Stephen King (Richard Bachman)
L'OCCHIO DEL MALE
Sperling & Kupfer
L'OCCHIO DEL MALE
Sperling & Kupfer
1996, cartonato
304 pagine, lire 29.900
Pubblicato originariamente con lo pseudonimo di Richard Bachman, il romanzo è poi tornato in libreria con il nome del suo vero autore, vendendo dieci volte di più. E' lo stesso Stephen King a scriverlo, in un saggio ("Perché ero Bachman") che arricchisce questa edizione. La storia è semplice e inquietante, con uno spunto che ricorda il classico "Tre millimetri al giorno" di Richard Matheson, ma declinato in chiave decisamente orrorifica da un maestro del genere. Un avvocato bello grasso, Billy Halleck, 113 chili per un metro e ottantotto, travolge e uccide con l'auto una vecchia zingara. Poi, complici un paio di suoi amici (tra cui il giudice) esce indenne dal processo. Ma il padre (106 anni!) dell'uccisa, Taduz Lemke, lancia una maledizione gitana contro Halleck e chi lo ha aiutato a farla franca. Gli altri muoiono uno con il corpo che si copre di scaglie e uno disfatto dalle pustole. Billy invece comincia a dimagrire, inesorabilmente. Del resto è questo quello che gli ha detto lo zingaro all'uscita del tribunale: "Dimagra!". I medici sono impotenti, non c'è nessuna spiegazione e nessuna cura scientifica all'implacabile dissolversi dei chili di Halleck. Che alla fine capisce come l'unica soluzione sia ritrovare Lemke e farsi togliere la maledizione. Questo, mentre la moglie Heidi e il suo medico Houston, che lo credono pazzo e ipotizzano una anoressia psicosomatica, lo dichiarano interdetto e lo braccano per ricoverarlo a forza in una clinica. Halleck raggiunge, dopo lunghissime ricerche, il bivacco di Lemke, ma costui lo scaccia a malo modo, per niente disposto a perdonare. Lui non toglie mai le sue maledizioni, dice. Allora l'avvocato, ridotto pelle e ossa, e con il peso che scema di giorno in giorno, coinvolge un suo amico in odor di mafia, che ha un debito di riconoscenza con lui. Si tratta di mettere paura agli zingari avvelenando i loro cani, sparando contro le loro carrozze, minacciando le loro donne e i loro figli, con quella che è una maledizione dell' "uomo di città". La strategia ha successo, anche se Ginelli, l'italo-americano, deve intervenire più volte Alla fine Lemke itoglie la maledizione, proprio quando l'avvocato non ce la fa più. In qualche modo l'irriducibile vecchio sembra aver capito che una guerra non può durare in eterno e che Billy ha espiato abbastanza. Solo che la maledizione è una cosa viva, che se esce da un corpo deve entrare in un altro. Il finale è aperto a varie interpretazioni, ed è la parte più debole del romanzo, che già aveva perso qualche colpo con l'entrata in scena di Ginelli, mentre fino al primo incontro fra Halleck e Lemke il racconto era stato eccezionalmente teso e drammatico. Un librone, comunque, anhe se, in ogni caso, Bachman è meno "forte" di Stephen King.
Pubblicato originariamente con lo pseudonimo di Richard Bachman, il romanzo è poi tornato in libreria con il nome del suo vero autore, vendendo dieci volte di più. E' lo stesso Stephen King a scriverlo, in un saggio ("Perché ero Bachman") che arricchisce questa edizione. La storia è semplice e inquietante, con uno spunto che ricorda il classico "Tre millimetri al giorno" di Richard Matheson, ma declinato in chiave decisamente orrorifica da un maestro del genere. Un avvocato bello grasso, Billy Halleck, 113 chili per un metro e ottantotto, travolge e uccide con l'auto una vecchia zingara. Poi, complici un paio di suoi amici (tra cui il giudice) esce indenne dal processo. Ma il padre (106 anni!) dell'uccisa, Taduz Lemke, lancia una maledizione gitana contro Halleck e chi lo ha aiutato a farla franca. Gli altri muoiono uno con il corpo che si copre di scaglie e uno disfatto dalle pustole. Billy invece comincia a dimagrire, inesorabilmente. Del resto è questo quello che gli ha detto lo zingaro all'uscita del tribunale: "Dimagra!". I medici sono impotenti, non c'è nessuna spiegazione e nessuna cura scientifica all'implacabile dissolversi dei chili di Halleck. Che alla fine capisce come l'unica soluzione sia ritrovare Lemke e farsi togliere la maledizione. Questo, mentre la moglie Heidi e il suo medico Houston, che lo credono pazzo e ipotizzano una anoressia psicosomatica, lo dichiarano interdetto e lo braccano per ricoverarlo a forza in una clinica. Halleck raggiunge, dopo lunghissime ricerche, il bivacco di Lemke, ma costui lo scaccia a malo modo, per niente disposto a perdonare. Lui non toglie mai le sue maledizioni, dice. Allora l'avvocato, ridotto pelle e ossa, e con il peso che scema di giorno in giorno, coinvolge un suo amico in odor di mafia, che ha un debito di riconoscenza con lui. Si tratta di mettere paura agli zingari avvelenando i loro cani, sparando contro le loro carrozze, minacciando le loro donne e i loro figli, con quella che è una maledizione dell' "uomo di città". La strategia ha successo, anche se Ginelli, l'italo-americano, deve intervenire più volte Alla fine Lemke itoglie la maledizione, proprio quando l'avvocato non ce la fa più. In qualche modo l'irriducibile vecchio sembra aver capito che una guerra non può durare in eterno e che Billy ha espiato abbastanza. Solo che la maledizione è una cosa viva, che se esce da un corpo deve entrare in un altro. Il finale è aperto a varie interpretazioni, ed è la parte più debole del romanzo, che già aveva perso qualche colpo con l'entrata in scena di Ginelli, mentre fino al primo incontro fra Halleck e Lemke il racconto era stato eccezionalmente teso e drammatico. Un librone, comunque, anhe se, in ogni caso, Bachman è meno "forte" di Stephen King.
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