sabato 2 gennaio 2016

GLI ULTIMI GIORNI DI P. B. SHELLEY



GLI  ULTIMI GIORNI DI P. B. SHELLEY
di Guido Biagi
La Vita Felice
2013, brossurato
36 pagine, 12 euro

Il poeta inglese Percy Bysshe Shelley, nato nel Sussex nel 1792, morì per il naufragio della sua barca nel mare antistante Viareggio nell'estate del 1822. Le circostanze della morte e del ritrovamento del cadavere, con il rogo del corpo che ne seguì e l'espiantazione del suo cuore consegnato poi alla vedova Mary Wollstonecraft (l'autrice di "Frankenstein") sono assolutamente romanzesche per quanto storiche. Guido Biagi, letterato fiorentino vissuto tra il 1855 e il 1925, scrisse questo suo documentatissimo saggio nel 1892, settant'anni dopo, cioè, i tragico fatti di cui narra. Poté, dunque, intervistare personalmente alcuni viareggini molto anziani che però, da giovani o da bambini, avevano assistito alla cremazione del corpo di Shelley sulla spiaggia, alla presenza di Lord Byron e di Edward Trelawany (l'uomo che quando il petto del poeta si aprì per il calore sulla lastra di metallo su cui i resti erano stati deposti, ne estrasse il cuore a costo di ustionarsi le mani). Di questi testimoni oculari non soltanto vengono citati i nomi, ma se ne forniscono anche i suggestivi ritratti realizzati durante le interviste. Maria Giuseppina Malfatti Angelantoni firma una preziosa prefazione alla ristampa del saggio, in cui si ricostruisci la genesi del libro ma anche si inserisce nel contesto di una storiografia anche più recente che comunque sulla materia non ha aggiunto niente che smentisca la ricostruzione puntuale del Biagi. Dal canto suo, Giulio Cesare Maggi aggiunge una postfazione che spiega la sorte che i resti di Percy ebbero dopo la cremazione e in particolare fa delle ipotesi sul famoso cuore incombusto. Va detto che il corpo non venne cremato per un rito pagano, come qualcuno sospettò creando scandalo nella società dell'epoca, ma perché le leggi del Granducato di Toscana, molto severe nel prevenire i rischi di epidemie, vietavano il trasporto di cadaveri in decomposizione, che dovevano essere o interrati o bruciati sul luogo del ritrovamento. Il Biagi ricostruisce comunque tutta la vicenda fin dal momento in cui Shelley e alcuni amici decisero di affittare una casa sul mare a Lerici, esattamente a San Terenzio (nei pressi di La Spezia), dove trascorrere l'estate e venne costruita una barca, uno shooner, con cui compiere viaggi lungo la costa e brevi escursioni. Il vascello, battezzato "Ariel", aveva degli evidenti difetti di fabbricazione a cui non fu dato peso. I giorni in Liguria precedenti la tragedia erano stati inquieti: a Mary incinta non piacevano la casa e la povertà del borgo, Percy, turbato, non riusciva a comporre e aveva avuto dei dissidi con Byron. Tuttavia si imbarcò, con il capitano Williams a cui era affidato l'Ariel, alla volta di Livorno per far visita a un amico, William Hunt, il 1° luglio 1822. Percy e Hunt fecero visita a Lord Byron a Pisa, poi l'Ariel riprese il mare per far ritorno a San Terenzio, nonostante tutti gli esperti marinai livornesi sconsiglissero la navigazione per la burrasca che si stava preparando. Hunt regalò a Percy una copia del poema "Hyperion" di Keats, che Shelley si mise in tasca: fu questo libro che permise il riconoscimento del cadavere quando, alcuni giorni dopo, il suo corpo fu ritrovato sulla spiaggia di Viareggio insieme a quello del capitano Williamson.

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