lunedì 25 maggio 2020

IL KAMASUTRA DEL TROIO



Andrea Camerini
IL KAMASUTRA DEL TROIO
Il Vernacoliere
2019, brossura
130 pagine, 13.90 euro

Cominciamo dalle basi, proprio. "Il Vernacoliere" è una storica rivista satirica livornese, diffusa però anche in varie parti d'Italia. Viene venduta in edicola ed è rimasta l'unica rivista satirica su carta. Fa molto ridere ed è molto sboccata. Nel corso di vari decenni ha cresciuto uno stuolo di autori comici che hanno fatto anche carriera alla radio, in TV, nei fumetti. Pagani & Caluri, Max Greggio, Federico Sardelli e, ovviamente, Andrea Camerini. Camerini pubblica tutti i mesi, da anni, sul "Vernacoliere", le avventure del Troio, il suo personaggio più noto, protagonista anche di varie raccolte delle sue storie. Il Troio è un nullafacente livornese la cui occupazione principale è farsi mantenere dallo scoglionatissimo babbo Enio e "andare a fie". Perché, come viene detto anche nella prefazione dello stesso Camerini, la domanda principale nella vita è: "ma fie, ce n'è?". Per i non-toscani, spiego che "fia" significa "quella cosa" e non fatemi spiegare di più. Per sineddoche, la parte per il tutto, "quella cosa" lì significa comunemente e tradizionalmente, in riva all'Arno, senza nessuna accezione sessista, la donna (io prendo le distanze, relata refero). Collateralmente alla rivista, il direttore del "Vernacoliere", il magistrale (nel suo campo) Mario Cardinali, pubblica anche una serie di libri umoristici, anche di inediti. E' il caso di questo esilarante "Kamasutra del Troio", in cui vengono descritte (in prosa e in disegni) 28 stupefacenti posizioni amorose, una più scompisciante dell'altra. Le descrizioni sono arricchite dalle note autobiografiche del Troio che racconta quando, come e perché gli sono venute in mente quelle posizioni (di solito nel campeggio MiraMara a Marina di Navacchio). Se non vi sconvolgono le trivialità boccaccesche tipiche della Livorno (e della Toscana) più schietta, c'è da ridere fino a soffocarsi.

lunedì 18 maggio 2020

GENESI



Guido Tonelli
GENESI
Feltrinelli
2019, brossurato,
224 pagine, 17 euro

Guido Tonelli, fisico del Cern di Ginevra, è uno degli scienziati che ha scoperto il bosone di Higgs. Il suo "grande racconto delle origini", così recita il sottotitolo, è una affascinante narrazione, rigorosa ma senza formule matematiche, della nascita del nostro Universo, così come l'ha ricostruita la scienza. Pare che ormai ne sappiamo parecchio, e le incertezze sono limitate solo ai primissimi istanti. Istanti misurabili, peraltro, in miliardi di miliardesimi di secondo. Se negli anni Ottanta il fisico Steven Weinberg aveva spiegato il modello standard della cosmogonia con il suo "I primi tre minuti", oggi Tonelli aggiorna la teoria alla luce delle ultime scoperte, arricchendo il suo testo anche di una breve cronistoria di come gli scienziati sono arrivati là dove si trovano adesso (e sembra che i prossimi anni porteranno a nuovi clamorosi sviluppi). Il saggio si legge come un romanzo d'avventura, e l'entusiasmo del divulgatore è contagioso. Sembra quasi di vederla ribollire la schiuma quantistica del primo istante. Per un imprevedibile rimbalzare di eventi fulminei il vuoto è esploso e si è inflazionato (a velocità superiori alla luce, perché lo spazio si è andato creando proprio con quell'espansione). Mi ha sbalordito leggere di come il vuoto generi spontaneamente particelle solo "percuotendolo" con scariche di energia. Poi, i quanti elementari si sono aggregati man mano che la temperatura inconcepibile iniziale calava, e quando sono nati primi nuclei di protoni e neutroni, presto avvolti da nubi di elettroni, si sono potute accendere le prime stelle. Tutti gli atomi che compongono i nostri corpi vengono dalle fucine delle varie generazioni di stelle. Siamo veramente figli delle stelle, o quantomeno loro polvere.

