L’ARPA D’ERBA
di Truman Capote
Garzanti
Collana Gli Elefanti
1996, brossurato
140 pagine -
lire 14.000
“Se, uscendo dalla città, imboccate la strada della
chiesa, rasenterete di lì a poco una abbagliante collina di pietre candide come
ossa e di scuri fiori riarsi: è il cimitero Battista. Vi sono sepolti i membri
della nostra famiglia, i Talbo, i Fenwick. Mia madre riposa accanto a mio padre
e le tombe dei parenti e degli affini, venti o più, sono disposte intorno a
loro come radici prone di un albero di pietra. Sotto la collina si stende un
campo di saggina, che muta di colore ad ogni stagione; andate a vederlo in
autunno, nel tardo settembre, quando diventa rosso come il tramonto, mentre
riflessi scarlatti simili a falò ondeggiano su di esso ed i venti dell’autunno
battono sulle foglie secche evocando il sospiro di una musica umana di un’arpa
di voci”. Comincia così quello che in quarta di copertina viene definito “il
capolavoro di Capote”. E con le parole di una delle protagoniste, Dolly, si
spiega: “Senti? E’ un’arpa d’erba, che racconta qualche storia. Conosce la
storia di tutta la gente della collina, di tutta la gente che è vissuta, e
quando saremo morti racconterà anche la nostra storia”.
E’ un po’ tutto qui il
senso del breve romanzo: un labile spunto narrativo serve da cornice perché
l’io narrante, il giovane Truman, racconti, saltando da uno all’altro, episodi
di vita vissuta in una noiosa cittadina della campagna americana negli anni fra
le due guerre. Il romanzo stesso, insomma, è l’arpa d’erba che sa la storia di
tutta la gente della collina, e ne narra qualcuna. Orfano di padre e di madre e
affidato a due biscugine, vecchie zitelle, Truman vive nella loro casa finché
Dolly, una delle sorelle, litiga con l’altra, Verena, e si ritira a vivere, per
ripicca, su una vecchia capanna costruita su un albero chissà da chi e chissà
quanto tempo prima. Truman la segue con la governante di colore, Catherine. Al
terzetto si unisce poi qualcun altro bizzarro individuo, e i rifugiati
sull’albero subiscono il ripetuto intervento delle autorità costituite che
vogliono farli tornare a casa. Poi Dolly muore di morte naturale e insomma,
per Truman i pochi giorni trascorsi nella capanna restano il ricordo di una
avventura adolescenziale. Fine della trama. Il resto sono divagazioni, elzeviri
ed esercizi di stile. La noiosa cittadina è davvero noiosa. Capote, secondo la quarta di copertina,
racconta “un destino che si compone di mille frammenti: realtà e sogni
infantili, pettegolezzi e crudeltà di
paese, grandi amori e tragiche passioni”. I grandi amori e le tragiche passioni in realtà non le ho viste, il resto sì, ma va bene così. E’ insomma uno di quei
libri che si leggono, evidentemente, per seguire il fluire della prosa
dell’autore, più che perché intrigati dalla
trama.
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