EVEREST ALBA DI SANGUE
di Dan Simmons
Fabbri Editori
2013, cartonato
480 pagine, 18 euro
Due premesse prima di parlarne. La prima è che davvero, come scrive Stephen King (il cui giudizio è riportato come slogan in copertina), "Dan Simmons viene da un altro pianeta". Insomma, più o meno qualunque cosa troviate a sua firma, vale la lettura. Simmons è noto come autore di fantascienza ma scrive anche molto altro. In un suo articolo intitolato "La mia carriera di scrittore" e pubblicato come prefazione al suo capolavoro "Hyperion" nella collana "I classici di Urania" (n° 267), l'autore dichiara: "Di me si può dire questo: sono uno scrittore di fantascienza, uno scrittore dell'orrore e uno scrittore punto e basta. Mi rivolgo a tre tipi di pubblico che non si incontreranno mai, e tuttavia ho cercato di presentarli l'uno all'altro perché si scambiassero almeno una stretta di mano". Ecco, "Everest - Alba di sangue" è opera dello scrittore punto e basta. Arriviamo alla seconda premessa. Sono un appassionato di libri sull'alpinismo. Ne ho una discreta collezione, sia quanto a romanzi, sia quanto a saggistica e diaristica, sia quanto a volumi fotografici. Una sottosezione della mia raccolta è dedicata all'Everest e, in particolare, a George Mallory, lo scalatore inglese che per primo, per tre volte, tentò di trovare la via d'accesso alla piramide sommitale del tetto del mondo e poi, nel 1924, scomparve misteriosamente durante l'ultimo tentativo di raggiungere la vetta, insieme al suo compagno d'avventura Sandy Irvine. Il cadavere di Mallory è stato ritrovato, perfettamente conservato, nel 1999 (ed è stato lasciato lì): il ritrovamento non ha permesso di appurare che l'alpinista è morto durante la discesa (aveva in tasca gli occhiali da sole, dunque scendeva con il buio dopo essere partito di mattina), ma non si potuto risolvere il dubbio se abbia o no raggiunto la vetta. Mallory aveva una macchina fotografica che non gli è stata trovata addosso. Dunque era stata presa in consegna da Irvine. E perché uno dà la propria macchina fotografica a un altro? Di solito, è per farsi fotografare. Sulla cima? Il cadavere di Irvine, purtroppo, manca all'appello. Ecco: Dan Simmons immagina una spedizione alpinistica "clandestina" (cioè non registrata negli annali) avvenuta nel 1925. I cinque scalatori (quattro uomini e una donna) sono alla ricerca di due altri alpinisti scomparsi sull'Everest, in circostanze diverse, più o meno nello stesso periodo in cui anche Mallory faceva i suoi ultimi tentativi: un certo lord Percy Bromley e il suo amico Meyer erano lì, per motivi sconosciuti, sulle orme della spedizione inglese, che avevano seguito da lontano. Perché si erano spinti fin lassù, senza neppure essere attrezzati per l'impresa? Cercando le tracce di Bromley e Meyer, l'io narrate Jake Perry e il suo gruppo, guidato dal carismatico Deacon, detto "il Diacono", trovano i cadaveri sia di Mallory che di Irvine, e in tasca di quest'ultimo recuperano la fatidica macchina fotografica. Trovano anche gli scomparsi di cui erano alla ricerca e risolvono il mistero sulla loro presenza sull'Himalaya, legato in un modo che non intendo rivelarvi sia alla leggenda dello Yeti (le cui orme furono fotografate anche da Mallory stesso) sia agli albori del nazismo. Non si tratta però di un romanzo horror, né ci sono elementi fantastici. Tutto è assolutamente realistico. Anzi, il romanzo è documentatissimo dal punto di vista alpinistico: tecniche di arrampicata, difficoltà nella scalata dell'Everest, descrizioni dei passaggi cruciali realmente esistenti, mal di montagna, attrezzatura, Sherpa, c'è tutto. E c'è la ricostruzione del "caso Mallory". Che cosa contiene la macchina fotografica? Per saperlo, dovrete arrivare a pagina 476.
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