venerdì 16 novembre 2018

LE CENERI DI ANGELA



Frank McCourt
LE CENERI DI ANGELA
Adelphi
Traduzione di Claudia Valeria Letizia
1996, brossurato
384 pagine -  lire 32.000

L'emozione che si prova leggendo "Le ceneri di Angela"  è enorme. Si tratta sicuramente di uno dei più bei libri che abbia mai letto. Lo scrittore è qui al suo esordio, nonostante nel 1996 avesse 66 anni (sarebbe poi morto nel 2009, dopo aver pubblicato altri due libri, autobiografici al pari del primo, nel 1999 ("Che paese, l'America!") e nel 2005 ("Ehi, prof!"). "Le ceneri di Angela" narra la storia dell' infanzia e dell'adolescenza dello scrittore, dalla nascita fino ai diciotto anni. Tuttavia, per quanto privato, il racconto riesce a essere universale, dando una raffigurazione intensa e coinvolgente di una umanità disperata in anni e in luoghi che sembrano lontanissimi ma sono invece così vicini da sbalordire. Anche se, forse, la disperazione della famiglia McCourt esiste ancora in tutto il mondo, in altre forme e in altri ambienti. Si legge nei risvolti di copertina: "Non capita spesso che la passione, condivisa da innumerevoli lettori, per il libro di uno sconosciuto si manifesti con tanta, travolgente immediatezza". L'autore aveva previsto il piccolo successo di tanti altri libri irlandesi di memorie. Invece il trionfo de "Le Ceneri di Angela" ha travolto ogni più rosea previsione, e meritatamente. Perché la storia di Frank e dei suoi fratelli in una cittadina irlandese degli Anni Trenta è toccante e drammatica, e perché lo stile di McCourt è coinvolgente ed efficace. "Siamo negli anni fra le due guerre - scrive la presentazione - e le travagliate vicende  coinvolgono una famiglia così misera che può guardare dal basso la povertà, fra un padre perennemente ebbro e vociferante contro il mondo e gli inglesi e i protestanti e una madre che sbrigativamente trascina la sua tribù verso la sopravvivenza. Materiale pregiato per ogni sorta di patetismo. E invece qui avviene uno stupendo rovesciamento. Tutto ci arriva attraverso gli occhi e la voce del protagonista mentre vive le sue avventure. Questo ragazzino  indistruttibile, sfrontato, refrattario a ogni sentimentalismo, implacabile osservatore - come solo certi bambini sanno esserlo - crea con le sue parole, con il suo ritmo, un prodigio di comicità e vitalità contagiose, dove tutte le atrocità, pur senza perdere nulla della loro spesso lugubre asprezza, diventano episodi e apparizioni di un viaggio battuto dal vento verso una terra promessa che sarà, nei sogni infantili di quegli anni come in quelli del Karl Rossmann di Kafka, l'America". La comicità a cui si fa cenno io non ce la vedo, ma la vitalità sì. Una vitalità disperata, quella che fa scrivere a McCourt: "Ripensando alla mia infanzia, mi chiedo come sono riuscito a sopravvivere". E poi: "Naturalmente è stata un'infanzia infelice, sennò non ci sarebbe gusto. Ma un'infanzia infelice irlandese è peggio di un'infanzia infelice qualunque, e un'infanzia infelice irlandese e cattolica è peggio ancora. Gente che si vanta o si lamenta delle tribolazioni patite nei primi anni di vita se ne trova dappertutto, ma niente regge il confronto con la versione irlandese: la povertà; il padre alcolizzato, chiacchierone e buono a nulla; la madre pia e derelitta che geme accanto al fuoco. i preti boriosi; i maestri arroganti; gli inglesi e le cose tremende che ci hanno fatto per ottocento lunghi anni. E poi, tutta quell'umidità". Nato a New York da una sveltina fra sua padre e sua madre giovanissimi, entrambi immigrati irlandesi appena conosciutisi, e poi costretti al matrimonio, Frank McCourt è il primo di sette fratelli, di cui tre sono morti per gli stenti e le malattie infettive. I genitori tornarono in Irlanda dopo la morte di una bambina di nome Margareth, per vincere la disperazione della madre che non avrebbe saputo resistere in America senza impazzire. Ma Limerick, dove i McCourt si trasferiscono, si rivela un inferno. Finché, in modo disperato e caparbio, Frank riesce a mettere da parte i soldi per tornare dall'altra parte dell'oceano ad aprirsi nuovi orizzonti di vita. Passando per prove durissime, e temprandosi alla palestra di vita della strada, attraverso i turbamenti provocati da una religione inculcata in modo bigotto e grottesco, la fame mortale, lo sfacelo igienico, la società gretta e asfittica del cattolicesimo irlandese. Il tutto raffigurato in modo estremamente efficace e coinvolgente: impossibile leggere queste pagine senza sentire anche il proprio stomaco strizzato da morsi come di fame, quali quelli provati da Frank e dai suoi fratelli. E che pena quel padre che spende al pub tutti i soli del sussidio di povertà o le poche sterline della paga di quelle rare settimane in cui ha un lavoro. Una foto del 1938 pubblicata all'inizio ci mostra Frank Mc Court a otto anni di età, e ci fa rabbrividire perché spiega come tutto quello che ci è raccontato è terribilmente e tragicamente vero.

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