sabato 31 agosto 2024

LA PICCOLA OMBRA

 

 


All'inizio del mese di luglio 2024 è uscito lo Zagor n° 708 (Zenith 759), intitolato "Verdetto finale". Potete leggere il mio commento cliccando sul titolo (colorato). Se lo farete, fra le altre cose troverete scritto:
 
nella seconda parte dell'albo è contenuta una avventura breve e autoconclusiva, di 46 pagine, intitolata "La piccola ombra", da me sceneggiata per Fabrizio De Fabritiis. Di questa avventura parleremo prossimamente in un post apposito.

Poiché ogni promessa è debito, eccomi appunto a parlarvene. Ma dato che a una storia breve si addice un commento breve, per una disamina più lunga vi rimando alla recensione di Marco Corbetta pubblicata sul blog “Zagor e altro”.


Da parte mia, comincio con il riportare le parole con cui io stesso ho presentato “La piccola ombra” nella rubrica “I tamburi di Darkwood” a pagina 4 dell’albo Zenith 759:
 
“Verdetto finale” è caratterizzato dall’esordio sulla Collana Zenith di Fabrizio De Fabritiis, classe 1974, pescarese di nascita e novarese di adozione, con una poliedrica e multiforme attività nel curriculum, appartenente allo staff di Dragonero ma già visto alle prese con lo Spirito con la Scure nel 2022, con una storia della serie “I racconti di Darkwood” apparsa sul n° 5 di “Zagor Più”. Fabrizio è noto anche con il soprannome di “disegnatore esplosivo”, come lo chiamano i suoi numerosi ammiratori, e guardando le sue tavole da pagina 52 in poi si può capire anche il perché, visto come scardina le tradizionali tre strisce della cosiddetta “gabbia” bonelliana in funzione dell’efficacia narrativa di un racconto di comunque soltanto quarantasei pagine. Non è la prima volta che, nella nostra collana, dopo la conclusione di una storia lunga ne viene inserita una breve per completare un albo: basterà ricordare i precedenti di “Natale calibro 45” (sullo Zagor n° 54) e di “Puerto Juarez” (sul n°99).  
 
Fabrizio De Fabritiis

 

Ora, il talento di Fabrizio è indiscutibile, come dimostra l'illustrazione in apertura (e chi lo discute, evidentemente, offre motivo di discussione sulla propria capacità di giudizio, poi si sa che c’è chi dice che la Terra sia piatta), e sono stati innumerevoli gli apprezzamenti sulla sua opera giunti in redazione. L’eco di qualche voce critica mi è giunta solo riguardo allo “scardinamento” della gabbia bonelliana: c’era proprio bisogno di uscire dal seminato? Per sapere come la penso io riguardo alla gabbia a tre strisce basta recuperare un mio articolo pubblicato su questo blog nel 2011

perciò non sussistono dubbi al riguardo. Tuttavia, De Fabritiis ha usato una impaginazione libera delle vignette zagoriane non per un suo bizzarro ghiribizzo, ma per una mia precisa richiesta. Il che lo affranca da ogni responsabilità. Lui saprebbe disegnare benissimo anche dentro la tavola canonica. E perché io gli ho fatto una richiesta del genere? Bizzarro ghiribizzo mio? La risposta dovrebbe essere immediatamente deducibile rendendosi conto che si tratta di una storia di poco più di quaranta tavole e ricordando che esiste una serie nella serie intitolata “I racconti di Darkwood” (pubblicata prima sui Maxi e adesso su Zagor Più) costituita appunto da episodi di quaranta pagine. A parte la brevità, la caratteristica principale di questo format è la libertà di impaginazione grafica concessa a disegnatori per lo più ospiti volta a dimostrare come le avventure dello Spirito con la Scure possano venire narrate anche con tecniche narrative diverse, in funzione (naturalmente) di ciò che si intende raccontare e delle emozioni che si desiderano suscitare. Abbiamo potuto pubblicare storie molto apprezzate (una su tutte, “Brezza di Luna” illustrata, fuori da ogni gabbia, da Lola Airaghi). 
 
