Milena Agus
MAL DI PIETRE
Nottetempo
2006, 120 pagine
Mentre il film che ne è stato tratto nel 2016 dà un nome alla protagonista (Gabrielle, interpretata da Marion Cotillard), nel romanzo di Milana Agus, del 2006, si parla di lei solo come “la nonna”. Del resto, nel libro non ci sono altri nomi ma solo definizioni come “il nonno”, “il reduce”, “papà”, “la zia”. Vero è che il film non è fedele al testo ma una libera trasposizione ambientata in Francia (la pellicola è infatti francese), mentre la vicenda originaria è sarda, e sarda fino in fondo. Del resto, “Mal di pietre” (pur finalista a Stresa, al Campiello, allo Strega) non ha avuto un successo di vendite paragonabile a quello ottenuto oltralpe. Il romanzo ricostruisce la (fittizia) storia famigliare dell’anonima narratrice, nipote di quella nonna la cui vita, in pratica, fa da asse portante a tutta la narrazione, dagli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale fino ai primi del nuovo millennio. Una nonna davvero strana, forse bizzarra, sicuramente particolare. Ritenuta matta dai parenti, fin da bambina, per i suoi comportamenti sopra le righe ritenuti un disonore per una famiglia di compassati sardi, al punto da far progettare un internamento in manicomio. La nonna scriveva racconti e poesie, dipingeva, manifestava una libido vivacissima, non sapeva tenere la testa bassa e frenarsi, cercava disperatamente l’amore al di fuori delle convenzioni sociali, con il risultato di far fuggire, nonostante il bell’aspetto e le forme procaci, tutti i pretendenti, suoi e delle sorelle (che imparentarsi con una pazza non voleva nessuno). Finché giunge il nonno, un uomo taciturno e paziente, che accetta di sposarla senza amore, come per risolvere la situazione, sua (è rimasto vedovo in seguito al bombardamento di Cagliari) e di lei. Il nonno riesce a farsi volere bene, alla fine. La nonna, per ripicca alla costrizione famigliare, per un po’ rifiuta ogni rapporto sessuale, poi, incuriosita dalle visite del marito alle case chiuse, quasi per gioco si propone di imparare a fare meglio e di più ogni prestazione. Riuscendoci benissimo. Il “mal di pietre”, cioè la calcolosi renale, di cui soffre la nonna, le impedisce di avere figli: un soggiorno in una località termale del continente sembra rimettere le cose a posto, almeno per un po’, e nasce un bambino, futuro musicista (il padre della narratrice). La storia della nonna è immaginata come recuperata dalle annotazioni su un quaderno ritrovato dopo la sua morte: lì è narrata una storia d’amore e di sesso vissuta alle Terme, con un Reduce anche lui in cura presso lo stesso stabilimento. Quanto c’è di vero e quanto di sognato lo si capisce solo alla fine. E’ bello il ritratto di una donna (sensuale, complessa, arabescata) che la Agus riesce a regalarci, inserito in un contesto storico che cambia: prima la Guerra, poi la riforma agraria, l’emigrazione, il boom economico, la trasformazione della società sarda e italiana. Colpiscono le pagine in cui la nonna e il nonno vanno a trovare gli zii emigrati a Milano: li credono ricchi e felici e li scoprono in una soffitta, più poveri di loro. La felicità degli altri è sempre immaginaria.
MAL DI PIETRE
Nottetempo
2006, 120 pagine
Mentre il film che ne è stato tratto nel 2016 dà un nome alla protagonista (Gabrielle, interpretata da Marion Cotillard), nel romanzo di Milana Agus, del 2006, si parla di lei solo come “la nonna”. Del resto, nel libro non ci sono altri nomi ma solo definizioni come “il nonno”, “il reduce”, “papà”, “la zia”. Vero è che il film non è fedele al testo ma una libera trasposizione ambientata in Francia (la pellicola è infatti francese), mentre la vicenda originaria è sarda, e sarda fino in fondo. Del resto, “Mal di pietre” (pur finalista a Stresa, al Campiello, allo Strega) non ha avuto un successo di vendite paragonabile a quello ottenuto oltralpe. Il romanzo ricostruisce la (fittizia) storia famigliare dell’anonima narratrice, nipote di quella nonna la cui vita, in pratica, fa da asse portante a tutta la narrazione, dagli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale fino ai primi del nuovo millennio. Una nonna davvero strana, forse bizzarra, sicuramente particolare. Ritenuta matta dai parenti, fin da bambina, per i suoi comportamenti sopra le righe ritenuti un disonore per una famiglia di compassati sardi, al punto da far progettare un internamento in manicomio. La nonna scriveva racconti e poesie, dipingeva, manifestava una libido vivacissima, non sapeva tenere la testa bassa e frenarsi, cercava disperatamente l’amore al di fuori delle convenzioni sociali, con il risultato di far fuggire, nonostante il bell’aspetto e le forme procaci, tutti i pretendenti, suoi e delle sorelle (che imparentarsi con una pazza non voleva nessuno). Finché giunge il nonno, un uomo taciturno e paziente, che accetta di sposarla senza amore, come per risolvere la situazione, sua (è rimasto vedovo in seguito al bombardamento di Cagliari) e di lei. Il nonno riesce a farsi volere bene, alla fine. La nonna, per ripicca alla costrizione famigliare, per un po’ rifiuta ogni rapporto sessuale, poi, incuriosita dalle visite del marito alle case chiuse, quasi per gioco si propone di imparare a fare meglio e di più ogni prestazione. Riuscendoci benissimo. Il “mal di pietre”, cioè la calcolosi renale, di cui soffre la nonna, le impedisce di avere figli: un soggiorno in una località termale del continente sembra rimettere le cose a posto, almeno per un po’, e nasce un bambino, futuro musicista (il padre della narratrice). La storia della nonna è immaginata come recuperata dalle annotazioni su un quaderno ritrovato dopo la sua morte: lì è narrata una storia d’amore e di sesso vissuta alle Terme, con un Reduce anche lui in cura presso lo stesso stabilimento. Quanto c’è di vero e quanto di sognato lo si capisce solo alla fine. E’ bello il ritratto di una donna (sensuale, complessa, arabescata) che la Agus riesce a regalarci, inserito in un contesto storico che cambia: prima la Guerra, poi la riforma agraria, l’emigrazione, il boom economico, la trasformazione della società sarda e italiana. Colpiscono le pagine in cui la nonna e il nonno vanno a trovare gli zii emigrati a Milano: li credono ricchi e felici e li scoprono in una soffitta, più poveri di loro. La felicità degli altri è sempre immaginaria.
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