Jerome Kapkla Jerome
TRE UOMINI IN BARCA
(PER NON PARLAR DEL CANE)
Feltrinelli
Universale Economica
Brossura, 2013
210 pagine, 8.50 euro
TRE UOMINI IN BARCA
(PER NON PARLAR DEL CANE)
Feltrinelli
Universale Economica
Brossura, 2013
210 pagine, 8.50 euro
E’ dal 1889 che Three Men in a Boat (To Say Nothing of the Dog) fa ridere il mondo (almeno quello occidentale, poi può darsi che arabi, cinesi o polinesiani ridano di cose loro), e io non credo di aver mai letto nulla di più divertente. Sicuramente l’umorista inglese Jerome Kapkla Jerome, (Kapkla è una errata trascrizione anagrafica per Clapp) va considerato tra i benefattori dell’umanità. Nato nel 1859, scomparso nel 1927, in gioventù passò da un impiego all’altro facendo anche l’attore teatrale prima di lavorare come giornalista. Nel 1888 sposò Georgina Stanley Marris (da lui chiamata Ettie), strappandola a un precedente marito (evidentemente meno simpatico di lui), e la portò in una romantica luna di miele lungo il Tamigi risalendo e costeggiando il fiume per alcuni giorni a bordo di una barca a remi. Al ritorno, gli venne l’idea di scrivere una guida turistica per chi avesse voluto fare altrettanto, e propose al suo editore un manuale intitolato “La storia del Tamigi”. Per rendere più accattivanti le descrizioni storico e geografiche, Jerome cominciò però a intervallarle con aneddoti umoristici. L’editore ne fu così divertito che impose all’autore di ridurre al minimo la parte didascalica e dar spazio alla comicità quanto più possibile. “Tre uomini in barca”, insomma, nacque per caso. I tre uomini sono lo stesso Jerome (che narra in prima persona), più due suoi amici, Harris e George, e un fox terrier chiamato Montmorency, protagonista come gli altri a pieno titolo. Tutti e tre gli uomini in barca sono esistiti veramente, così come vengono descritti e caratterizzati: Harris si chiamava in realtà Carl Hentschel, George faceva di cognome Wingrave ed era davvero un impiegato di banca, per qualche tempo coinquilino di Jerome. L’equipaggio parte per una gita in barca risalendo il Tamigi, nonostante nessuno di loro sappia manovrare l’imbarcazione. Alla narrazione dei vari incidenti di percorso si unisce quella di episodi che tornano in mente all’autore, e che costellano il romanzo come divagazioni ricorrenti ed esilaranti. Indimenticabili l’episodio dello zio Podger che appende un quadro, quello dei formaggi trasportati in treno, quello della trota di gesso, quello della canzone comica tedesca. Ma chi potrebbe dimenticare l’incipit del romanzo, con Jerome che, leggendo una enciclopedia medica, scopre di avere, stando ai sintomi, tutte le malattie elencate tranne il ginocchio della lavandaia? L’umorismo di “Tre uomini in barca” non nasce da intrecci farseschi, ma dall'osservazione delle situazioni più comuni e quotidiane. Si può ridere, oggi, di ciò che faceva ridere nel 1889? Sì, perché Three Men in a Boat (To Say Nothing of the Dog) è un’opera senza tempo. Il successo fu immediate, tanto che soltanto in Gran Bretagna il libro vendette un milione e mezzo di copie. Nel 1900 Jerome pubblicò un sequel, “Tre uomini a zonzo” (Three Men on the Bummel), in cui si narra di un’altra vacanza del terzetto che aveva risalito in Tamigi, questa volta però in bicicletta (senza il cane) in giro per la Germania.
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