L'ASSASSINIO DI RUE SAINT-ROCHE
di Alexandre Dumas
a cura di Ugo Cundari
Dalai Editore
120 pagine
2012, 12.90 euro
"E se non fosse stato Edgar Allan Poe a scrivere 'I delitti della Rue Morgue'?", domanda perfidamente una frase in quarta di copertina. E in questo dubbio sta tutto il fascino del libro, che si giustifica di fatto proprio dal confronto fra il giallo di Dumas e quello di Poe, ritenuto il primo poliziesco della storia. Ugo Cundari ha infatti ritrovato per caso, in una biblioteca napoletana, un racconto pubblicato dall'autore dei "Tre Moschettieri" su un giornale partenopeo, l' "Indipendente", di cui fu direttore fra il 1860 e il 1864. Si tratta, per la precisione, di un testo apparso a puntate tra il 28 dicembre 1860 e l'8 gennaio 1861, di cui esistono, negli archivi di tutto il mondo, pochissime copie, e che era, fino a poco tempo fa, praticamente sconosciuto. Dumas lo dettò, in francese, a uno scrivano e venne immediatamente tradotto in italiano per poter comparire sul giornale, come si faceva per tutto quello che lo scrittore francese preparava, con la sua solita vulcanicità, per il quotidiano napoletano. La versione proposta da Dalai è appunto quella della traduzione dell'epoca. La lettura de "L'assassinio di Rue Saint-Roche" lascia del tutto sbigottiti, perché si tratta di un clamoroso plagio dei "Delitti di Rue Morgue" di Poe. Stessa ambientazione parigina, stessa situazione, stesse vittime, stessa soluzione del caso. Non solo: anche i particolari sono i medesimi, dalle voci provenienti dalla casa chiusa scambiate dai vicini per lingue straniere sempre diverse, al dettaglio delle finestre inchiodate. Che cosa cambia? Cambia, innanzitutto, il fatto che il detective risolutore del caso è lo stesso Edgar Allan Poe. Cioè Dumas racconta di aver incontrato lo scrittore americano a Parigi nel 1832 e, mentre era in sua compagnia, di averlo veduto incuriosirsi di un caso descritto sui giornali e quindi indagare sulla faccenda fino a venirne a capo. Ora, i "Delitti della Rue Morgue" è stato pubblicato nel 1841, dunque vent'anni prima il racconto di Dumas. Dunque tutto lascia pensare che sia stato lo scrittore francese a copiare Poe. Il che non sarebbe neppure improbabile, essendo Dumas uso ad attingere a piene mani di qua e di là, al punto da aver subito diversi processi con l'accusa di appropriazione indebita di scritti altrui. Però, la questione non è così semplice. Nella sua lunga e avvincente postfazione, Cundari elenca tutta una serie di circostanze misteriose. Tanto per cominciare, anche nel racconto di Poe compare un Dumas, che è uno dei personaggi secondari. Una combinazione? E se Dumas e Poe si fossero davvero incontrati, nel 1832? Perché, infatti, Poe ambienta proprio a Parigi il suo giallo, e non a Boston o Philadelphia? Come può conoscere così bene la capitale francese, com'è dimostrato dal suo testo? La biografia di Poe è, incredibilmente, misteriosa e lacunosa sui suoi spostamenti in quell'anno e ci sono testimonianze che lo vogliono in Russia, in Francia, in Inghilterra. Il curatore elenca una serie impressionante di indizi che sembrano far supporre che il contatto ci sia stato, e che una bozza di racconto possa essere stato visto e letto da Poe, oppure discusso con Dumas, che sarebbe stato però l'artefice dell'opera, avendone collocato l'azione su uno sfondo parigino che l'americano non aveva ragione di usare. Personalmente, dovendo emettere un verdetto, protendo per un semplice plagio del francese. Tuttavia ammetto che Cundari è riuscito a instillarmi il dubbio.
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