lunedì 6 gennaio 2025

NOVE

 
 

 
Marco Ciardi
NOVE
Il Mulino
2024, brossurato
184 pagine, 14 euro

Il già ricco elenco dei titoli pubblicati da Marco Ciardi si arricchisce di questo aureo libretto, gradevolissimo da leggere, stuzzicante per curiosità e informazioni, emozionante per la quantità di ricordi condivisi in cui io e quelli che mi assomigliano finiamo per riconoscerci. Professore di Storia della Scienza all’Università di Firenze, saggista e divulgatore, appassionato di fumetti, Ciardi si inserisce, con il suo “Nove”, in una collana curata da Umberto Bottazzini intitolata “Storie di Numeri”, in cui ogni volume è affidato a un diverso autore che sceglie un numero su cui dire qualunque cosa voglia. Il teologo Gianfranco Ravasi si occupa, non a caso, del tre, il chimico e giallista Marco Malvaldi del dodici, giusto per fare degli esempi. Per quanto la numerologia colleghi il nove al tre (tre per tre fa nove) e dunque alla Trinità, Ciardi non se ne occupa per motivazioni mistiche o religiose. “L’idea di attribuire delle proprietà ai numeri, pur se caratterizzata da una nobile tradizione (che giustamente va studiata e compresa dal punto di vista storico), non ha alcun valore scientifico”, spiega l’autore. Quali sono dunque i collegamenti di “Nove” con gli argomenti indicati dal sottotitolo “storie di sport e fumetti, musica e scienza”? Il primo nasce dalla passione per il calcio: “sono sempre stato un numero 9”, rivela il prof, facendoci scoprire una militanza non occasionale nella squadra del Firenze Ovest e un certo numero (superiore a nove) di reti segnate. L’aneddotica personale di Ciardi sfocia però in una ricostruzione storica del come e del perché il 9 fosse (una volta) quello del centravanti, fino alla rievocazione delle partite della (sua e nostra) vita e delle figure dei giocatori più significativi con addosso quella maglia. Riguardo alla musica, due diversi capitoli sono dedicati a “Revolution 9”, la meno beatlesiana delle canzoni dei Beatles (contenuta nel nono, guarda caso, album della band, “The White Album”) e alla Nona di Beethoven, con un condivisibile rimpianto per la riproduzione HI-FI su impianti che oggi sono sostituiti da auricolari collegati allo smartphone. Si giunge poi alla “nona arte”, quella del fumetto, con tutta una serie di ricordi legati all’importanza che avevano i comics nella vita (e nella crescita) dei ragazzi di un tempo, quando venivano considerati spazzatura ed erano snobbati dagli intellettuali, salvo poi giungere oggi al riconoscimento pressoché unanime della loro valenza artistica. Un capitolo a parte è dedicato a Thor e ai “nove mondi” della mitologia norrena nella reinterpretazione marveliana (ma anche in quella Disney). Il sesto capitolo è intitolato “Thornton Square” perché è al numero civico 9 di quella piazza londinese che si svolge la fosca vicenda di “Angoscia” (Gaslight), diretto da George Cukor negli anni Quaranta, film scelto per parlare del cinema thriller e noir, alla Hitchcock, e giudicato da Ciardi come quello che più lo ha impressionato. Si passa poi i “nove spettri dell’anello” e dunque a parlare di Tolkien, e poi al nono pianeta del sistema solare, Plutone, successivamente retrocesso a poco più di un asteroide (per cui i pianeti sono rimasti in otto) e dei suoi insospettabili rapporti con Lovecraft. Infine, il nono capitolo è dedicato alla serie TV “Deep Space Nine” e quindi alla saga di Star Trek. Passione, erudizione, divulgazione, multidisciplinarietà, interconnessioni, cultura scientifica e pop, memoria storica e costume: nove elementi di interesse per un libretto illuminante e divertente. Che alla fine mi porta a considerare che io sono nato nel 1962, anno le cui cifre sommate danno 18, ma 1+8 = 9, e a chiedermi che numero sceglierei io se mi chiedessero un libro del genere. Dato che il 7 (giorno della mia nascita) è già stato preso da Raphael Ebgi, così come il 10 (il numero perfetto secondo Pitagora, essendo la somma di 1,2,3 e 4), scelto da Luisa Girelli, non restano che il 42 (la risposta universale secondo Douglas Adams) o il 52. Quello dello Zenith, naturalmente.



