venerdì 19 ottobre 2018

VITA DI SALOMONE



Alberto Jori
VITA DI SALOMONE
Editrice Ave
1994, brossura,
80 pagine, 10.000 lire

Un testo agile, brillante, ben illustrato e non confessionale: si parla di Salomone come personaggio storico. Storico, ovviamente, sulla base soprattutto di quello che la Bibbia racconta, in special modo nel Primo Libro dei Re, anche se poi si parla di lui anche nel libro di Samuele e nel Siracide. Nella Bibbia sono anche contenuti oltre tremila proverbi a lui attribuiti, poi chissà se saranno davvero suoi: fatto sta che è diventata proverbiale anche la sua saggezza. Va detto che il nostro modo di dire "sentenza salomonica" intendendo un giudizio che viene incontro a entrambe le parti, accontentandole o scontentandole tutte e due, è sbagliato. La locuzione si riferisce al famoso episodio narrato nel terzo capitolo del Libro dei Re in cui si presentano a Salomone due prostitute in lite per un figlioletto: ciascuna diceva che era suo (convivevano, avevano un bambino ciascuna, ma a una era morto il proprio e aveva sostituito il morto con l'altro vivo). Le testimonianze erano discordi, così il Re deliberò di far tagliare il piccolo in due parti con la spada. La vera mamma proruppe in pianti dicendo che allora no, non era suo, era dell'altra: così Salomone seppe che quella era la madre, quella che piangeva, e le restituì il figlio. Come si vede non è un giudizio equidistante, è un giudizio che accontenta una delle parti, quella che ha ragione. A me colpisce il fatto che una questione del genere possa essere stata portata di fronte al Re, come se non ci fossero a Gerusalemme dei giudici per l'ordinaria amministrazione, ma tant'è, le leggende sono leggende. Del resto c'è molto di leggendario, riguardo a Salomone: non solo la sua saggezza, ma anche la sua ricchezza, il suo potere, la costruzione del Tempio, la visita della Regina di Saba (leggendaria a sua volta), il numero spropositato di amanti e concubine (il che dimostra che forse tanto saggio non era). Tutto sfuma nella leggenda perché stando ai fatti regnò per quarant'anni tra il 970 e il 930 avanti Cristo. Che sia stato un abile politico è fuor di discussione: seppe sgominare diversi complotti, mantenne il potere quasi senza guerre, dotò il suo popolo (un popolo di pastori, essenzialmente) di una flotta, di un esercito di carri, di una rete commerciale, di edifici pubblici. Arricchì immensamente Gerusalemme, grazie a una efficiente organizzazione carovaniera. Fu aperto alle altre culture e consentì il culto ad altri dei (le sue concubine, giunte da terre lontane, sembra che sacrificassero regolarmente alle loro divinità nel Palazzo reale stesso), il che sollevò  dei malumori. In vecchiaia perse il senno e pare che si sia lasciato andare. Il regno, dopo la sua morte, comunque si sfaldò per colpa del figlio: segno che anche l'uomo più saggio nulla può contro la stupidaggine altrui.

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