d’accordo sul termine “opere”. Si intende tutto ciò che è frutto di un lavoro professionale destinato a un pubblico? Si sappia allora che Castelli realizza da sempre lavori professionali destinati a pubblici limitatissimi di magari dieci persone, oppure per due o tre, a volte per una persona sola. Sulla rivista “Dime Press”, a cui collaboravo dopo averla fondata ai tempi in cui anch’io (imitando Alfredo) ero un fanzinaro (ma si è fanzinari per sempre), pubblicammo alcune sue battute scritte su fogli di carta volante (che il buon Vianovi intercettava), tra cui un estratto della monumentale raccolta dedicata a Antonio Serra, che ancora oggi è custodita in un album presso la redazione Bonelli. Per chi realizzava quei testi, Castelli? Per chi aveva vicino in quel momento in redazione, magari per Sclavi, per una letterista, per una segretaria, per chi poteva passare e leggere al volo. E le battute erano sempre professionali, mai dilettantesche, per quanto realizzate in fretta. C’era la professionalità, c’era il pubblico. Le battute su Serra si sono salvate, raccolte da qualcuno che ne ha intuito il valore (forse lo stesso Serra?). Ma quanti foglietti volanti saranno andati perduti? E chi potrà farne mai la cronologia? Una volta ho sorpreso Alfredo a fare un fotomontaggio: si era messo in posa, decisamente poco vestito, e si era fatto un autoscatto per poi poter collocare la propria immagine al posto del celebre Menneken pis, la fontana di Bruxelles raffigurante un bambino che fa la pipì. Il lavoro era geniale e impegnativo. Chiesi a chi fosse destinato. Pare che si trattasse di realizzare una falsa foto spiritosa da allegare a una mail destinata a un amico, e naturalmente c’era un motivo (nella mail, assolutamente esilarante, era spiegato il perché del Menneken pis). Che fine avrà fatto quella mail? E la foto, ci sarà ancora? Non si tratta forse di un testo d’autore e di un fotomontaggio professionale? Mi è capitato anche, e ne ho scritto un articolo sempre su “Dime Press”, di andare a casa di Alfredo e di aver bisogno di usare il bagno. Ecco, le pareti della stanza erano coperte dalla sua collezione, rigorosamente incorniciata, di “scritte da cesso”. Si tratta cioè di cartelli vergati a mano da proprietari di bar, ristoranti, negozi o altri locali pubblici, in cui si esorta la clientela (per lo più in modo esilarantemente sgrammaticato) a lasciare pulito il gabinetto. Castelli si impossessa dei cartelli e li incornicia in casa sua (anzi, nel bagno suo). Ora, perché questa vera e propria mostra permanente degna di uno studio di antropologia culturale, non deve essere citata fra le mostre organizzate da Alfredo presso saloni del fumetto, biblioteche o università? C’è la professionalità (quella indiscussa del BVZA) e c’è il pubblico (chiunque abbia bisogno del bagno nel suo appartamento). Appesa alle pareti della redazione di Via Buonarroti c’è poi (sotto cornice) la copertina di uno dei “librini” allegati per anni agli speciali di Martin Mystère. Una copertina assolutamente in stile con tutte le altre, perfettamente mimetizzabile, soltanto falsa e riferita a uno spillato che non è mai uscito: raccoglierebbe l’elenco di tutte le cose che Sergio Bonelli non sopporta (dal pesce all’aria condizionata passando per gli antichi romani) e su cui circolano leggende urbane incontrollabili. Si intitola: "I segreti di Bonelli". Quanta professionalità per realizzare il falso opuscolo! E quanto pubblico: chiunque venga in redazione non può fare a meno di notarlo. Ma esisterà anche il testo o c’è solo la copertina? Mistero. Ma a questo punto, il vero mistero è: quant’è grande l’iceberg delle cose fatte da Castelli e che sfuggono a ogni possibilità di censimento? Mistero. Anzi, Mystero. Però, c'è un però: a rimediare almeno in parte alla mancanza di un censimento, censendo almeno una parte della produzione umoristica e "laterale" del BVZM, giunge questo volume d. C'è il librino "I segreti di Bonelli". Ci sono le vignette su Antonio Serra. C'è il fotomontaggio che mi riguarda, quello con Barack (Obama) e Burattini, c'è la dichiarazione consensuale da far firmare alla donna con cui si esce perché accetti il nostro corteggiamento senza scambiarlo per molestie sessuali, c'è la rubrica "Lombroso aveva ragione". C'è un sacco di altro materiale, quale quello delle "Riviste Impossibili", realizzatr per "La Bancarella", tra cui spiccano Unopiù (parodia di "Duepiù", ma riservata agli onanisti), Prayboy (un "Playboy" per preti) e "La zuppina italiana" ("La cucina italiana" fatta per chi mangia scatolette). Il tutto realizzato anche con la complicità di numeri uno quali Silver e Claudio Villa. Insomma, "Non vedo cosa ci sia da ridere" fa vedere un sacco di cose da ridere.