domenica 22 maggio 2016

LA VERA STORIA DEL PIRATA LONG JOHN SILVER



LA VERA STORIA DEL PIRATA LONG JOHN SILVER
di Björn Larsson
Iperborea
1998, cartonato
500 pagine

Che dire, se non "straordinario"? La recensione potrebbe finire qui, con un invito (nel vostro interesse) a procurarvi il libro e leggerlo prima possibile. Ma, per dovere di curatore di un blog letterario, ecco qualche annotazione in più. Scritta nel 1995 a bordo di una barca a vela (la "Rustica") da un docente universitario svedese (titolare di una cattedra in letteratura francese) che trascorre in mare tutto il tempo che può, "La vera storia del pirata Long John Silver" è una scommessa azzardata perfettamente vinta. 
L'idea che sostiene il romanzo è audace e intrigante: far raccontare in prima persona a Long John Silver la propria vita (in pratica, pubblicare la sua autobiografia) come se il pirata senza una gamba protagonista de "L'isola del tesoro" fosse davvero esistito. Del resto, lo stesso capolavoro di Robert Louis Stevenson è scritto in prima persona da Jim Hawkins, il mozzo dell'"Hispaniola", e dunque Larsson può compiere la stessa operazione facendo redigere a Silver la propria versione dei fatti. In realtà, ciò che è raccontato nel "Treasure Island" viene dato per scontato: Long John narra ciò che accaduto prima e che ciò che accade dopo. 
La difficoltà dell'operazione è duplice. Innanzitutto, bisognava ricostruire dei fatti che non contraddicessero in niente ciò che Stevenson riferisce del pirata. Dunque Silver doveva conoscere il latino e sostenere conversazioni colte, essersi sposato con una donna di colore di nome Dolores, aver perso una gamba, aver militato nelle ciurme di England (pirata realmente esistito) e di Flint (pirata inventato), dimostrarsi un valente marinaio nonostante la menomazione, manifestare talento e carisma da vendere senza essere mai diventato (o non aver mai voluto diventare) un capitano, non essere un ubriacone né uno scialacquatore di ricchezze (caso più unico che raro nella storia della pirateria), saper ingannare e dissimulare con estrema intelligenza, riuscire a manovrare gli uomini, farsi rispettare e incutere terrore ma non risultare un assassino sconsiderato, rispettare un proprio codice, avere il dono di cavarsela sempre e comunque, e via dicendo. In secondo luogo, a quale scrittore non sarebbero tremate le gambe dovendo reggere il confronto con Stevenson, nel maneggiare un personaggio del genere? 
Larsson riesce nell'impresa e ci consegna un Long John Silver memorabile, a cominciare dal linguaggio con cui si esprime: colto e tagliente, lucido e colorito, in grado di trasmetterci l'ansia di libertà, la voglia di vivere e sopravvivere e il leonino impeto di ribellione (contro le autorità e contro Dio) di un pirata consapevole (anche se non da subito, ma dopo un percorso di crescita) del significato delle sue azioni. Abile con la penna e con la spada, in grado di uccidere a mani nude e con l'inganno, assertore dell'uguaglianza degli uomini nel bene e nel male ma pronto a disprezzare moralisti, ottusi e stupidi, coraggioso e astuto in pari grado, Long John Silver è un assassino in grado di sedurci, esattamente come il pirata di Stevenson riesce a farsi perdonare da Jim Hawkins e a colpire al cuore i lettori dell' "Isola del Tesoro". Larsson, inoltre, rende credibile un pirata letterario: dopo aver studiato a fondo la storia della pirateria, imbastisce una trama che permette di avere un quadro coerente ed esaustivo della vita in mare a cavallo tra Seicento e Settecento, sconvolgendoci per le sofferenze degli equipaggi e la facilità con cui centinaia e centinaia di uomini morivano per le tempeste ma anche e soprattutto per le dure condizioni a bordo delle navi, vessati da comandanti crudeli e sottoposti a regole rigide e alla pena di morte per ogni nonnulla. Non c'è da meravigliarsi se in molti, attaccati dai pirati, passavano dalla parte degli assalitori. Pirati che crepavano come mosche a loro volta, in combattimento, impiccati dopo la cattura, per malattia o per il troppo bere (letteralmente affogati nel rum). 
Di ciò che racconta, Larsson sottolinea la verosimiglianza: giri di chiglia, esecuzioni capitali, ammutinamenti, torture, trasporto di schiavi, contrabbando, arruolamenti forzati, c'è di tutto, ed è tutta storia. Non a caso Long John incontra a Londra lo scrittore Daniel Defoe, impegnato a scrivere la sua monumentale "Storia generale dei pirati": è proprio Silver, spiega Larsson, a fornire all'autore di "Robinson Crusoe" le notizie sui "gentiluomini di ventura" a patto di essere lasciato fuori, di non comparire (nella speranza di evitare la forca il più a lungo possibile). Naturalmente viene svelato come Long John ha perso la gamba, perché venga soprannominato "Barbecue", come mai Flint abbia sepolto il suo tesoro (i pirati non erano usi a farlo), e quindi c'è la parte con Silver vecchio ritiratisi in Madagascar, dove però gli inglesi lo vanno a cercare con la tenacia di un branco di cani da caccia. Il finale lascia con il dubbio che Long John se la possa essere cavata ancora un'ultima volta, prendendo per il naso la marina britannica e tutti noi lettori.

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