 
 
E’ evidente a tutti (tranne ai detrattori) che, essendo rimasta fino all’ultimo l’incertezza sulla lunghezza della storia con il ritorno di Supermike disegnata da Marco Verni (che cercava di battere il record precedente dell’avventura più lunga), si è trattato di dover riempire con un episodio breve, ma di una brevità “su misura”, la parte restante di “Verdetto finale” (come Guido Nolitta aveva fatto con i già citati casi di “Natale Calibro 45” e “Puerto Juarez”). Quindi, “La piccola ombra” è un “racconto di Darkwood” dirottato sulla Collana Zenith. Ecco spiegata l’insolita impaginazione. Che è insolita soltanto per Zagor, perché poi su Dylan Dog o Nathan Never da anni la libertà è la norma. E' la norma persino sui cartonati "alla francese" di Tex.
 
Peraltro, i lettori giungevano alle tavole di De Fabritiis dopo ben 518 pagine di  Verni, cioè disegnate con lo stile più classico possibile. Avendo goduto della “gabbia” nel suo massimo splendore per sei mesi di fila, lamentarsi di 46 tavole fuori dall’ordinario mi sembra proprio strambo. Però, c’è chi si lamenta del tappo delle bottiglie di plastica che non si stacca, dunque non c’è da meravigliarsi di nulla. Che poi, gabbia o non gabbia, l’unico punto della questione dovrebbe essere: la vicenda narrata da “La piccola ombra” è, pur nella sua brevità, interessante? Suscita una qualche emozione? Oppure no? Per quanto mi riguarda, Fabrizio l’ha narrata benissimo. Ognuno, poi, risponda come crede.




sabato 24 agosto 2024

MAESTRI DEL PENSIERO E DELLA PAROLA

 


 
Georg Popp
MAESTRI DEL PENSIERO E DELLA PAROLA
Fratelli Fabbri Editori
1961, cartonato
90 pagine

Tra i libri per ragazzi di una volta c’erano, oltre ai romanzi ritenuti adatti a loro (a volte anche equivocando), quelli edificanti o educativi destinati ad avvicinare i più giovani alle grandi figure o ai grandi fatti della storia. Le basi della mia personale  conoscenza della mitologica greca risalgono, per esempio, alla lettura fatta durante le elementari di “Storia delle storie del mondo” di Laura Orvieto, un libro scritto nel 1911 e ininterrottamente ristampato. La collana “I grandi personaggi del mondo” dei Fratelli Fabbri proponeva brevi biografie di esploratori (“Uomini alla scoperta della Terra”), scienziati (“Uomini al servizio della scienza”), musicisti (“Creatori di melodie eterne”), artisti (“Maestri dell’arte”). Ho recuperato su una bancarella “Maestri del pensiero e della parola”, tradotto dal tedesco e pubblicato in Italia nel 1961, attirato dal buono stato di conservazione e dalla nostalgia per quel tipo di produzione ben rilegata che veniva proposta ai nipoti dagli zii o dai nonni come regalo di Natale, compleanno, prima comunione e cresima. Ricordo che a me piaceva molto ricevere regali del genere, che preferivo ai calzini o alle maglie. Ad attirarmi ha contribuito anche la copertina di Alessandro Biffignandi (autore anche delle illustrazioni interne), che poi sarebbe diventato celebre anche per le cover del sexy pocket della Edifumetto di Renzo Barbieri. Di chi parla il libro? Di nove caposaldi della filosofia e della letteratura, a ciascuno dei quali viene dedicato un ritratto biografico (proposto in modo laico e tutto sommato corretto, pur se didascalico adatto a lettori giovanissimi) e un racconto che narra un particolare episodio della sua vita (in cui è evidente l’intento agiografico teso a suscitare ammirazione verso la figura di cui si parla). Si parte con Socrate, Platone e Aristotele, dei quali si compendia il pensiero filosofico in modo limitato ma accattivante, per passare poi a Dante Alighieri e, strano ma vero (visto che non è il primo nome che viene in mente), Giambattista Vico. Ci sono poi quattro scrittori stranieri, indicati all’italiana come Michele De Cervantes, Guglielmo Shakespeare, Giovanni Volfango Von Goethe, Giovanni Cristiano Andersen (anche in quest'ultimo caso ci si chiede il motivo della scelta). La lettura è divertente e briosa, alcuni aneddoti mi erano sconosciuti (come quello di Platone ridotto in schiavitù dal tiranno siracusano Dionigi), di altri viene da interrogarsi circa il perché si sia deciso di narrarlo (come la vicenda del cane di Aubry che Goethe non voleva far salire sul palcoscenico del teatro di Weimar). Del resto, però, qualcuno di voi si starà interrogando sul perché io abbia sentito il bisogno di scrivere questa recensione (così come io mi interrogo sul perché voi la stiate leggendo).


