lunedì 13 agosto 2018

108 METRI





Alberto Prunetti
108 METRI
Editori Laterza
2018, brossurato
140 pagine, 15 euro



108 metri è la lunghezza delle singole rotaie ferroviarie prodotte dalle acciaierie di Piombino, in provincia di Livorno. Un altoforno affidato a manodopera specializzata in grado di realizzare le migliori colate del mondo, destinate a produrre, non per caso ma per straordinaria professionalità, l'acciaio più resistente e indeformabile. Alberto, partito dalla costa livornese in cerca di esperienze e di fortuna verso l'Inghilterra, se ne vanta con i suoi colleghi che condividono con lui gli squallidi lavori che gli immigrati (italiani e non) sono costretti a fare nel Regno Unito. "Io vengo da un posto che fa 108 metri d'acciaio. Binari lisci come cosce e senza smagliature. Le hanno imbullonate nelle ferrovie di tutta Europa, anche qui da voi, cari sguatteri. E sapere chi c'è a fare la manutenzione di questa acciaieria che non ha rivali nel continente? Il mi' babbo". Il babbo Renato, veterocomunista sempre in lotta con i padroni, aveva preparato un futuro per metalmeccanico anche per il figlio, che invece voleva studiare, addirittura fare il classico. Roba da far venire l'orticaria al padre solo a sentirlo dire: il classico è la scuola di quelli che poi faranno i leccaculo dei capitalisti. La mediazione porta allo scientifico, e quindi alla partenza di Alberto verso la Gran Bretagna, a Bristol per la precisione. E qui comincia l'inferno. Lavori umilianti, malpagati, senza diritti, alienanti, quelli destinati a working class senza speranze. La descrizione tragicomica di Prumetti, per metà scritta in vernacolo livornese, della disperata umanità degli immigrati, italiani in prima linea, sfruttati in Inghilterra è terrificante. Finché Alberto manda tutti a fanculo e torna a Piombino. Dove però trova spento l'altoforno dell'acciaieria. "Ma non è possibile, è stato acceso un secolo". "lo dici a me che l'ho tenuto in funzione?" gli risponde un vecchio operaio, "Gli ho dato da mangiare coke come fosse un figlio. Chi ho lavorato trent'anni là dentro. Dovevi vede' che artisti erano i fonditori. Dovevi vede' come lavoravano la colata. E questi dicono chiudete tutto, comprate le rotaie in Cina e mandate i vostri figlioli a fare i camerieri all'estero. Di che cosa camperà Piombino e tutto il circondario? Delle briciole di quelli che vanno in vacanza all'Elba? La mi' figliola è partita per Berlino, e io bevo guardando i binari che ho fatto con queste mani, 108 metri d'acciaio per farla scappare". Ecco, se è disperante la descrizione del lavori svilente in Inghilterra, lo è ancora di più la parte con il ritorno a una Piombino senza futuro, là dove gli operai, sempre in lotta contro i padroni, erano però orgogliosi del loro lavoro in altoforno.

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