domenica 19 marzo 2023

LETTERE DI UNA MONACA PORTOGHESE

 

 


 
Mariane Alcoforado - Milo Manara
LETTERE DI UNA MONACA PORTOGHESE
Nuages
Prima edizione 1997
brossurato - 66 pagine -  lire 35.000

Si legge nei risvolti di copertina: “Fu Mariane, religiosa a Beja, tra l’Estremadura e l’Andalusia, entrata in convento a dodici anni, diventata badessa nel 1709 che, abbandonata dall’amante il conte di Chamilly scrisse le cinque lettere? O fu piuttosto Gabriel-Joseph de Lavargne conte di Guilleragues, nobile guascone alla corte di Luigi XIV, uomo colto e di illustri frequentazioni, noto nel mondo letterario per i suoi brevi componimenti poetici? Forse addirittura aiutato dall’amico Racine? Già alla loro apparizione, nel 1669, le Lettere ottennero un successo folgorante, tale da renderle una moda, un genere letterario. Il loro contenuto avrebbe scatenato uno dei più controversi casi editoriali di tutti i tempi. Non tutti infatti vollero credere alla storia della povera suora che si strugge d’amore e, nello stesso anno della pubblicazione, ci fu qualcuno che avanzò i primi dubbi”. 
Il motivo del successo delle Lettere mi è, francamente, oscuro. Si tratta di testi in cui non si raccontano fatti, privi di erotismo, solo trasudanti di lamenti per un amore perduto e pieni di accenni a sospiri, pianti, lamenti, lacrime versate da parte di una donna abbandonata. Forse fu considerato particolarmente conturbante il fatto che a scrivere fosse (nella finzione o nella realtà) una monaca, ma è vero o non è vero che nel Seicento il vestire l’abito religioso era più o meno una professione o un destino non più duro di altri, e che dunque era abbastanza comune che anche frati e suore avessero una loro vita sessuale? Per assurdo, la cosa potrebbe scandalizzare più adesso in cui certe pratiche sembrano del tutto bandite dai conventi. In ogni caso, i testi, fortunatamente brevi, sono oltremodo noiosi, anche se non privi di un garbo letterario che serve però solo ad annoiare ancora di più, privando le lettere dell’immediatezza che avrebbero avuto se fossero stati scritti in un tono più colloquiale e spontaneo. Ma non è certo la parte letteraria quella per cui le edizioni Nuages hanno pubblicato questo libro. Il testo serve solo a incorniciare sei illustrazioni di Milo Manara. 
Illustrazioni stupende, bellissime, va detto. Stampate su carta ad altra grammatura, riprodotte in modo eccellente, peraltro in copie numerate (la mia è la 1268 su 4000), si tratta di disegni loro sì conturbanti, che aggiungono malizia a un testo che non ne ha affatto. E del resto, Manara renderebbe malizioso anche “Sussi e Biribissi”.

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