domenica 17 maggio 2020

CAPITAN ITALIA





Walter Venturi
CAPITAN ITALIA 
Cosmo Comics
brossurato, 224 pagine
2019, 19.90 euro


«Ero giovane, sognavo di fare il fumettista e Capitan Italia fu la mia risposta trash ai supereroi americani e ai loro colori sfavillanti. Le mie erano macchiette grottesche che facevano il verso alla politica e alla società italiana degli anni ’90». Così dichiara, in una intervista, Walter Venturi, oggi uno dei più attivi disegnatori dello staff Bonelli, in forza a Zagor ma jolly sempre pronto a prestarsi per ogni necessità ed evenienza, e perciò visto all’opera su un po’ tutte le serie, a partire da Tex. Nel 1995, Walter, classe 1969, aveva 26 anni, un incredibile talento già riconoscibile per quanto da sviluppare, e una straordinaria voglia di disegnare divertendosi. Capitan Italia, un super eroe di casa nostra da lui ideato, viene pubblicato fino al 2000 da una etichetta di autoproduzioni, la Down Comix. Successivamente, sotto il marchio Factory (un’altra casa editrice indipendente) pubblica Lost Kidz, su testi Roberto Recchioni, con il quale collabora anche per le testate Eura John Doe e Detective Dante, prima di approdare in casa Bonelli con Bred Barron e Demian. Quindi, tutto da solo (testi e disegni), realizza un Romanzo a Fumetti dal titolo “Il grande Belzoni”, di 260 tavole che racconta la vita del grande archeologo e avventuriero padovano a cui si devono alcune tra le più grandi scoperte dei primordi dell’egittologia. Visto il suo amore di antica data verso il Re di Darkwood, passa poi a Zagor. Il resto è storia recente. 
A venticinque anni di distanza da Capitan Italia, ecco dunque un volume, pubblicato dalla Cosmo Comics, che ne raccoglie tutta la produzione, più una storia inedita di otto tavole. La raccolta permette di seguire il percorso in costante miglioramento (narrativo, grafico, scenografico, tecnico, creativo, emozionale) delle potenzialità già espresse nelle prime tavole, e di ammirare la varietà di stili, adatti di volta in volta alla situazione, con cui il vulcanico disegnatore era ed è in grado di esprimersi. Se l’ideazione del personaggio e buona parte dei testi sono riconducibili allo stesso Venturi, con il crescere della serie (anche dal punto di vista di riscontro di pubblico, nonostante la distribuzione anch’essa indipendente) le ultime tre avventure sono state sceneggiate da Diego Cajelli, Roberto Recchioni e Lorenzo Bartoli. Indubbiamente Capitan Italia nasce sotto l’influsso di un altro fumetto “indy” dei primi anni Novanta, “Il Massacratore”, di Stefano Piccoli, che era la parodia del personaggio Marvel The Punisher, Il Punitore. L’idea era che il Massacratore facesse a pezzi personaggi antipatici al suo autore, tipo Vittorio Sgarbi o Cristina D’Avena. Capitan Italia è invece la parodia di un supereoe spaccatutto generico, un po’ Capitan America, un po’ Iron Man. Nel giro di tre episodi si capisce che si tratta di un cyborg voluto da un misterioso Grande Vecchio, in cui si riconosce perfettamente Giulio Andreotti, per difendere la legalità intesa come ordine costituito. Però il cyborg sfugge al controllo e ne combina di tutti i colori. Nelle vivaci avventure un po’ superoistiche, un po’ grottesche, un po’ splatter, si fa satira politica e sociale e, a rileggerle oggi, ci si ricorda dell’Italia di allora: centri sociali, scontri con la polizia, avvento della TV commerciale, corruzione. Ma il primo avversario fatto a pezzi è un pedofilo, e ci sono delle crudeli punizioni anche per falsi invalidi e chi non paga il pedaggio in autostrada. In due avventure Capitan Italia stermina i supereroi americani, in un altro fa a pezzi i robottoni giapponesi (ma si vede anche una scosciatissima Sailor Muck). Colpisce come il personaggio di Venturi abbia anticipato, per certi versi, Deadpool.

