Milo Manara
Umberto Eco
IL NOME DELLA ROSA
Oblomov
2023, cartonato
72 pagine, 20 euro
Rimasi stupito quando seppi, leggendolo sul numero di “Linus” dedicato a Umberto Eco, che Milo Manara stava realizzando una versione a fumetti de “Il nome della rosa”. Però, mi dissi, se Manara aveva ritenuto di volerci provare, sicuramente aveva il talento per farlo. Lo stesso disegnatore confessa: “Il progetto mi è stato proposto dai figli di Eco e da Elisabetta Sgarbi. Mi ha lasciato un po’ tramortito: che venga proposta a uno a cui piace disegnare le donne una storia di uomini in tonaca che parlano, parlano e parlano, è una sfida all’ultimo sangue per un disegnatore erotico”. Una sfida che, valutando il primo volume dell’opera (che ne conta due), può dirsi pienamente vinta: “Il nome della rosa” di Milo Manara vede realmente l’autore ai vertici della propria arte, come leggiamo in quarta di copertina. Le tavole dell’illustratore veronese (anche se nato in Alto Adige), peraltro, non sono una “riduzione” del romanzo del 1980 con cui Eco vinse, nel 1981, il Premio Strega (sessanta milioni di copie vendute). Fumetto e letteratura si fondono senza tradirsi, come nel vero amore. Si resta rapiti, leggendo le pagine del volume (in cui ogni parola è dello scrittore e le immagini le pronunciano più che semplicemente visualizzarle) allo stesso modo in cui Adso si incanta di fronte ai bassorilievi del portale della chiesa dell’abbazia. La sintesi del fumetto non agisce per sottrazione rispetto al romanzo, ma ne filtra le intenzioni facendosene interprete. Non si tratta, insomma, di un riassunto, ma neppure di una nuova narrazione: ci troviamo di fronte a una alchimia perfetta nella quale rientrano anche le suggestioni cinematografiche (dl romanzo dello scrittore di Alessandria fu tratto un film nel 1986, interpretato da Sean Connery), perché Manara sceglie di dare il volto di Marlon Brando al suo Guglielmo da Baskerville, e del resto tutti i personaggi recitano perfettamente il loro ruolo come attori di un film sapientemente diretti da un esigente regista, ciascuno ottimamente caratterizzato. Le atmosfere del racconto di Eco, da lui evocate a parole, diventano suggestioni sorprendentemente coinvolgenti nei disegni del fumetto, ricchissimi di particolari eppure immediati da decifrare. Dichiara Manara: “Ho dato molta importanza ai marginalia, alle piccole decorazioni che uniscono le figure miniate dei manoscritti. Guardandoli emerge una visione del Medioevo diversa da quella che siamo abituati a immaginare: non un periodo di oscurità e tenebre, ma dominato invece da una fantasia quasi febbrile, che è inestricabilmente connessa con la realtà”. I colori di Simona Mara (immagino si tratti della figlia del disegnatore) contribuiscono, con merito, a rendere fascinosa l’opera. “Il nome della rosa” è ambientato nel 1327, e ha come protagonisti il giovane novizio benedettino Adso da Melk (l’io narrate della storia) e il frate francescano (con un passato da inquisitore suo malgrado) Guglielmo da Baskerville, incaricato di una missione diplomatica. Se il nome di Adso ricorda quello di Watson, e se la città di origine di Guglielmo rimanda a Sherlock Holmes, non è per caso: uno dei piani di lettura del romanzo è appunto quello della trama gialla: l’acutissimo francescano deve infatti indagare su una serie di omicidi che coinvolgono gli amanuensi al lavoro nella biblioteca del monastero. Ma ci sono ben altri elementi, al di là di quelli legati al mistero: si parla di eresia, di letteratura, di arte, di storia, di dispute teologiche, di inquisizione, del ruolo delle abbazie nella trasmissione della cultura nel Medioevo, di vizi e peccati, di sesso e di amore. Si è accennato a Elisabetta Sgarbi quale ispiratrice del progetto. Non è però la sua (e di Eco) “Nave di Teseo” a pubblicare il volume di Milo Manara, peraltro con ottima cura editoriale, ma la giovane Casa editrice Oblomov, diretta da Igort (al pari di “Linus”): “Oblomov è un editore pigro”, leggiamo sul loro sito, “amiamo la carta, le storie e i disegni, crediamo nella lentezza e nella cura, facciamo libri come si prepara il pane, aspettando che la lievitazione sia al punto giusto, prima di infornare. Nessuno ci corre dietro, altrimenti ci avrebbe già preso: siamo lenti per vocazione”. Bene, purché non ci facciano aspettare troppo il secondo volume (il primo si conclude con Adso sbalordito dalla bellezza nuda di una ragazza penetrata nottetempo nel convento e da lui sorpresa nelle cucine).
