Walter Venturi
CAPITAN ITALIA
Cosmo Comics
brossurato, 224 pagine
2019, 19.90 euro
«Ero giovane, sognavo di fare il fumettista e Capitan Italia fu la mia risposta trash ai supereroi americani e ai loro colori sfavillanti. Le mie erano macchiette grottesche che facevano il verso alla politica e alla società italiana degli anni ’90». Così dichiara, in una intervista, Walter Venturi, oggi uno dei più attivi disegnatori dello staff Bonelli, in forza a Zagor ma jolly sempre pronto a prestarsi per ogni necessità ed evenienza, e perciò visto all’opera su un po’ tutte le serie, a partire da Tex. Nel 1995, Walter, classe 1969, aveva 26 anni, un incredibile talento già riconoscibile per quanto da sviluppare, e una straordinaria voglia di disegnare divertendosi. Capitan Italia, un super eroe di casa nostra da lui ideato, viene pubblicato fino al 2000 da una etichetta di autoproduzioni, la Down Comix. Successivamente, sotto il marchio Factory (un’altra casa editrice indipendente) pubblica Lost Kidz, su testi Roberto Recchioni, con il quale collabora anche per le testate Eura John Doe e Detective Dante, prima di approdare in casa Bonelli con Bred Barron e Demian. Quindi, tutto da solo (testi e disegni), realizza un Romanzo a Fumetti dal titolo “Il grande Belzoni”, di 260 tavole che racconta la vita del grande archeologo e avventuriero padovano a cui si devono alcune tra le più grandi scoperte dei primordi dell’egittologia. Visto il suo amore di antica data verso il Re di Darkwood, passa poi a Zagor. Il resto è storia recente.
A venticinque anni di distanza da Capitan Italia, ecco dunque un volume, pubblicato dalla Cosmo Comics, che ne raccoglie tutta la produzione, più una storia inedita di otto tavole. La raccolta permette di seguire il percorso in costante miglioramento (narrativo, grafico, scenografico, tecnico, creativo, emozionale) delle potenzialità già espresse nelle prime tavole, e di ammirare la varietà di stili, adatti di volta in volta alla situazione, con cui il vulcanico disegnatore era ed è in grado di esprimersi. Se l’ideazione del personaggio e buona parte dei testi sono riconducibili allo stesso Venturi, con il crescere della serie (anche dal punto di vista di riscontro di pubblico, nonostante la distribuzione anch’essa indipendente) le ultime tre avventure sono state sceneggiate da Diego Cajelli, Roberto Recchioni e Lorenzo Bartoli. Indubbiamente Capitan Italia nasce sotto l’influsso di un altro fumetto “indy” dei primi anni Novanta, “Il Massacratore”, di Stefano Piccoli, che era la parodia del personaggio Marvel The Punisher, Il Punitore. L’idea era che il Massacratore facesse a pezzi personaggi antipatici al suo autore, tipo Vittorio Sgarbi o Cristina D’Avena. Capitan Italia è invece la parodia di un supereoe spaccatutto generico, un po’ Capitan America, un po’ Iron Man. Nel giro di tre episodi si capisce che si tratta di un cyborg voluto da un misterioso Grande Vecchio, in cui si riconosce perfettamente Giulio Andreotti, per difendere la legalità intesa come ordine costituito. Però il cyborg sfugge al controllo e ne combina di tutti i colori. Nelle vivaci avventure un po’ superoistiche, un po’ grottesche, un po’ splatter, si fa satira politica e sociale e, a rileggerle oggi, ci si ricorda dell’Italia di allora: centri sociali, scontri con la polizia, avvento della TV commerciale, corruzione. Ma il primo avversario fatto a pezzi è un pedofilo, e ci sono delle crudeli punizioni anche per falsi invalidi e chi non paga il pedaggio in autostrada. In due avventure Capitan Italia stermina i supereroi americani, in un altro fa a pezzi i robottoni giapponesi (ma si vede anche una scosciatissima Sailor Muck). Colpisce come il personaggio di Venturi abbia anticipato, per certi versi, Deadpool.
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