venerdì 15 maggio 2020

IL BUIO IN SALA





Leo Ortolani
IL BUIO IN SALA
Bao Publishing
206, cartonato
200 pagine, 17 euro


Devo confessarvi che non sarò in grado di recensire questo libro con il minimo di competenza che si richiede anche all'estensore di queste brevi annotazioni, che vado di tanto in tanto pubblicando man mano che leggo roba. Mi limiterò perciò a segnalarvi che il volume esiste, vi dirò più o meno di che cosa tratta in modo da darvene un'idea, però poi dovrete leggervelo per poterlo giudicare (nel caso, fatemi sapere). Il motivo per cui, con l'umiltà e la modestia che mi contraddistinguono, chino la testa e mi dichiaro inabile a recensire le recensioni (perché appunto di recensioni, cinematografiche, si tratta) è che della quarantina di film di cui si occupa Leo Ortolani, io ne avrò visti si e no cinque. Ora, capirete il mio imbarazzo, Leggo la recensione a fumetti, capisco che c'è una battuta di cui si dovrebbe ridere, ma non ho idea di ciò a cui ci si riferisce e ci rimango male. Mi sento ignorante come una capra di fronte a Frank Capra. Del resto, Ortolani dice di sé: "Io non sono un amante del cinema. Io sono il marito". E sembra esserlo davvero, perché dimostra una competenza strabiliante, almeno nei film di genere di cui si occupa in "Il buio in sala". Ora, io del cinema sono al massimo un trombamico, toccata e fuga, e di solito nei cinema d'essai. Finché Leo ha fatto le parodie di Avatar o di The Walking Dead me la sono cavata, avendo visto il film e la serie di riferimento, e ho riso moltissimo. Ci ho capito meno nel "Signore dei Ratti" non avendo visto quello "degli Anelli", però almeno lì c'era una contro-storia leggibile e godibile come tale. Ne "Il buio in sala" la battuta è più legata alla contingenza, al merito, alla polemica del momento, non si può apprezzare allo stesso modo fuori dal contesto, come un pur esilarante commento in sala. Del resto in molte recensioni compaiono proprio gli spettatori che guardano il film e lo commentano. Il target del volume è costituito, mi pare di capire, dai personaggi di "Big Bang Theory". Bisogna essere adepti della setta di quelli che aspettano dalle quattro del mattino l'apertura di un cinema alle quattro del pomeriggio per essere i primi a vedere il ventiquattresimo film degli Avengers, sapendo a memoria tutte le battute dei ventitrè precedenti e il cast completo, fino ai nomi degli stuntman, di ognuno. Purtroppo, io dei film Marvel ho visto i primi tre Uomo Ragno, poi hanno cambiato l'attore e ho smesso. In realtà credo di aver smesso un po' dopo, quando mi sono accorto che per vedere un nuovo film di supereroi dovevo averli visti tutti, se no non ci capivo più nulla. E siccome ne ho persi un paio, non ci ho capito più nulla e basta là. Mi sono sempre informato dagli amici se la trama seguiva quella dei fumetti, ed ero contento quando mi dicevano di sì. Poi mi è parso che i film non seguissero più neppure quella e ho perso interesse. Va detto, a mio sommo disdoro, che io i film li vedo al cinema e lì non c'è modo di recuperarli quando escono di programmazione. Non sopporto di vederli in televisione interrotti dalla pubblicità, non ho una smart TV, non ho mai fatto un abbonamento a Sky, Premium, Netflix e compagnia bella. Non ho mai visto un film in streaming perché sul PC balla la connessione, la qualità è pessima, lo schermo piccolo. In buona sostanza, o al cinema o in DVD. Ma avendo smesso di praticare i film con effetti speciali, recupero piuttosto i grandi classici main stream del passato piuttosto che Star Trek Ultimissina Frontiera. Quindi, come fare? Devo gettare la spugna. Come promesso cercherò, però, di spiegarvi lo stesso di che cosa si tratta. Leo Ortolani, con il talento che gli è proprio, ha cominciato a pubblicare da qualche parte su Internet le sue personalissime recensioni a fumetti dei film che andava regolarmente a vedere al cinema, quelli Marvel, DC, di Star Wars, di Star Trek. Un po' come Stefano Disegni su Ciak, per intenderci. Però Disegni spazia ovunque, Leo si attiene al genere di cui abbiamo detto. Le recensioni apparse in Rete sono stare poi raccolte in volume, un po' pigiate per motivi di spazio. Ho letto tutto, e il miracolo è che ho riso lo stesso, pur senza aver visto il film di cui ci si fa beffe. Perciò, consiglio caldamente "Il buio in sala" a tutti, anche a quelli come me (che come fan trentennale di Ortolani dai tempi di "Made in USA", in possesso di tutte le cose da lui pubblicate, non potevo perdermi questa). Una cosa però mi sento di aggiungere: Leo i film di supereroi li va a vedere tutti, ma non gliene va bene uno. Li smonta sistematicamente, li distrugge pezzo per pezzo. Ecco: mi fa piacere aver capito che ho fatto bene a smettere di andarli a vedere.

