giovedì 8 dicembre 2016

L'ERBA DELLE NOTTI



L'ERBA DELLE NOTTI
di Patrick Modiano 
Einaudi
2014, cartonato
140 pagine, 18 euro

Lo scrittore francese Patrick Modiano (classe 1945) è stato insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 2014: questo, purtroppo, è il suo più evidente limite. Lo etichetta cioè per quel che sicuramente è, vale a dire come un grande autore, ma noioso. Quando si tratta di romanzieri, non credo si possa vincere il Nobel senza essere pallosi, non c'è nulla da fare. A Stephen King, per esempio, non lo daranno mai. Se Modiano non fosse stato un autore in grado di interessare gli svedesi, e si fosse limitato a scrivere thriller, "L'erba delle notti" (2012) gli sarebbe riuscito benissimo (almeno ai miei occhi, beninteso). Perché, in effetti, si tratta di un perfetto noir. Jean, io narrante ormai anziano, cerca di ricostruire, sulla scorta della memoria e di una serie di appunti scritti su dei taccuini, fatti accaduti alcuni decenni prima. I suoi ricordi sono confusi, e ruotano attorno a una donna misteriosa, Dannie, conosciuta per caso nella Parigi degli anni Sessanta ed entrata per pochi mesi nella sua vita per poi scomparire senza che Jean abbia potuto intessere con lei una storia d'amore (nonostante lui se ne sia invaghito), né gli sia stato possibile capire chi fosse realmente. Dannie lo mette n contatto con una serie di personaggi equivoci, francesi e marocchini (Gérard Marciano, Paul Chastagnier, Aghamouri, Duwelz, Georges), di cui non sono chiare le attività: tutto è fumoso, come se tramassero qualcosa di illegale e di pericoloso, ma Jean non riesce a venirne a capo, forse anche a causa della sua giovane età che lo rende un po' ingenuo. Che ci siano dietro loschi intrighi è chiaro quando Jean viene interrogato da un poliziotto, Langlais, che gli chiede conto delle sue frequentazioni. Il giovane esce comunque quasi subito dalle indagini perché gli investigatori capiscono la sua estraneità. Presente e passato si mescolano di continuo, ed è a mezza strada che Langlais, ormai andato in pensione, consegna a Jean il fascicolo con i documenti dell'inchiesta incompleta e ormai archiviata. Per l'io narrante esaminare quei fogli è come leggere la vita di un altro: quasi non ci si riconosce perché si accenna a servizi segreti, a un omicidio, a falsi nomi. Alla fine non se ne viene a capo: il velo di nebbia che grava sul passato non si dissolve. Le vicende restano oniriche. Forse Jean è stato utilizzato per qualche motivo, gli è stato dato un ruolo a sua insaputa negli ambienti equivoci che per caso si è trovato a frequentare, Dannie lo ha usato come copertura o chissà che. Qualcosa si chiarisce ma molto resta confuso. Sembra questo il destino della nostra vita: cercare di recuperare ciò che è stato e che abbiamo vissuto senza consapevolezza. La mescolanza tra passato, presente e sogno è tipica della poetica di Modiano, così come la ricostruzione di ambienti malinconici e persi nella memoria. Senza il Nobel, forse l'autore avrebbe potuto concludere il suo romanzo facendo invece chiarezza, e consegnandoci il nome dell'assassino, oltre a descrivere come si deve la vittima, le modalità dell'omicidio, il movente e tutti i retroscena. Invece, alla fine si sbadiglia e ci si rende conto di aver capito ben poco della vicenda. Lo so, sto scrivendo sciocchezze, ma primo non punto al Nobel, secondo vorrei sempre che tutte le storie finissero consegnandomi quelle rassicuranti certezze e tutte le spiegazioni che mancano nella mia vita.

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