LA MARCIA DELLA DISPERAZIONE
di Guido Nolitta e Gallieno Ferri
Sergio Bonelli Editore
2015, brossurato
416 pagine, 15 euro
E' con questo volume (assieme a un piccolo gruppo di altri, in brossura e cartonati) che la Bonelli esordisce nel settore della produzione destinata distribuzione libraria, a partire dall'autunno 2015. Per Zagor, si è scelto di iniziare con una formato che ricorda da vicino quello degli Oscar Mondadori dedicati ai fumetti bonelliani, in modo da proseguire una tradizione più che decennale in passato premiata dal pubblico. In futuro, ci saranno proposte anche confezionate in altro modo. La storia chiamata a fare da apripistra è il classico dei classici, sicuramente posizionato nella top five di ogni lettore zagoriano con un saldo retroterra storico. Insieme a "Odissea Americana" o "Zagor Racconta", la "Marcia della Disperazione" è non soltanto un cult, ma anche un must. Non solo per il bacio di Frida, che pure ha regalato ai lettori che se lo trovarono inaspettatamente davanti nel 1974 (quando uscì la prima edizione dell'avventura) più emozioni di una invasione aliena su Darkwood, ma anche per la tensione drammatica che sorregge il racconto di Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli), ricco di personaggi memorabili.
Il barone Max Von Swieten, per esempio, barone asburgico e nipote dell’imperatore d’Austria, annoiato come tutti i sangueblu, che ha la passione per la caccia e vuole provare emozioni insolite. Perciò, ha organizzato una costosa trasferta in America per mettersi alla prova nella caccia al bisonte, naturalmente in compagnia di altri sfaccendati amici altolocati e di tutto un codazzo di accompagnatrici, oltre che di servi e perfino di musicisti al seguito. Cinico e superficiale, abituato a far sistemare dai propri scagnozzi le pratiche “sgradevoli” come l’eliminazione (lontano dai suoi occhi) di chi lo infastidisce, il barone è costretto dagli eventi a cambiare atteggiamento. Si rende conto, infatti, di quanto sia stato folle il suo viaggio nelle grandi praterie e di come il suo titolo nobiliare nulla valga di fronte a Zagor e alla minaccia di Winter Snake.
Il fiero capo dei Kiowas, poi, è una di quelle figure che non si possono dimenticare dopo essersele trovate di fronte. “Il mio nome è Winter Snake e la mia capanna è colma di scalpi di nemici vinti in combattimento! Per questo sono stato scelto come capo dei Kiowa: perché non tempo nessuno!” E con queste parole che il bellicoso sakem di una tribù delle grandi praterie si presenta allo Spirito con la Scure, sottintendendo che, ovviamente, non teme neppure il Re di Darkwood. Fa così irruzione nella saga zagoriana un personaggio destinato a lasciare il segno, e a rimanerci a lungo, facendo ritorno in numerose occasioni. In questa prima storia, Winter Snake si propone come avversario: non, però, come nemico. Il capo Kiowa, fiero e aspro, difende infatti la sua gente, anche se nel farlo mette a repentaglio, oltre alla vita dei veri colpevoli, quelli di alcuni innocenti. Sarà difficile per Zagor risolvere la difficile situazione, apparentemente combattendo chi ha ragione e difendendo chi ha torto.
E quindi c'è lei, Frida Lang. “Mi ero proposta di mostrarmi degna di te, volevo farti capire che io sono diversa dalle altre donne del gruppo. Voglio che tu comprenda quale compagna potrei essere per un uomo che conduce una vita avventurosa come la tua”, sussurra Frida, abbracciando Zagor in una scena di questo volume. Figlia del colonnello Lang, segretario del barone Von Swieten, la ragazza è una giovane austriaca irretita dal fascino dell’uomo della frontiera che lo Spirito con la Scure incarna e rappresenta. Ma al di là dell’infatuazione del primo momento, la ragazza sembra avere davvero tutte le caratteristiche per far breccia nel cuore del Re di Darkwood: è bella, intelligente, sensibile, coraggiosa e intraprendente. “Io sono innamorata di te”, dice quando il nostro eroe si troverà a decidere quale futuro dare alla loro breve storia d’amore. Un futuro che in effetti ci sarà, dato che Frida tornerà, anni dopo la sua prima apparizione, di nuovo sulla scena, suscitando ancora batticuori e emozioni in tutti i lettori rimasti folgorati dalla scena del suo primo bacio. Peccato solo per il modo con il quale lo Spirito con la Scure qui se la dà a gambe deciso a interrompere sul nascere un rapporto che, comunque, di certo non avrebbe avuto vita facile.
Vogliamo poi dimenticare "Memphis" Joe? Joe Shepard è stato caratterizzato graficamente da Gallieno Ferri in maniera efficacissima. Impossibile non guardarlo trovarlo odioso e antipatico fin dalla prima occhiata. E difatti la guida della comitiva dei nobili austriaci si rivela ben presto perfido e senza scrupoli, disposto, per denaro, a calpestare non solo le più elementari regole del diritto naturale, ma anche quelle del buon senso. La punizione che il destino ha in serbo per lui è terribile e catartica, e fa riflettere.
Ci sono però anche i personaggi di contorno, come il violinista. “E’ buffo... non ho mai impugnato una pistola in tutta la mia vita, e ora devo usarla proprio contro di me!”, dice Klein, il violinista austriaco che il baron von Swieten ha portato con sé in America perché allietasse le serate della comitiva con il suono del suo strumento. E in effetti il musicista non è avvezzo alle armi da fuoco, abituato com’è a impugnare soltanto l’archetto con cui scivola sulle corde del violino. Per questo, dopo essere caduto da un dirupo ed essersi spezzato le gambe, chiede a Zagor di poterlo suonare un’ultima volta, prima di essere raggiunto dai Kiowas. Cercare di portarlo in salvo, infatti, vorrebbe dire segnare la fine di tutti gli altri fuggitivi. Un personaggio indimenticabile, per quanto protagonista di poche pagine. Insomma, un capolavoro, stampato peraltro con la cura che si merita e corredato da una bella prefazione di Graziano Frediani.