Honoré de Balzac
IL PARROCO DI TOURS
Sellerio
brossurato, 2006
196 pagine, 9 euro
Tra il 1831 e il 1850 (anno della sua morte), Honoré de Balzac, nato a Tours nel 1799, scrisse le 137 opere, collegate tra loro attraverso un labirinto di connessioni, che vanno sotto il nome collettivo di “La commedia umana” ("La comédie humaine"), con riferimento a Dante, e che intrecciano le vicende di ben 2209 personaggi. Benché ogni romanzo o racconto della “comédie” si possa leggere in modo autonomo, come nel caso dei titoli più famosi quali “Papà Goriot” o “Eugénie Grandet”, i personaggi protagonisti di un libro compaiono come figure minori di altri, o sono collegati con vincoli di parentela, e risultano descritti pienamente soltanto collegando in un unico ritratto le loro apparizioni. Un’impresa titanica, senza subbio, su cui non si è ancora smesso di indagare, con la quale lo scrittore aveva l’obiettivo di descrivere la società francese a lui contemporanea, in tutti i suoi aspetti, nel modo più realistico possibile, a tutti i livelli sociali, influenzando gli autori successivi (come Flaubert, Zola o Proust). “Il parroco di Tours”, scritto nel 1832, si inserisce nella “Commedia” dimostrando come un romanzo possa avere come protagonisti persone del tutto comuni mostrate nella loro meschinità o insipienza, senza alcuna necessità né di un “eroe” né di un lieto fine. Il sempliciotto don François Birotteau, nel contesto della “comédie” è il fratello di César, a cui è dedicato il romanzo “Storia del successo e della decadenza di César Birotteau”. Un prete ingenuo, si diceva, vicario della cattedrale di Tours, il quale ha ereditato dal canonico Chapeloud (di cui era amico devoto) i mobili di un appartamento e una biblioteca, che sono tutto ciò che uno come lui, senza altre ambizioni che tenere i piedi al caldo, possa desiderare. Ma don Chapeloud aveva un nemico, un altro canonico, don Troubert, il quale si vendica in modo meschino trovando il modo di privare Birotteau della sua eredità e ridurlo in miseria. La trama del romanzo (piena di uomini di Chiesa ma senza alcun riferimento a Dio, dato appunto che la “Commedia” è umana, nella più meschina accezione del termine, e non divina) è tutta qui, ma è sufficiente a tenere incollati i lettori dall’inizio alla conclusione anche in assenza di un solo personaggio romanzesco. A corredo del libro, che gode di una nuova e brillante traduzione , ci sono un notevole apparato critico di note (curate da Clio Cicogni e Alessandra Cioncolini) e un saggio davvero illuminante di Pierluigi Perlini (che sembra averla letta proprio tutta la “Comédie humaine”).
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