Rainer Maria Rilke
LETTERE A UN GIOVANE POETA
Mondadori
1997, brossurato
100 pagine, 6.20 euro
"Le opere d'arte sono di una solitudine infinita, e nulla può raggiungerle meno della critica": uno dei più citati aforismi di Rilke è contenuto proprio in questo piccolo, ma aureo, libretto. Rainer Maria Rilke in realtà si chiamava René, ma si cambiò nome poco più che ventenne per dare un taglio con il passato vista l'infanzia infelice e solitaria che aveva condotto a Praga, dopo essersi trasferito nella più vivace Monaco. Fu solo l'inizio di un irrequieto spostarsi in giro per l'Europa (soggiornò anche in Italia e in Russia prima di stabilirsi in Svizzera) nonostante i pochi mezzi e la salute cagionevole: era deciso però a seguire la sua vocazione artistica e soltanto quella, perciò visse scrivendo nonostante in certi periodi della sua vita, come racconta egli stesso proprio in queste "Lettere a un giovane poeta", non avesse neanche i soldi per comprarsi i suoi libri. Tuttavia, prima l'aiuto di uno zio, poi uno stipendio corrisposto da un editore, gli permisero di essere ciò che voleva e soltanto quello: un poeta. A me è sempre stato simpatico fin da quando mi imbattei alle elementari in una sua poesia sul libro di lettura, "Il risveglio del vento":
Nel colmo della notte, a volte, accade
che si risvegli, come un bimbo, il vento.
Solo, pian piano, vien per il sentiero,
penetra nel villaggio addormentato.
Striscia, guardingo, sino alla fontana;
poi si sofferma, tacito, in ascolto.
Pallide stan tutte le case, intorno;
tutte le querce mute.
Le dieci lettere di Rilke raccolte in questo Oscar sono state tutte indirizzate, tra il 1903 e il 1908, a Franz Faber Kappus, che le ha pubblicate nel 1929 (tre anni dopo la morte del mittente, vittima della leucemia poco più che cinquantenne). Kappus, studente nella stessa accademia militare frequentata (suo malgrado) anche da Rilke, aveva scritto al poeta inviandogli in lettura alcune sue composizioni per averne un giudizio. Rilke gli rispose da Parigi con una garbata missiva che comincia così: "Non posso addentrarmi nella natura dei suoi versi, poiché ogni intenzione critica è troppo lungi da me. Nulla può toccare tanto poco un'opera d'arte quanto un commento critico: se ne ottengono sempre più o meno felici malintesi". Fra il giovane poeta e il più maturo autore nizia una corrispondenza che ha per tema proprio la poesia e che è bellissima da seguire. "Lei mi domanda se i suoi versi siano buoni. Lo domanda a me. Prima lo ha domandato ad altri. Nessuno può darle consiglio o aiuto, nessuno. Non v'è che un mezzo. Guardi dentro di sé. Si interroghi sul motivo che le intima di scrivere; verifichi se esso protenda le radivi nel punto più profondo del suo cuore; confessi a se stesso: morirebbe, se le fosse negato di scrivere?".
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