domenica 9 marzo 2025

CICO STORY

 
 
 
Guido Nolitta
Gallieno Ferri
CICO STORY
Sergio Bonelli Editore
2024, cartonato, 2024
130 pagine, 24 euro

Scrive Sergio Bonelli: “Nel periodo  di tempo compreso tra il 1979 e il 1983, le limitate dimensioni della Casa editrice e la mia conseguente disponibilità di tempo libero mi indussero a dare sfogo a una vocazione che già si era manifestata tra le pagine avventurose e persino drammatiche della serie di Zagor che firmavo con lo pseudonimo di Guido Nolitta. Alludo alla possibilità di scatenare liberamente la mia vena ironica in un albo speciale in cui Cico assumeva il ruolo di protagonista assoluto”. 
 
La vocazione umoristica e la vena ironica nolittiane erano perfettamente assecondate dal disegnatore Gallieno Ferri, in grado di passare dalle atmosfere più cupe (come quelle de “La casa del terrore” o di “Alba tragica”) a quelle assolutamente ilari delle gag e degli sketch di Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales (questo il nome completo del compagno di mille avventure dello Spirito con la Scure). Con l’albo fuori-serie intitolato "Cico Story", uno spin-off di 120 tavole della collana Zenith, uscito durante l'estate del 1979, si inaugurava non soltanto la collezione degli speciali di Cico, ma anche la consuetudine degli “speciali” bonelliani, di cui il volumetto “extra” dedicato al buffo messicano rappresenta appunto il capostipite. Il riscontro di pubblico fu così notevole, che Sergio Bonelli (autore dei testi con lo pseudonimo di Guido Nolitta, ma anche editore di se stesso) tornò all'arrembaggio per cinque estati consecutive. Dopo “Cico Story” escono con cadenza annuale “American Cico”, “Un pellerossa chiamato Cico”, “Cico Sceriffo” e quindi “Fanta Cico” (1983). Con questo gustoso divertissement spaziale (parodia dei classici della fantascienza) si chiude la sequenza degli albi chichiani firmati da Nolitta e Ferri, i successivi ventitré portano la firma di altre coppie di autori (ben venti, quella di Moreno Burattini e Francesco Gamba). Il volume di cui vedete la foto in apertura, presentato in occasione di Lucca Comics 2024, è la riedizione in volume cartonato e a colori dell’albo che nel 1979 vendette la bellezza di 173.861 copie, come lo stesso Bonelli dichiarò presentando il sequel, “American Cico”.

Nell’esilarante  “Cico Story” il nostro Felipe Cayetano ci viene prima mostrato bambino a Veracruz, sua città natale, e poi possiamo seguirlo in  rapida crescita attraverso varie peripezie, fino al momento in cui il buffo eroe decide di varcare la frontiera ed emigrare negli Stati Uniti. Una particolarità di “Cico Story” è quella di riallacciarsi, quanto a “cornice” o “pretesto” narrativo, a un caposaldo della saga dello Spirito con la Scure, vale a dire “Zagor Racconta”, l’albo in cui l’eroe di Darkwood racconta al fido messicano la storia della propria vita. All’interno, il pancione narra all’amico il suo passato nello stesso contesto in cui si era svolto l’altrui resoconto. Infine, resta da notare come alcuni dei parenti di Cico di cui facciamo la conoscenza in questo volume (come la sorella Maria) facciano ritorno in avventure della serie regolare (quali “Sangue Apache” o “Sulla pista del nemico”), mentre alcuni altri congiunti qui assenti (per esempio, il nonno farmacista) siano destinati a comparire in albi successivi della collana. 

Qui di seguito riporto una mia disamina del personaggio scritta come introduzione a una pubblicazione dedicata a Cico dalle Edizioni If.