lunedì 19 agosto 2024

L’ALBERGO DEI FANTASMI



Wilkie Collins
L’ALBERGO DEI FANTASMI
I Classici del Giallo Mondadori
1990, brossura
176 pagine, 5000 lire

Confesso la mia passione per i giallisti d’epoca. Non disdegno i moderni e i conremporanei, ma prediligo quelli attivi nella prima metà del secolo scorso. Wilkie Collins è ancora più datato. Nato nel 1824 e morto nel 1889, fu addirittura grande amico e collaboratore di Charles Dickens.  “L’albergo dei fantasmi”, noto anche come “L’albergo stregato” (The Hounted Hotel), è del 1879. Ma c’è  qualcosa per cui Collins viene soprattutto ricordato, ed è il tenebroso romanzo (di grandissimo successo) “La pietra della luna”, del 1868, che secondo T. S. Eliot è stato “Il primo e il più grande romanzo poliziesco inglese, un genere scoperto da Collins, non da Poe”. G. K. Chesterton, del resto, lo definì “il miglior romanzo poliziesco mai scritto” (almeno fino a quel momento). Comunque sia, un caposaldo. Proprio in ragione della fama dell’autore (la cui biografia riserva non poche sorprese), ho recuperato una vecchia edizione nei Classici del Giallo Mondadori de “L’albergo dei fantasmi” e non sono rimasto deluso. La narrazione, ambientata nel 1860, si svolge in parte a Londra e in parte a Venezia, là dove sorge, appunto, l’Hotel Palace, da poco inaugurato dopo una ristrutturazione tesa a recuperare un antico palazzo fatiscente che era stato pochi mesi prima teatro di una misteriosa scomparsa (quella di un accompagnatore turistico) e di una strana morte (quella del nobile inglese, Herbert Westwick, che lo aveva preso in affitto). Una delle stanze dell’albergo sembra infestata da oscure presenze che si manifestano con spettrali apparizioni, incubi e malesseri che colpiscono chi vi trascorre la notte, esalazioni di cattivi odori. La trama gialla (che fine ha fatto la persona scomparsa? Davvero il nobile che questi accompagnava è morto per malattia? Che senso hanno i suoi strani comportamenti di Herbert Wickwick precedenti al trapasso?) si intreccia con una storia d’amore che sembra uscita da un romanzo di Jane Austen (con una rigida suddivisione in classi della società) o di Charles Dickens. Non c’è un investigatore, ma due forti protagoniste femminili ben caratterizzate, Agnes Lockwood e la contessa Narona.


martedì 6 agosto 2024

IL PASSATO DI VIVIANE, L'INFERMIERA



 

Filippo Pieri
Cryx
IL PASSATO DI VIVIANE, L'INFERMIERA
Sbam!
2024, brossurato
64 pagine, 10 euro 

Filippo Pieri e Cristiano Cryx Corsani ci consegnano il terzo, divertente libro di Viviane, "Il passato di Viviane, l'infermiera".  Che poi è il prequel del primo, "Viviane, l'infermiera" di cui abbiamo parlato qui (e che aveva una mia prefazione):

https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/2018/07/viviane-linfermiera.html

e quindi precede anche il secondo, "Sulle tracce di Viviane, l'infermiera", recensito invece qui:
Così come la seconda puntata aveva caratteristiche diverse dalla prima (humor amaro e alanfordiano contro commedia sexy soft), questa terza (che cronologicamente precede le altre) è diversa da entrambe, proponendo un intreccio brillante di equivoci e situazioni da sit-com alternate a skeytches e gag slapstick, in un alternarsi di personaggi che vanno e vengono togliendo la scena alla protagonista, Viviane, che pur essendo la primadonna finisce per recitare meno degli altri (il che va benissimo) partecipando però da comprimaria al gioco di squadra. Gli spunti sexy sono ridotti al minimo sindacale, ma ci sono parecchie buone battute e qualche divertente colpo di scena. Mi sono sembrati buffi soprattutto i due investigatori privati Ordigno Belluomo e Dinamitardo Bellino (i cui genitori erano ammiratori  della cantante Mina), che fra i tanti rimandi che si possono rintracciare assomigliano a Smalto & Johnny di Pezzin e Cavazzano.  Filippo Pieri, che da grande non voleva fare il pompiere (ma il fumettaro), e il sodale Cryx, che a un certo punto della vita ha sbagliato bivio trovandosi a lavorare come informatico (come si autoraccontano) si confermano sceneggiatore e disegnatore del dopocena ma con il vantaggio di divertirsi nel potersi sbizzarrire senza vincoli di orario e senza dover timbrare il cartellino.
 
