Jacques Duquesne
MARIA
MARIA
Corbaccio
Prima edizione ottobre 2005
cartonato – 220 pagine - Euro 15,00
“Ritratto della donna più famosa e meno conosciuta della storia”, recita il sottotitolo in copertina. E in effetti nessuna donna più di Maria di Nazareth è stata raffigurata in quadri, mosaici, affreschi, arazzi e sculture; nessuna più di lei ha ispirato i poeti e dato il nome a chiese; nessun nome più del suo si è diffuso sul pianeta, per non parlare della devozione che la porta a essere invocata, esaltata, lodata, pregata in ogni angolo della Terra. Gli aggettivi, i titoli, le litanie si sprecano. Ma sotto la gran massa di fiori con cui è stata ricoperta, chi era davvero Maria e che cosa sappiamo di lei? Incredibilmente, non sappiamo quasi nulla. Nei quattro vangeli (e già bisognerebbe capire perché i Vangeli sono quattro e chi sono i quattro evangelisti, se davvero sono quattro soltanto – nel saggio un po’ se ne ricostruisce il quadro) le frasi attribuite a Maria sono solo sei. Negli Atti degli Apostoli le viene dedicato soltanto un rigo. Non sappiamo chi fossero i suoi genitori (Anna e Gioacchino, la cui festa pure viene festeggiata dalla Chiesa, non sono citati – fanno parte della tradizione apocrifa). Non sappiamo che fine abbia fatto (né che fine abbia fatto Giuseppe). Pare improbabile che fosse sotto la Croce sul Calvario (lo dice solo Giovanni, ma non è una testimonianza certa, essendo peraltro contraddetta dagli altri). Pare anche che non fosse in buoni rapporti con Gesù (che quando le si rivolge, in un paio di occasioni non è neppure tenero con lei). Pare che abbia avuto altri figli oltre Gesù, anzi, a sentire Duquesne è certo (e pare che neppure i fratelli fossero in buoni rapporti con Gesù). Non c’è alcun fondamento testuale sul fatto che Maria fosse stata concepita senza peccato (eppure c’è il dogma dell’Immacolata Concezione), che fosse vergine al concepimento di Gesù (eppure l’aggettivo di “Vergine” è antonomastico), che sia rimasta vergine all’atto del parto e nel resto della vita, che sia stata assunta in cielo. Peraltro, alcune cose cozzano fra loro: se la grandezza di Maria consiste nell’accettazione del suo ruolo, il fatto che sia nata senza peccato originale fa di lei una predestinata senza possibilità di scelta. La verginità poi sembra frutto dell’ignoranza degli antichi sul meccanismo della fecondazione: per secoli, fino ai tempi moderni, gli uomini hanno creduto che le donne non avessero ruolo alcuno nel concepimento, limitandosi a fare da incubatrice. Il maschio deponeva il suo seme nel ventre della donna, e il seme germogliava (frutto dunque del solo corredo genetico maschile). Ma non è così: la donna ci mette metà del patrimonio cromosomico; e se è plausibile la partenogenesi, cioè il fatto che una donna possa restare incinta senza intervento maschile, duplicando i suoi cromosomi, il figlio sarà necessariamente una figlia, cioè femmina. In realtà che la Madonna fosse Vergine, non detto nel Vangelo, è stato stabilito a tavolino almeno trecento anni dopo. Così come frutto dei sofismi dei teologi sono l’Immacolata Concezione e l’Assunzione al Cielo. Peraltro, perfino il concetto di “peccato originale” si deve a Sant’Agostino, cioè nasce alcuni secoli dopo Cristo. Ogni “aggiunta” ai meriti di Maria di Nazareth corrisponde ad altrettanti “bisogni” delle epoche storiche. Alla fine, Carl Gustav Jung nota che con il dogma dell’Assunzione in cielo siamo tornati al culto dell’Antica Dea Madre. Certe figure archetipiche dell’inconscio collettivo non possono scomparire. Il saggio di Duquesne, agile e di coinvolgente lettura, non è né polemico né blasfemo. Non tocca i capisaldi della fede né mette in dubbio che una Maria di Nazareth sia esistita né che sia stata la madre di Gesù, il quale (non lo si nega) può benissimo essere morto sulla croce e resuscitato dopo tre giorni. Il problema è tutto il catafalco di sovrastrutture senza fondamento che nei secoli la devozione (se non il fanatismo) hanno costruito sulla figura della Madonna.