FELIPE CAYETANO ECCETERA ECCETERA
di Moreno Burattini

Nessun personaggio bonelliano è così comico come Cico. Nessuno, soprattutto, così pienamente, compiutamente, complicatamente comico al pari di lui. Cico sembra, in realtà, un personaggio piuttosto semplice, tale da non aver bisogno di nessuna particolare disamina. Invece, le implicazioni e i piani di lettura da approfondire ci sono. Cercheremo di farlo, qui e nell’introduzione dei prossimi volumi. Il nostro eroe è messicano e in realtà non si chiama Cico (termine che in spagnolo, scritto con una acca in più, vuol dire “ragazzo”), ma Felipe Cayetano. Vanta poi una sfilza di cognomi degna delle migliori dinastie di Spagna. La lista più accreditata ne comprende tre: Lopez Martinez y Gonzales. Tuttavia, in altre circostanze l’elenco è fornito in modo diverso e in “American Cico” ne troviamo uno particolarmente esteso: Gonzales y Rodriguez y Martinez y Consalvo y Morales y Rosales y Ramirez y Hernandez y Esopinosa.   In ogni caso, gli indiani lo chiamano "Piccolo Uomo dal Grande Ventre".  E’ sulla breccia ininterrottamente dal 1961, anno in cui fece la sua prima apparizione insieme a Zagor, in un albetto a striscia intitolato "La Foresta degli Agguati", proprio quello con il quale inizia la saga dello Spirito con la Scure (così l’eroe viene chiamato dagli indiani della foresta di Darkwood, dove sono ambientate le sue storie). Potremmo spingerci anche molto indietro nel trovare i “tipi” popolari antichi e moderni di cui Cico è la “summa”. Senza scomodare Aristofane o Plauto, e neppure Boccaccio o Goldoni, si potrebbero citare Cervantes e il suo Sancho Panza. Buffo, grassottello, pasticcione nato, Cico sembra, a prima vista, un assistente improbabile per un eroe d’azione. Ma, nonostante sia tutt’altro che coraggioso, il panciuto messicano segue l’amico dovunque vada e qualche volta con un suo intervento riesce persino a toglierlo dai guai. Non lo si creda tuttavia una semplice “spalla” o, peggio, uno scudiero. Il pancione messicano è un personaggio in grado di tenere la scena anche da solo, quale perfetto personaggio umoristico. Per l’umorismo, del resto, Sergio Bonelli (creatore del personaggio nei panni del suo alter ego Guido Nolitta, il nome-de-plume con cui firmava le sue sceneggiature)  aveva un vero talento. La cosa non meraviglia chi abbia assistito a quegli incontri con il pubblico in cui un Sergio in piena forma intratteneva l’uditorio con la verve di un brillante cabarettista. Bonelli aveva innegabilmente una perfetta padronanza delle regole e dei tempi del comico. Con il microfono in mano e qualcuno disposto a starlo a sentire, Sergio era irresistibile. Sapeva cogliere il lato divertente di ogni circostanza, raccontare aneddoti con il talento di un cabarettista e condire di ironia (e autoironia) qualsiasi discorso. Di questa sua capacità di divertire il pubblico faceva parte anche una buona dote recitativa, fatta di borbottii e di mugugni infilati al momento giusto a corredo di sguardi e smorfie degne del miglior palcoscenico. Nessuna meraviglia, dunque, se quando vestiva i panni dello sceneggiatore di fumetti, Sergio non poteva fare a meno di infilare l’umorismo nelle sue storie. Grazie a Cico. aveva trovato il modo di dar sfogo alla sua vena comica. Gallieno Ferri, versatile creatore grafico del character, ha saputo fin dall’inizio assecondare l’estro nolittiano rivelandosi un maestro anche come disegnatore umoristico. Tutte le più classiche avventure dello Spirito con la Scure cominciano con dieci, venti, trenta, persino cinquanta tavole completamente dedicate agli sketch del simpatico pancione. La saga di Zagor, si badi bene, è densa di avventure epiche e drammatiche, ma con le scenette del messicano sempre a fare da contrappunto ai momenti di maggior tensione. A un primo, sommario esame, le caratteristiche e il ruolo del  pancione possono sembrare simili a quelle delle tradizionali macchiette comiche abbinate ai classici eroi dei fumetti degli anni Cinquanta. Salasso e Doppio Rhum, tanto per fare degli esempi, erano al seguito di Capitan Miki; Roddy e il Professor Occultis erano i giullari alla corte di Blek. Anche Gim Toro aveva amici spiritosi, così come Maschera Nera (un personaggio western di Max Bunker con un amico chiamato Slitta). La differenza fra Cico e altre “spalle” umoristiche del fumetto consiste non solo nella quantità della presenza sulla scena, ma anche nella sua qualità. Il pancione, nelle storie scritte da Nolitta, ingombra molto di più il palcoscenico rispetto ai colleghi. Uno dei suoi ruoli, ovviamente, è quello di fornire il punto di vista del lettore all’interno della storia (il classico ruolo del Watson utile a Conan Doyle perché Sherlock Holmes abbia qualcuno a cui spiegare tutti i suoi perché e i percome). Ma Cico fa anche da alleato, da commentatore, da diversivo, da motore dell’azione, da deus ex machina, da angelo custode, e soprattutto riesce a brillare comunque di luce propria. Fin dalla sua prima apparizione, Guido Nolitta,  ha concesso a Cico tutta la corda di cui il character aveva bisogno. Come se non bastasse, solo dopo cinque speciali dedicati a Cico, anche Zagor ne ha avuto uno tutto suo.



