LA SECONDA VITA DI MAJORANA
di Giuseppe Borello, Lorenzo Giroffi e Andrea Sceresini
Chiarelettere
2016, brossurato
200 pagine, 16.90 euro
"Finalmente risolto uno dei più misteriosi gialli italiani - uno scoop internazionale", recita la scritta sulla fascetta. Che la misteriosa scomparsa del fisico Ettore Majorana, uno dei geniali "ragazzi di via Palisperna" radunati attorno a Enrico Fermi negli anni Trenta, sia uno dei più affascinanti casi di sparizione nel nulla su cui si sia indagato dal 1938 in poi, non ci sono dubbi. Che il giallo però possa essere del tutto risolto dopo la pubblicazione di questo elettrizzante libro, però, è difficile poter concordare. Vedremo perché dopo aver riassunto per sommi capi la vicenda. Ettore Majorana, catanese classe 1906, è un ragazzo prodigio in grado di intuizioni matematiche fuori del comune e con capacità di calcolo e di analisi in grado di competere con le menti più eccelse della fisica teorica. Enrico Fermi lo chiama a lavorare con lui, il rapporto fra i due però è conflittuale. Majorana ha un carattere introverso, è solitario e riservato, pare sfortunato in amore. Per di più il periodo di Via Panisperna prelude alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale, di cui forse Ettore intuisce l'apocalittica portata. Fatto sta che dopo aver lasciato alcune lettere sibilline in cui fa capire di aver maturato una decisione drastica, sparisce nel nulla. Ha però ritirato tutti i suoi risparmi e si è portato dietro il passaporto. Anche per ordine di Mussolini, il giovane scienzato viene cercato dovunque ma le ricerche sono vane. C'è chi teme un suicidio (si sarebbe affogato in mare gettandosi da una nave di linea in navigazione fra Palermo e Napoli - viaggio per cui aveva comprato un biglietto), chi lo ritiene rifugiato in un convento, chi giura di averlo riconosciuto in un barbone che vive alla macchia. Finché, nel 2008, un settantenne di Latina, Enrico Fasano, presenta alla magistratura (dopo aver contattato la trasmissione "Chi l'ha visto?") una foto scattata in Venezuela negli anni Cinquanta (là dove lui era emigrato in cerca di lavoro, essendo in quel periodo quel Paese ricco e pieno di opportunità). La foto lo mostra, lui poco più che ventenne, con un cinquantenne che sembra proprio essere Ettore Majorana, ma che diceva di chiamarsi Bini. Almeno, tutte le perizie effettuate dagli inquirenti danno esito positivo: Bini, stando agli esperti, è Majorana. Fasano ricorda Bini come un amico molto riservato di cui però sapeva poco, proprio in ragione del fatto che non raccontava quasi nulla di sé. Di lui perse le tracce durante un colpo stato avvenuto in Venezuela nel 1958, che lo obbligò a ritornare in Italia. Che fine abbia fatto Bini, non si sa. Fasanbo cita però degli amici comuni, un certo Nardin, un certo Carlo, un certo Ciro. Uno di loro, Carlo, gli avrebbe appunto detto che Bini non era il vero nome dell'uomo, che in realtà si chiamava Majorana ed era uno scienziato. Non solo: Fasano è in grado di esibire una cartolina scritta da un fratello di Majorana a un amico americano, che Bini aveva con sé e che per caso è rimasta nelle sue mani. Purtroppo Fasano è morto nel 2011, ma i tre autori dell'inchiesta alla base del libro hanno potuto ricostruire molti altri particolari parlando con la sua famiglia, depositaria di confidenze e ricordi non finiti nei verbali della magistratura. Borello, Gironi e Sceresini sono partiti per il Venezuela (uno dei paesi del mondo in cui è più difficile indagare, per le difficoltà economiche attuali e l'imperversare di banditi pronti a uccidere chiunque in qualsiasi luogo). "La seconda vita di Majorana" ricostruisce passo per passo la loro inchiesta, e la lettura è avvincente. Il racconto di Fasano trova di decine di conferma, anche solo per "sentito dire". Tutti ci aspettiamo, a un certo punto, una prova regina: che però non c'è. Anzi, se abbondano gli indizi mancano le tracce. Per ogni tassello che va al suoi posto ci sono cento "non ricordo", "non risulta", "niente è agli atti". E' vero che ci sono mille motivi che giustificano la mancanza di riscontri concreti, fatto sta che tutto resta approssimato. L'indagine sembra condurre, a un certo punto, a una sorta di laboratorio segreto del governo venezuelano, dove probabilmente Majorana aveva qualche incarico scientifico: sembra però la trama di un film di spionaggio. Gli elementi ci sono, ma le conclusioni no. I dubbi più clamorosi, secondo me, sono sollevati dagli anni che, a quanto pare, il fisico trascorse a Buenos Aires: varie testimonianze affermano che il catanese vivesse in Argentina con il suo vero nome e frequentasse la comunità italiana. Chi dice di averlo incontrato (senza poter esibire prove) sostiene che la sua fuga fosse dovuta ai dissapori con Fermi. Solo i sommovimenti politici dopo il crollo del peronismo lo avrebbero convinto a spostarsi, con l'amico Carlo, nel vicino e (in quel momento) ospitale Venezuela. Ecco: capisco la difficoltà di trovare tracce di un fantomatico Bini (nome falso) in territorio venezuelano, ma possibile che non resti traccia nei luoghi dei lunghi anni argentini, trascorsi presentandosi proprio come Ettore Majorana? E sarà mai possibile, che uno che scompare ed è risercato dovunque, non si celasse sotto una falsa identità? Anche in questo caso gli autori dell'indagine fanno ipotesi sul perché di certe testimonianze non si trovino conferme, ma ecco, se fossi io a indagare, più che sul Venezuela mi concentrerei su Buenos Aires. Per concludere: Borello e compagni mi hanno convinto sul fatto che Bini fosse Majorana e che dunque il fisico fosse vivo attorno al 1955 in Sud America, mentre resta nel mistero quale fosse il suo lavoro (onesto, o invischiato con i servizi segreti di potenze straniere?). C'è spazio un altri libri. E per cento film, fumetti e romanzi.