Tito Faraci
SPIGOLE
Feltrinelli
brossurato, 2020
200 pagine, 16.50 euro
"Tutti i fatti, i luoghi e i personaggi di questo romanzo sono inventati. Anche quelli reali", ammonisce l'avvertenza. Impossibile però non riconoscere in Ettore Lisio, lo sceneggiatore di fumetti protagonista del racconto, lo stesso Tito Faraci, così come nel Ranger che lo ossessiona non si può non vedere Tex Willer e nel Boss l'editor bonelliano Mauro Boselli. Se non altro, Roberto Recchioni (il "fighetto romano") è rimasto Roberto, come Mauro Marcheselli era rimasto Mauro in "Non è successo niente" di Tiziano Sclavi, un altro romanzo che parla del mestiere di scrivere fumetti raccontando fatti quasi veri e quasi cambiando solo i nomi dei personaggi, e che viene subito in mente come pietra di paragone. Paragone del resto impossibile al cento per cento perché "Spigole" è tutt'altro, più leggero e meno angosciante, come del resto si può ben immaginare solo pensando alla diversa personalità dei due autori, Sclavi e Faraci, appunto. Ma paragone possibile per certi aspetti, quali gli aspetti nevrotici del mestiere di scrivere (e del "dover" scrivere), lo scenario milanese, il bere troppo, gli aneddoti di vita vissuta trasformati in capitoli del libro, i sassolini tolti dalle scarpe. Ettore Lisio è talmente stressato dalla quotidianità del suo lavoro creativo per un fumetto seriale da desiderare ardentemente cambiare attività e aprire, perché no, una pescheria. Un radicale mutamento di prospettiva. In più, impedendo che chiuda una storica rivendita di pesce sui Navigli, e dunque contribuendo a conservare l'identità della zona a cui Ettore (al pari di Faraci) si sente legatissimo. Consultatosi con il suo gruppetto di amici fidati che sono una sorta di famiglia (Ettore è vedovo e cresce da solo una figlia), lo sceneggiatore si decide a telefonare ai proprietari del negozio. E qui, la storia prende una piega noir. Anzi, si trasformare il un mezzo giallo. Quantomeno, la trama si fa avventurosa, entrano in ballo dei malviventi, una ragazza maltrattata, delle indagini da svolgere: il tutto, però, non diventa mai del tutto drammatico. Resta fumetto un un thriller brillante, come del resto nelle corde dell'autore, uno che non delude mai. Gradevole, ilare, con qualche scena da telefilm e qualche altra da sit-com, si legge tutto d'un fiato e vien da pensare che più che un film, si potrebbe trarne un fumetto. "Giuli Bai", di Berardi & Milazzo, c'è già, ma lo spazio non manca, sui Navigli.
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