SOPRAVVISSUTO – THE MARTIAN

 
 

 
Andy Weir
SOPRAVVISSUTO – THE MARTIAN
Newton & Compton
2014, cartonato
380 pagine

Si dice, di solito, che “era meglio il libro”. Nel caso di “The Martian”, pubblicato negli USA nel 2014 (dopo una prima edizione autoprodotta in ebook uscita nel 2011) e tradotto in italiano nello stesso anno, non sono così certo che si possa ripetere la frase fatta. Questo soprattutto perché la forza delle immagini della versione cinematografica che Ridley Scott ha tratto nel 2015 dal romanzo aggiunge e non toglie emozioni alle pagine di Andy Weir (classe 1972). Ma, di certo, “The Martian” è un gran bel libro, e se una volta tanto forse è “meglio il film” è per i meriti della pellicola e non per demerito del racconto scritto. Che, anzi, approfondisce di più gli aspetti scientifici di ogni singola soluzione trovata dall’astronauta Mark Watney, interpretato sullo schermo da Matt Damon. Astronauta creduto morto durante una tempesta di sabbia che costringe i suoi compagni, giunti in missione esplorativa sul Pianeta Rosso, a lasciare il suolo marziano in modo drammatico e frettoloso. Ma Watney in realtà è vivo e si trova solo su Marte, impossibilitato persino, inizialmente, a comunicare con la Terra. Si tratta indubbiamente di una versione spaziale del Robinson Crusoe di Daniel Defoe, con un naufrago che cerca di sopravvivere con i pochi mezzi a sua disposizione. Weir descrive minuziosamente gli stratagemmi di Mark per ricavare una scorta di acqua, di ossigeno, di cibo, sulla base di tecnologie e procedimenti scientificamente plausibili. Seguiamo Watney nel suo (riuscito) tentativo di coltivare patate nel terreno del pianeta alieno, e ci viene in mente il racconto “I fondatori” (Founding Fathers) scritto da Isaac Asimov nel 1965 in cui sono i cadaveri degli astronauti naufragati su un pianeta inabitabile a fertilizzare il terreno e a creare le condizioni per la terraformazione grazie alle specie vegetali da loro coltivate. Ma tra i precedenti c’è anche il romanzo “Martirio lunare” (The Moon is Hell!”, 1950) di John W. Campbell, che descrive la lotta per sopravvivere in un ambiente ostile, quello lunare, di un gruppo di astronauti in attesa di una spedizione di soccorso. Spedizione di soccorso che anche Mark Watney attende per centinaia di “sol” (così sono chiamati i giorni marziani), dovendo percorrere migliaia di chilometri sul suolo di Marte per raggiungere il punto da cui venire prelevato. Ciò che colpisce è non soltanto la lucidità con cui il naufrago affronta uno alla volta i problemi che gli si parano davanti, ma anche la sua incrollabile fiducia di riuscire a superarli. Mancano, e questo un po’ dispiace, le pagine che indaghino invece sui dubbi e lo sgomento dell’uomo di fronte alla concreta possibilità di una morte imminente. Mark sembra non avere una famiglia a cui pensare (ha due genitori a malapena citati), una donna che lo aspetta, un gruppo di amici di cui avere nostalgia, a parte l’equipaggio di colleghi a cui cerca di ricongiungersi. Questo anche perché la descrizione di ciò che Watney fa è affidata a quanto lui stesso racconta in un diario giornaliero in cui si limita ad annotare i fatti e non le emozioni. Il narratore diventa invece impersonale quando lo scrittore descrive ciò che accade sulla Terra. Comunque sia, è meglio il film, ma anche il romanzo è tanta roba.