venerdì 21 febbraio 2020

LA CASA DEL SONNO





Jonathan Coe
LA CASA DEL SONNO
Feltrinelli
brossurato, 312 pagine


Psichedelico. Potrebbe essere questo l’aggettivo che meglio qualifica “La casa del sonno” dello scrittore britannico Jonathan Coe (1961). Il quale potrebbe essere definito, d’altro canto, come poliedrico. Difatti spazia fra musica, poesia, teatro, umorismo, sociologia, dramma e inquietudine. Ho letto che Daniel Pennac, in una sua conferenza, abbia giudicato il romanzo di Coe come “uno dei più belli dell’ultimo decennio del Novecento”. Pubblicato per la prima volta nel 1997 e ambientato in Inghilterra nell’arco della quindicina d’anni che va dall’inizio degli Ottanta alla metà dei Novanta, il romanzo alterna di continuo il passato e il presente di un piccolo microcosmo di personaggi che hanno avuto tutti a che fare con Ashdown, un secolare ed austero edificio in pietra vicino a una università in cui un tempo alloggiavano gli studenti e che poi uno di loro, Gregory Dudden, ha trasformato in una clinica privata dove si curano i disturbi del sonno. E di disturbi del sonno soffrono per l’appunto almeno due degli universitari ospitati ad Ashdown, Sarah Tudor e Terry Worth, la prima narcolettica e non in grado di distinguere i sogni dalla realtà, il secondo, famoso critico cinematografico, che sembra non dormire mai. La clinica del professor Dudden nasconde nel sottosuolo dei laboratori in cui lo psichiatra conduce esperimenti inquietanti sulla privazione del sonno, su cavie animali ma anche su volontari umani, uno dei quali ne rimane vittima. Nonostante questi laboratori lascino nel lettore un latente senso d’ansia, mai il romanzo si trasforma in horror, neppure nel finale quando Dudden impazzisce e finisce per sottoporre se stesso alla sperimentazione. L’inquietudine accompagna la lettura anche riguardo alla sorte di Robert, personaggio decisamente border line innamorato di Sarah, la quale lo considera il suo miglior amico ma non può sceglierlo come compagno perché lesbica. Scopre di esserlo proprio alla fine di una relazione da incubo con Gregory, pieno di manie, allorché si mette con Veronica, attivista politica destinata a rinnegare i propri ideali e a divenire una yuppie e ad andare incontro a un tragico destino. I destini di tutti i personaggi si intrecciano fra loro, in un perfetto gioco a incastri, nonostante tutti abbiano preso strade diverse, fino alla soluzione del mistero di chi sia in realtà la dottoressa Madison, la principale assistente di Dudden. La scrittura di Coe non è mai sopra le righe nonostante la matassa inquieta da dipanare e in certe pagine indulge perfino all’umorismo, come nel pezzo di bravura di una recensione cinematografica di Terry il cui senso viene completamente travisato (con risultati esilaranti) dal “salto” di una nota a fondo pagina.

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