Antonio Scurati
M. IL FIGLIO DEL SECOLO
Bompiani
2018, brossurato
844 pagine, 24 euro
L’ho letto con angoscia. Non soltanto perché è tutto vero, ma anche perché si sa già come va a finire. Si assiste al susseguirsi di eventi che avrebbero potuto prendere una piega diversa, se solamente alcuni avessero capito o previsto come sarebbe andata, ma non ne sono stati capaci. “M. Il figlio del secolo”, vincitore del premio Strega 2019 e accolto con straordinario successo di pubblico, non è un vero e proprio romanzo, ma non è neppure un saggio storico o una biografia. L’autore, l’accademico napoletano Antonio Scurati (1969), lo definisce “romanzo documentario”. La M. del titolo è l’iniziale di Mussolini, di cui si racconta l’ascesa al potere in Italia negli anni che vanno dal 1919 al 1924, più o meno dalla fondazione dei “Fasci di combattimento” fino all’ omicidio di Giacomo Matteotti. Non è solo del duce che si parla ma, attraverso di lui, si descrivono le figure di molti altri personaggi: Matteotti, appunto, ma anche Gabriele D’Annunzio, Filippo Turati, Italo Balbo, Amerigo Dùmini, Nicola Bombacci, Luigi Facta, solo per citare alcuni dei protagonisti di quel tragico quinquennio. Tragico perché insanguinato da inauditi atti di violenza che lo Stato assente e incapace non seppe e non volle fermare. Nonostante la vittoria, la Prima Guerra Mondiale aveva lasciato ferite e strascichi. Da una parte gli interventisti, i reduci, gli Arditi, dall’altra parte quelli che giudicavano il conflitto appena concluso un massacro voluto dalle grandi potenze e auspicavano una rivoluzione russa anche in chiave italiana. Mussolini, un tempo socialista, era diventato interventista e per questo allontanato dai suoi compagni, finendo per fondare, nel 1914, un suo giornale, “Il popolo d’Italia”, a sostegno appunto dell’intervento in guerra, prima, e delle proprie ambizioni politiche, poi. Socialisti e fascisti arrivarono a scontrarsi frontalmente armi alla mano, senza che nessuno ponesse un freno alle violenze, alle vendette, ai raid. In breve prevalsero i fascisti, forgiati dalla guerra, cultori della forza, armati e addestrati, che si scatenarono in una impressionante serie di fatti di sangue: pestaggi, torture, omicidi (il prete Don Minzoni, il sindacalista Spartaco Lavagnini, solo per citare due nomi). Colpisce, leggendo “M. Il figlio del secolo”, la sostanziale impunità dei responsabili. La classe politica italiana viene impietosamente messa a nudo nella sua pochezza, incapacità, irresponsabilità: se Mussolini poté proporsi come l’uomo forte di cui l’Italia aveva bisogno è perché aveva a che fare con degli inetti. Scurati dedica ogni capitolo a un personaggio, una data e un luogo: narra gli eventi con piglio giornalistico, li segue come con una telecamera, non fa invettive o trancia giudizi: descrive come se i fatti accadessero sotto i nostri occhi. Spesso è M. il protagonista, pedinato anche nelle stanze da letto con le sue tante amanti (quella con più spessore, che emerge per intelligenza e dedizione, è Margherita Sarfatti). A supporto dei capitoli, estratti di articoli di giornale e di lettere. Leggendo si resta avvinti (e agghiacciati), e viene spontaneo rivedere in certi fatti sinistre analogie con la situazione dei giorni nostri.
M. IL FIGLIO DEL SECOLO
Bompiani
2018, brossurato
844 pagine, 24 euro
L’ho letto con angoscia. Non soltanto perché è tutto vero, ma anche perché si sa già come va a finire. Si assiste al susseguirsi di eventi che avrebbero potuto prendere una piega diversa, se solamente alcuni avessero capito o previsto come sarebbe andata, ma non ne sono stati capaci. “M. Il figlio del secolo”, vincitore del premio Strega 2019 e accolto con straordinario successo di pubblico, non è un vero e proprio romanzo, ma non è neppure un saggio storico o una biografia. L’autore, l’accademico napoletano Antonio Scurati (1969), lo definisce “romanzo documentario”. La M. del titolo è l’iniziale di Mussolini, di cui si racconta l’ascesa al potere in Italia negli anni che vanno dal 1919 al 1924, più o meno dalla fondazione dei “Fasci di combattimento” fino all’ omicidio di Giacomo Matteotti. Non è solo del duce che si parla ma, attraverso di lui, si descrivono le figure di molti altri personaggi: Matteotti, appunto, ma anche Gabriele D’Annunzio, Filippo Turati, Italo Balbo, Amerigo Dùmini, Nicola Bombacci, Luigi Facta, solo per citare alcuni dei protagonisti di quel tragico quinquennio. Tragico perché insanguinato da inauditi atti di violenza che lo Stato assente e incapace non seppe e non volle fermare. Nonostante la vittoria, la Prima Guerra Mondiale aveva lasciato ferite e strascichi. Da una parte gli interventisti, i reduci, gli Arditi, dall’altra parte quelli che giudicavano il conflitto appena concluso un massacro voluto dalle grandi potenze e auspicavano una rivoluzione russa anche in chiave italiana. Mussolini, un tempo socialista, era diventato interventista e per questo allontanato dai suoi compagni, finendo per fondare, nel 1914, un suo giornale, “Il popolo d’Italia”, a sostegno appunto dell’intervento in guerra, prima, e delle proprie ambizioni politiche, poi. Socialisti e fascisti arrivarono a scontrarsi frontalmente armi alla mano, senza che nessuno ponesse un freno alle violenze, alle vendette, ai raid. In breve prevalsero i fascisti, forgiati dalla guerra, cultori della forza, armati e addestrati, che si scatenarono in una impressionante serie di fatti di sangue: pestaggi, torture, omicidi (il prete Don Minzoni, il sindacalista Spartaco Lavagnini, solo per citare due nomi). Colpisce, leggendo “M. Il figlio del secolo”, la sostanziale impunità dei responsabili. La classe politica italiana viene impietosamente messa a nudo nella sua pochezza, incapacità, irresponsabilità: se Mussolini poté proporsi come l’uomo forte di cui l’Italia aveva bisogno è perché aveva a che fare con degli inetti. Scurati dedica ogni capitolo a un personaggio, una data e un luogo: narra gli eventi con piglio giornalistico, li segue come con una telecamera, non fa invettive o trancia giudizi: descrive come se i fatti accadessero sotto i nostri occhi. Spesso è M. il protagonista, pedinato anche nelle stanze da letto con le sue tante amanti (quella con più spessore, che emerge per intelligenza e dedizione, è Margherita Sarfatti). A supporto dei capitoli, estratti di articoli di giornale e di lettere. Leggendo si resta avvinti (e agghiacciati), e viene spontaneo rivedere in certi fatti sinistre analogie con la situazione dei giorni nostri.
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