venerdì 28 agosto 2015

LE GANG DI NEW YORK





LE GANG DI NEW YORK
di Herbert Asbury
Garzanti
brossura, 2001
425 pagine, 10 euro


Una scritta in copertina avverte che si tratta del libro "che ha ispirato il film di Martin Scorzese", ed è vero. Però, va detto subito che non si tratta di un romanzo. E' un saggio. Estremamente avvincente, ma è un testo che oggi leggiamo come un libro di storia ma che quando fu scritto, nel 1927, raccontava quasi fatti di cronaca, tant'è vero che l'ultimo capitolo, il sedicesimo, intitolato "La scomparsa dei gangster" si conclude raccontando l'uccisione di un certo Little Augie, avvenuta il 16 ottobre di quello stesso anno. Le fonti che Asbury (uno dei più grandi giornalisti americani del secolo scorso, morto nel 1963) cita sono quasi tutte articoli di giornale e archivi di tribunali e della polizia. La parte più interessante, almeno per il sottoscritto, è comunque quella che racconta della prima metà dell'Ottocento, partendo in realtà dal riempimento del Collect (uno stagno che sorgeva alla periferia nord della New York di fine Settecento) su cui furono in pratica costruiti i Five Points. L'edificio simbolo è la Old Brewery, una fabbrica di birra dismessa che divenne il più celebre caseggiato della storia della città, lo stesso che si vede all'inizio del film di Scorsese, nelle cui viscere (un tempo depositi e magazzini) vivevano centinaia di persone stipate in condizioni di abbrutimento. La descrizione che Asbury fa, citando testimoni dell'epoca, della realtà quotidiana delle strade circostanti è impressionante. Chi legge il libro e poi si rivede il film riconosce mille particolari raccontati dall'autore, dal poliziotto che appende l'orologio a un palo della piazza certo di ritrovarlo (ma solo perché è colluso con i malavitosi), ai pompieri che lottano fra di loro invece di spegnere gli incendi, alla donna con i denti limati e fatti aguzzi che strappa gli orecchi a morsi e ne fa trofei sotto spirito, al bruto con la mazza su cui sono incise tante tacche quante sono state le sue vittime. La regola era che qualcosa apparteneva a qualcuno solo finché costui era in grado di difendersela, chi gliela portava via non commetteva una ingiustizia, dimostrava solo di essere più forte o più furbo. Impressionante anche la parte in cui si racconta della rivolta popolare conseguente alla coscrizione obbligatoria durante gli anni della Guerra Civile. 420 pagine che non lasciano indifferenti: certe atrocità sembrano medievali, ma risalgono davvero a un battito di ciglia fa.

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