Umberto Eco
IL NOME DELLA ROSA
Oblomov
2023, cartonato
72 pagine, 20 euro
Rimasi stupito quando seppi, leggendolo sul numero di “Linus” dedicato a Umberto Eco, che Milo Manara stava realizzando una versione a fumetti de “Il nome della rosa”. Però, mi dissi, se Manara aveva ritenuto di volerci provare, sicuramente aveva il talento per farlo. Lo stesso disegnatore confessa: “Il progetto mi è stato proposto dai figli di Eco e da Elisabetta Sgarbi. Mi ha lasciato un po’ tramortito: che venga proposta a uno a cui piace disegnare le donne una storia di uomini in tonaca che parlano, parlano e parlano, è una sfida all’ultimo sangue per un disegnatore erotico”. Una sfida che, valutando il primo volume dell’opera (che ne conta due), può dirsi pienamente vinta: “Il nome della rosa” di Milo Manara vede realmente l’autore ai vertici della propria arte, come leggiamo in quarta di copertina. Le tavole dell’illustratore veronese (anche se nato in Alto Adige), peraltro, non sono una “riduzione” del romanzo del 1980 con cui Eco vinse, nel 1981, il Premio Strega (sessanta milioni di copie vendute). Fumetto e letteratura si fondono senza tradirsi, come nel vero amore. Si resta rapiti, leggendo le pagine del volume (in cui ogni parola è dello scrittore e le immagini le pronunciano più che semplicemente visualizzarle) allo stesso modo in cui Adso si incanta di fronte ai bassorilievi del portale della chiesa dell’abbazia. La sintesi del fumetto non agisce per sottrazione rispetto al romanzo, ma ne filtra le intenzioni facendosene interprete. Non si tratta, insomma, di un riassunto, ma neppure di una nuova narrazione: ci troviamo di fronte a una alchimia perfetta nella quale rientrano anche le suggestioni cinematografiche (dl romanzo dello scrittore di Alessandria fu tratto un film nel 1986, interpretato da Sean Connery), perché Manara sceglie di dare il volto di Marlon Brando al suo Guglielmo da Baskerville, e del resto tutti i personaggi recitano perfettamente il loro ruolo come attori di un film sapientemente diretti da un esigente regista, ciascuno ottimamente caratterizzato. Le atmosfere del racconto di Eco, da lui evocate a parole, diventano suggestioni sorprendentemente coinvolgenti nei disegni del fumetto, ricchissimi di particolari eppure immediati da decifrare. Dichiara Manara: “Ho dato molta importanza ai marginalia, alle piccole decorazioni che uniscono le figure miniate dei manoscritti. Guardandoli emerge una visione del Medioevo diversa da quella che siamo abituati a immaginare: non un periodo di oscurità e tenebre, ma dominato invece da una fantasia quasi febbrile, che è inestricabilmente connessa con la realtà”. I colori di Simona Mara (immagino si tratti della figlia del disegnatore) contribuiscono, con merito, a rendere fascinosa l’opera. “Il nome della rosa” è ambientato nel 1327, e ha come protagonisti il giovane novizio benedettino Adso da Melk (l’io narrate della storia) e il frate francescano (con un passato da inquisitore suo malgrado) Guglielmo da Baskerville, incaricato di una missione diplomatica. Se il nome di Adso ricorda quello di Watson, e se la città di origine di Guglielmo rimanda a Sherlock Holmes, non è per caso: uno dei piani di lettura del romanzo è appunto quello della trama gialla: l’acutissimo francescano deve infatti indagare su una serie di omicidi che coinvolgono gli amanuensi al lavoro nella biblioteca del monastero. Ma ci sono ben altri elementi, al di là di quelli legati al mistero: si parla di eresia, di letteratura, di arte, di storia, di dispute teologiche, di inquisizione, del ruolo delle abbazie nella trasmissione della cultura nel Medioevo, di vizi e peccati, di sesso e di amore. Si è accennato a Elisabetta Sgarbi quale ispiratrice del progetto. Non è però la sua (e di Eco) “Nave di Teseo” a pubblicare il volume di Milo Manara, peraltro con ottima cura editoriale, ma la giovane Casa editrice Oblomov, diretta da Igort (al pari di “Linus”): “Oblomov è un editore pigro”, leggiamo sul loro sito, “amiamo la carta, le storie e i disegni, crediamo nella lentezza e nella cura, facciamo libri come si prepara il pane, aspettando che la lievitazione sia al punto giusto, prima di infornare. Nessuno ci corre dietro, altrimenti ci avrebbe già preso: siamo lenti per vocazione”. Bene, purché non ci facciano aspettare troppo il secondo volume (il primo si conclude con Adso sbalordito dalla bellezza nuda di una ragazza penetrata nottetempo nel convento e da lui sorpresa nelle cucine).