mercoledì 9 settembre 2015

LE TIGRI DI MOMPRACEM




LE TIGRI DI MOMPRACEM
di Emilio Salgari
Vallardi
1974, cartonato
366 pagine, 3000 lire 

Si tratta del primo romanzo del ciclo malese, in realtà il secondo se si vuol considerare "I misteri della Jungla Nera" una sorta di prequel: comunque sia, è quello dove compare per la prima volta il personaggio di Sandokan. A seguire, altri nove volumi avrebbero composto la saga, fino all'ultimo intitolato "La rivincita di Yanez". Al suo primo apparire, a puntate sulla rivista "La Nuova Arena", fra il 1883 e il 1884, il racconto aveva come titolo "La tigre della Malesia" e rappresentò una delle primissime prove del narratore. Soltanto nel 1900 uscì in volume con il titolo definitivo. Del resto, il volume successivo si sarebbe chiamato "I pirati della Malesia". 

Davanti alla prosa di Salgari si resta incantati come di fronte alla potenza di un'orchestra sinfonica che esegua una impetuosa e trascinante partitura d'opera lirica. Tutto è formidabile, roboante, turbinoso. I sentimenti, le emozioni, il coraggio, l'ardire, sono potenti. Gli scenari, il mare, le isole, i venti e le tempeste stordiscono per bellezza o per potenza. Sandokan è una sorta di divinità biblica che dispensa premi e punizioni, che pretende e ottiene fedeltà assoluta, che richiede sacrifici umani. La mistica del politicamente corretto è (fortunatamente) di là da venire e il "Capitano" (questo il soprannome dello scrittore) può usare frasi che oggi suonerebbero razziste o usare come eroe un pirata spietato che ha mietuto centinaia di vittime. Tuttavia, la Tigre della Malesia non è un predone assassino, è un vendicatore. L'inglese James Brook, detto "il raja bianco", gli ha sterminato la famiglia, alleato con spagnoli e olandesi, e lo ha spodestato dal trono di un regno del Borneo, di cui era l'erede. Il padre di Sandokan, sovrano di quel reame, si chiamava Kaigadan (lo si saprà nei romanzi che compongono il seguito della saga). Unico scampato alla strage dei suoi famigliari e costretto a fuggire, il principe giura vendetta contro tutti i colonialisti occidentali (da qui il dibattito, assolutamente stupido, se si tratti di un eroe di "destra" o di "sinistra", con argomenti a favore e sfavore dell'una e dell'altra ipotesi). Il suo obiettivo non è vivere da pirata ma riprendersi il suo regno, cosa che avverrà in "Sandokan alla riscossa". 

Strano ma vero, egli non è malese (lo dice nel romanzo) ma indonesiano. Di sicuro non è indiano e dunque non può avere i lineamenti di Kabir Bedi, nonostante ormai tutti lo identifichiamo con quell'aspetto (e va pure bene). Un'altra cosa che si scopre leggendo "Le tigri di Mompracem" è che Marianna, la "Perla di Labuan", la ragazza di cui il pirata si innamora follemente, è nata a Napoli (o quanto meno, in una località del Golfo) da madre italiana e padre inglese. Rimasta orfana in tenera età, è stata affidata a undici anni all'unico parente rimastole, lo zio James Guillonk, che la porta con sé nel Borneo. Colpisce il fatto che, quando Sandokan la vede, lei abbia solo "sedici o diciassette anni". Oggi si tratterebbe di un amore proibito, ma l'adolescenza come la concepiamo noi è frutto del Ventesimo Secolo. "Le tigri di Mompracem" non raccontano imprese di pirateria (se non un breve abbordaggio iniziale) ma del proposito del protagonista di smettere i panni del pirata e ritirarsi a vita privata, abbandonando il suo covo di Mompracem. 

Il romanzo infatti inizia con il desiderio quasi ossessivo di Sandokan di vedere Marianna, la cui bellezza gli è stata descritta, evidentemente con il pur segreto desiderio che capiti quello che poi effettivamente succede: lui si innamora, lei contraccambia. Amore di quelli che sconvolgono le menti, ovviamente, di fronte ai quali non ci sono scogli che possano arginare il mare. Appunto per questo l'eroe non ci fa proprio una bella figura agli occhi di uno che volesse valutarne il comportamento dal punto di vista razionale: pur di incontrare la Perla di Labuan, che ancora non conosce, e dunque per un capriccio, o un proposito balzano, Sandokan provoca la morte di decine di suoi uomini. Poi si incaponisce di rapirla, e anche in questo caso trascina i tigrotti allo sbaraglio inutilmente trattenuto dal fido Yanez, il saggio portoghese che gli fa da braccio destro, che cerca di farlo ragionare, che lo toglie dai guai in cui incautamente l'esaltato "fratellino" si va a cacciare come uno sconsiderato. Tornato a Mompracem con Marianna, si vede attaccato da Lord Guillonk e perde l'isola costretto alla fuga con pochi superstiti. Insomma, l'eroe ha decisamente perso la testa. Da questo punto di vista, il Corsaro Nero è un personaggio deci8samente più maturo. Dopo mille avventure e disavventure, Sandokan riesce comunque a sfuggire allo zio della ragazza, a cui la mostra da nave a nave dicendo: "Guarda mia moglie!" prima che la fuga gli riesca. Sugli ultimi due vascelli rimastigli, dei cento che aveva, il principe fa vela verso il Borneo. Il seguito, nella prossima, tonitruante puntata.

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