TRA I CASTAGNI DELL'APPENNINO
di Marco Aime e Francesco Guccini
UTET
2014, brossurato
160 pagine, 14 euro
Si tratta di un libro intervista che ripercorre la carriera di Francesco Guccini, modenese classe 1940, ma legato in modo molto stretto al paese di Pàvana, sulle montagne pistoiesi, di dove era originario suo padre (la madre invece era di Modena). Proprio a Pàvana si svolge l'intervista di Marco Aime (Torino, 1956), docente di Antropologia Culturale presso l'Università di Genova. Aime raggiunge il borgo in treno, da Bologna, lungo la storica linea Porrettana, e poi riparte scendendo sul versante opposto, fino a Pistoia. Luoghi che conosco molto bene anche io, essendo nato a mia volta da quelle parti (a San Marcello Pistoiese, per la precisione). Come la maggior parte delle interviste raccolte "in diretta" attraverso una registrazione, ci troviamo di fronte a una piacevole conversazione che ha però il difetto di non poter rappresentare un saggio esaustivo: si passano in rassegna dei ricordi senza citazioni puntuali, si raccontano aneddoti, si salta di palo in frasca. Per di più l'intervistatore ha il difetto, tipico di certi appassionati che se sanno più dell'artista stesso, di porre domande lunghissime in cui si fa sfoggio di erudizione, a cui l'intervistato non importa neppure che risponda perché tutto è già stato detto nel quesito. Guccini ascolta evidentemente colpito da tanta fluviale eloquenza e accenna: "sì, certo", o si limita a postillare. Ma non è sempre così, ovviamente e, come dicevo, la conversazione risulta piacevole (piacevolissima, immagino, per cui conosca a menadito l'opera di Guccini - almeno quella musicale, perché ai libri si accenna solo di sfuggita), Molto belle le parti che riguardano l'Appennino e la vita di paese o del tempo che fu. Interessanti gli approfondimenti sugli anni dei Cantautori, e sugli ispiratori di Guccini (Bob Dylan, gli chansonnier francesi). L'artista nota come prima di lui (e degli autori come lui) la canzone italiana fosse ancorata ai temi romantici, poi a un certo punto arrivarono i testi "impegnati". Il cantatore sostiene comunque, credo non a torto, di non avere quasi mai composto liriche "politiche", ma di aver raccontato esperienze di vita, senza sventolare bandiere di partito. Anzi, a un certo punto viene rievocato il "processo proletario" intentato a De Gregori nel 1976, quando nel corso di un concerto al Palalido di Milano il cantautore romano venne contestato e accusato di prendere soldi per cantate. Assurdità di quegli anni, che spinsero Roberto Vecchioni a scrivere "Vaudeville" e lo stesso Guccini a comporre "L'avvelenata". Tra gli aneddoti, uno riguarda un militante di destra che, incontrando il contatore per le strade di Bologna, gli confessò di apprezzare le sue canzoni nonostante la diversità di idee politiche (questo, d'altro canto, mi pare il minimo se si è di buon senso). Fra le cose da sottolineare è come Guccini non ritenga "Dio è morto" una bella canzone (mentre lo sono, secondo lui, "Amerigo",. "Samantha", "Canzone per Anna"), preferisca Bologna a Modena, e ritenga la musica meno importante del testo (ecco, io su questo non sono d'accordo). Ho incontrato personalmente una volta sola Francesco Guccini, in un ristorante, ed è stato gentile nel contraccambiare il mio saluto: mi parve che conoscesse Zagor. Spero di incontrarlo di nuovo.
Bella recensione (da un appassionato "malato" di Francesco Guccini). Sì, penso che conosca Zagor, è un grande appassionato di fumetti e, come penso tu sappia, ne è anche autore, insieme a Bonvi e Magnus, due suoi grandi amici (per non parlare di Guido De Maria).
RispondiEliminaUno "sputo" che mi è particolarmente gradito. :)