Ernest Hemingway
ISOLE NELLA CORRENTE
Oscar Mondadori
Introduzione di Fernanda Pivano
2000, brossurato
530 pagine - lire 15.000
“Isole nella corrente” è l’ultimo romanzo di Hemingway, uscito postumo dopo la sua morte, avvenuta nel 1961. Mary Hemingway, la figlia, si è occupata di curarne l’edizione raccogliendo i testi lasciati incompiuti dal padre. “Charles Scribner Jr. e io abbiamo preparato insieme per la pubblicazione il manoscritto di Ernest – scrive Mary Hemingway- A parte le normali correzioni nella grafia e nella punteggiatura, abbiamo operato alcuni tagli, perché io ero certa che Ernest stesso li avrebbe eseguiti. Il libro è interamente di Ernest. Noi non abbiamo aggiunto nulla”. A lettura avvenuta, si sente che il libro è davvero di Hemingway. C’è dentro la sua anima, ci sono anche fatti veri della sua vita, raccontati come solo lui poteva fare, anche se attribuiti a un protagonista, il pittore Thomas Hudson, che è chiaramente la sua controfigura. E c’è anche una vaga, ma continua, angoscia esistenziale che sfocia in riflessioni sul suicidio, chiaramente prodromiche al suicidio dell’autore stesso. Dunque, gli elementi autobiografici sono tanti, predominanti addirittura sull’intreccio romanzesco che anzi è poco sviluppato. Fernanda Pivano ricostruisce, nella sua lunga e interessante introduzione, la genesi delle tre parti dell’opera, pensate in tempi diverse e destinazioni diverse. In effetti, “Isole nella corrente” non è un romanzo unitario. “Nel primo episodio – scrive la Pivano – Bimini, il protagonista è presentato nella sua casa e nelle varie scene della sua vita abituale, nella quale si muovono soprattutto il suo amico scrittore Roger Davis e il padrone di un bar soprannominato Bobby. E’ tra questi personaggi che si svolgono alcuni tipici dialoghi hemingwayani: dialoghi da duri, pronunciati nel corso di azioni da duri, venati del sottofondo di malinconia tipica dei duri. Mentre avvengono questi dialoghi, il pittore sta aspettando l’arrivo dei suoi tre figli che vengono a trascorrere con lui una vacanza. Poi arrivano i figli, uno nato dalla prima moglie e due dalla seconda, e il pittore può mostrare senza ritegno le proprie qualità paterne, sia per l’amore col quale li circonda, sia per la sua abilità nell’allevarli da duri; nel corso di una caccia al pescespada uno dei tre ragazzi è descritto come in un vero e proprio rito di iniziazione, circondato dall’attenzione degli adulti e impegnato nella sua azione in un clima di rispetto e intensità quasi mistica”. In effetti, la scena della pesca, lunghissima, è non solo bella ma anche esemplificativa delle caratteristiche dell’opera intera: la scrittura comunica l’autore più che la trama di una storia. Dopo che i figli sono ripartiti, “il pittore riceve un telegramma che gli comunica la morte in un incidente d’auto dei due figli minori e della loro madre. L’ultima scena di questo primo episodio mostra il pittore in viaggio su una nave mentre legge i necrologi”. Il secondo episodio, Cuba, è ambientato a Cuba all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Anche qui, tornano i temi cari a Hemingway. Belle le descrizioni del suo gatto, del suo rapporto con il bere, ma anche del succedersi delle sue storie d’amore, ciascuna destinata a lasciare comunque un segno. In pratica, però, non succede niente. Il terzo episodio, In Mare, “descrive il pittore mentre comanda la sua imbarcazione di irregolari americani alla ricerca di alcuni marinai tedeschi dispersi”. Nel corso dell’ultimo scontro, Hudson viene ferito, “forse mortalmente”. Questo terzo racconto è il più avventuroso e quello che ha più trama in senso romanzesco. Gli avvenimenti narrati fanno riferimento, di nuovo, a un episodio autobiografico. Lo spiega la Pivano: “Il riferimento è sicuramente quello alla perlustrazione compiuta da Hemingway nel mare di Cuba durante la Seconda Guerra Mondiale”.
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