Prima edizione ottobre 2005
cartonato – 220 pagine - Euro 15,00
“Ritratto della donna più famosa e meno conosciuta della storia”, recita il sottotitolo in copertina. E in effetti nessuna donna più di Maria di Nazareth è stata raffigurata in quadri, mosaici, affreschi, arazzi e sculture; nessuna più di lei ha ispirato i poeti e dato il nome a chiese; nessun nome più del suo si è diffuso sul pianeta, per non parlare della devozione che la porta a essere invocata, esaltata, lodata, pregata in ogni angolo della Terra. Gli aggettivi, i titoli, le litanie si sprecano. Ma sotto la gran massa di fiori con cui è stata ricoperta, chi era davvero Maria e che cosa sappiamo di lei? Incredibilmente, non sappiamo quasi nulla. Nei quattro vangeli (e già bisognerebbe capire perché i Vangeli sono quattro e chi sono i quattro evangelisti, se davvero sono quattro soltanto – nel saggio un po’ se ne ricostruisce il quadro) le frasi attribuite a Maria sono solo sei. Negli Atti degli Apostoli le viene dedicato soltanto un rigo. Non sappiamo chi fossero i suoi genitori (Anna e Gioacchino, la cui festa pure viene festeggiata dalla Chiesa, non sono citati – fanno parte della tradizione apocrifa). Non sappiamo che fine abbia fatto (né che fine abbia fatto Giuseppe). Pare improbabile che fosse sotto la Croce sul Calvario (lo dice solo Giovanni, ma non è una testimonianza certa, essendo peraltro contraddetta dagli altri). Pare anche che non fosse in buoni rapporti con Gesù (che quando le si rivolge, in un paio di occasioni non è neppure tenero con lei). Pare che abbia avuto altri figli oltre Gesù, anzi, a sentire Duquesne è certo (e pare che neppure i fratelli fossero in buoni rapporti con Gesù). Non c’è alcun fondamento testuale sul fatto che Maria fosse stata concepita senza peccato (eppure c’è il dogma dell’Immacolata Concezione), che fosse vergine al concepimento di Gesù (eppure l’aggettivo di “Vergine” è antonomastico), che sia rimasta vergine all’atto del parto e nel resto della vita, che sia stata assunta in cielo. Peraltro, alcune cose cozzano fra loro: se la grandezza di Maria consiste nell’accettazione del suo ruolo, il fatto che sia nata senza peccato originale fa di lei una predestinata senza possibilità di scelta. La verginità poi sembra frutto dell’ignoranza degli antichi sul meccanismo della fecondazione: per secoli, fino ai tempi moderni, gli uomini hanno creduto che le donne non avessero ruolo alcuno nel concepimento, limitandosi a fare da incubatrice. Il maschio deponeva il suo seme nel ventre della donna, e il seme germogliava (frutto dunque del solo corredo genetico maschile). Ma non è così: la donna ci mette metà del patrimonio cromosomico; e se è plausibile la partenogenesi, cioè il fatto che una donna possa restare incinta senza intervento maschile, duplicando i suoi cromosomi, il figlio sarà necessariamente una figlia, cioè femmina. In realtà che la Madonna fosse Vergine, non detto nel Vangelo, è stato stabilito a tavolino almeno trecento anni dopo. Così come frutto dei sofismi dei teologi sono l’Immacolata Concezione e l’Assunzione al Cielo. Peraltro, perfino il concetto di “peccato originale” si deve a Sant’Agostino, cioè nasce alcuni secoli dopo Cristo. Ogni “aggiunta” ai meriti di Maria di Nazareth corrisponde ad altrettanti “bisogni” delle epoche storiche. Alla fine, Carl Gustav Jung nota che con il dogma dell’Assunzione in cielo siamo tornati al culto dell’Antica Dea Madre. Certe figure archetipiche dell’inconscio collettivo non possono scomparire. Il saggio di Duquesne, agile e di coinvolgente lettura, non è né polemico né blasfemo. Non tocca i capisaldi della fede né mette in dubbio che una Maria di Nazareth sia esistita né che sia stata la madre di Gesù, il quale (non lo si nega) può benissimo essere morto sulla croce e resuscitato dopo tre giorni. Il problema è tutto il catafalco di sovrastrutture senza fondamento che nei secoli la devozione (se non il fanatismo) hanno costruito sulla figura della Madonna.
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