 

giovedì 1 agosto 2024

IL RE DI DARKWOOD



Guido Nolitta
Gallieno Ferri
IL RE DI DARKWOOD
Sergio Bonelli Editore
 2024, cartonato
176 pagine, 27 euro
 
Ci sono storie che non invecchiano mai. Sicuramente, “Zagor racconta…” (1969) è fra queste: un classico evergreen, un capolavoro nei testi come nei disegni.   La prima puntata, su un totale di sei albetti a striscia (in quello che era il formato tipico delle pubblicazioni a fumetti degli anni Cinquanta e Sessanta), apparve in edicola il 10 luglio 1969 proprio con il titolo che serve a identificare tutta la storia. Si trattava del n° 62 della quarta serie della “Collana Lampo”. Seguirono, con cadenza quindicinale, gli episodi “Il demone della vendetta”, “Vento di morte”, “L’orribile verità”, “Zagor entra scena” e “Il re della foresta” (quest’ultimo datato 25 settembre). L’avventura venne poi riproposta sui numeri Zenith Gigante 106 e 107  (1970) e quindi sui numeri 56 e 57 di Zagor Ristampa (1974) e Tutto Zagor (1990). Per ben due volte il racconto è giunto in libreria sottoforma di cartonato a colori, prima con il marchio Cepim (1977) e poi con quello Sergio Bonelli Editore (2016). Il volume che vedete nella foto in apertura rappresenta una terza edizione con una nuova veste grafica e una nuova introduzione, vista la continua richiesta da parte dei lettori. “Il re di Darkwood” narra di come un ragazzo chiamato Patrick Wilding, attraverso una serie di tragici eventi che segnano la sua vita, giunge a vestire i panni dello Spirito con la Scure e a investirsi della missione di portare pace e giustizia nella regione in cui è nato, facendo da peacekeeper fra le varie etnie e comunità che la popolano.
Quando Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli) iniziò a sceneggiare l’avventura per affidarla ai pennelli di Gallieno Ferri, erano passati meno di tre anni dall’uscita in edicola di una storia intitolata “Il passato di Tex” (1966), scritta da suo padre, Giovanni Luigi Bonelli. Il successo era stato tale da convincere il figlio che anche i lettori dello Spirito con la Scure avrebbero apprezzato che venissero svelate le origini del loro beniamino. Anche perché il primo numero della saga del Re di Darkwood, intitolato “La foresta degli agguati” (1961), nulla diceva di cosa avesse portato il personaggio a vestire i panni del giustiziere e come fosse riuscito a farsi considerare un inviato di Manito dai pellerossa. Quando l’eroe dalla casacca rossa compare per la prima volta sulla scena, tutto è già accaduto e ciò che ci viene narrato è solo il suo incontro con Cico. Per otto anni, il folto pubblico zagoriano ha ignorato persino il vero nome del protagonista delle loro avventure preferite.  Va detto che, comunque, “Zagor racconta…” questo nome non lo rivela, e Nolitta si limita al cognome: Wilding. Per scoprire che lo Spirito con la Scure si chiama Patrick bisognerà attendere addirittura il 1995, quando lo si scopre nello Special “Darkwood Anno Zero”.
Nel 2019, in occasione del cinquantennale del classico dei classici di cui ci stiano occupando, sono cominciati a uscire in libreria i sei volumi  (poi pubblicati anche come albi da edicola) della serie “Zagor: le Origini”, in cui le vicende del “Re di Darkwood” sono state raccontate in modo più esteso e analitico, fornendo spiegazioni sulle questioni lasciate in sospeso da Nolitta e Ferri.