domenica 5 gennaio 2025

TEORIA DI GESU’

 


Michael Onfray
TEORIA DI GESU’
Ponte alle Grazie
2024, brossurato
260 pagine, 18 euro

“Il libro più atteso di Michel Onfray, annunciato da oltre vent’anni”, si legge in quarta di copertina. In effetti, per chi abbia letto il formidabile saggio in cui il filosofo francese smonta Freud (“Crepuscolo di un idolo”, 2011) o il  suo “Trattato di ateologia” (2005), vederlo confrontarsi con i Vangeli è effettivamente irresistibile fonte di curiosità e di interesse.  Il sottotitolo italiano di questo libro è  però fuorviante: “Gesù Cristo è esistito davvero?”. Fa credere, cioè, che l’intento dell’autore sia quello di dimostrare o smentire l’esistenza storica di Gesù. Argomento interessante, oggetto di altri libri, come quello di Bart Ehrman “Gesù è davvero esistito?”, del 2013 (Mondadori), in cui si ribadisce un fondamento storico della figura del Cristo, indipendentemente dal fastello di tradizioni, di miti e credenze che nei secoli ci si è costruito sopra. Ma, leggendo “Teoria di Gesù”, non pare proprio che sia questo aspetto, quello della storicità del personaggio, l’interesse della disamina di Onfray, che si occupa di altro. E’ vero che il filosofo francese parte dall’assunto che “di prove non ce ne sono, a meno di non voler credere che gli evangelisti siano degli storici e non degli apologeti”, tuttavia dicendo questo Onfray si limita a riferire una suo scetticismo riguardo alle fonti a cui altri sono invece maggiormente o decisamente disposti a prestare fiducia. Non propone nessuna dimostrazione della non esistenza di un predicatore o un capopopolo nella Giudea e nella Galilea sotto la dominazione romana, dalla cui figura abbia tratto origine il cristianesimo. Quello che Onfray secondo me fa, o si propone di fare, è costatare come ogni elemento della narrazione attorno a Gesù corrisponda a precedenti narrazioni, talvolta risalenti a miti e leggende antichissime, bibliche e non bibliche. Quando l’autore scrive: “Gesù non è mai esistito storicamente ma solo come concetto”, si riferisce all’idea di Gesù che ci è stata tramandata, l’unica che ci è dato in effetti di conoscere. “La sua esistenza è solo l’effetto di una elettrolisi di tipo spirituale, intellettuale, filosofico, simbolico, allegorico e metaforico, e tutto nel solco dello sviluppo di una storia vecchia di duemila anni. Parliamo di una creatura ideale”. Onfray, con il suo metodo analitico ben noto a chi conosce le sue opere precedenti, esamina i passi dei Vangeli scovando e segnalando le fonti precedenti che li hanno ispirati. Miracoli, parabole, insegnamenti hanno tutti precisi rimandi a qualcosa di antecedente. Perfino l’imperatore Vespasiano, secondo Svetonio e Tacito, aveva compiuto miracoli restituendo la vista ai ciechi e guarendo paralitici ma naturalmente non è da un’aneddotica di questo tipo di cui fa usa Onfray che, con erudizione, indica i passi dell’Antico Testamento (i tanti topoi veterotestamentari) collocati dietro o alla base, per esempio, della parabola dei vignaioli, o segnala come, nei Vangeli, Gesù si nutra solo di simboli (pane, pesce, agnello). “I quattro evangelisti saccheggiano i mattoni dell’Antico Testamento con il progetto di costruire il proprio Tempio chiamato Gesù”, conclude il filosofo francese. Questo, indipendentemente dal fatto che la figura del Cristo si basi su una persona davvero vissuta.