martedì 12 maggio 2020

INDEH





Ethan Hawke
Greg Ruth
INDEH
Mondadori
2017, cartonato
240 pagine, 20 euro


Ethan Hawke, celebre attore (uno dei Magnifici Sette nel remake del 2016) è anche scrittore (tre romanzi) e, esordendo proprio con questo volume, sceneggiatore di fumetti. Nella sua postfazione racconta di aver lavorato per anni alla messa a punto del copione per un film sulla vita di Geronimo, prima di convincersi che la storia avrebbe funzionato anche se raccontata attraverso un altro medium, il fumetto. Il punto di partenza di Hawke è stato il desiderio di raccontare le vicende degli Apache dal punto di vista degli Apache stessi, convinto che i vincitori (i bianchi) non siano mai i migliori cronisti storici. Appassionatosi durante le vacanze trascorse da ragazzo nel Sud Ovest delle vicende dei Dineh (così gli Apache chiamavano se stesso, "il popolo", mentre il nome con cui li chiamiamo noi signfica "nemici", e venne dato loro dalle tribù rivali), l'attore spiega di essersi documentato a lungo, e in effetti non c'è motivo di dubitarne. Geronimo, che tutti dicono essersi chiamato Goyathlay, qui diventa Goyakla. Nelle prime pagine si capisce, peraltro il perché del nome in spagnolo: un messicano a cui lui stava per dare il colpo di grazia implorava San Geronimo (Girolamo) chiamandolo a gran voce, e quell'invocazione si trasformò nel modo in cui il suo uccisore sarebbe sempre stato chiamato. Non è che gli Apache, nel graphic novel di Hawke e Ruth, facciano la figura dei chierichetti e i visi pallidi siano al contrario dei diavoli assatanati. Però, ben si capisce come gli Apache abbiano sempre reagito (con estrema crudeltà) alla violenza di chi veniva a occupare le loro terre e li sterminava senza troppi scrupoli. Le parole di Geronimo poste a conclusione della drammatica e coinvolgente ricostruzione di Hawke servono a far riassumere tutta la storia: "Quando eravamo giovani, abbiamo attraversato il paese da Est a Ovest, e abbiamo incontrato soltanto Apache. Lo abbiamo rifatto molte estati dopo, per scoprire che un'altra razza li aveva rimpiazzati. Come è potuto succedere? Perché adesso gli Apache si contano sulla punta delle dita? Vi abbiamo combattuto come meglio potevamo. Abbiamo ucciso dieci bianchi per ogni Apache, ma quando muore un uomo bianco, molti prendono il suo posto. Quando muore un Apache, non c'è nessuno a rimpiazzarlo. Non siamo più Indah, i vivi, adesso siamo Indeh... i morti. Siamo andati via, senza lasciar traccia". Sul fatto che la storiografia e la fiction siano sempre state dalla parte dei visi pallidi, è quanto meno discutibile, visto che "Soldato Blu" in poi (ma ci sono stati esempi anche precedenti) si sono visti e rivisti anche film, fumetti, saggi, data parte degli indiani. In Italia, poi, Tex è stato precursore e anche Zagor ha fatto la sua parte. Hawke non ci dice in fondo niente di nuovo. Tuttavia la storia di Geronimo come ce la racconta lui è davvero inquietante e affascinante al tempo stesso. L'iperrealista Greg Ruth, dal canto suo, più illustratore che fumettista, lascia a bocca aperta in ogni tavola.

lunedì 11 maggio 2020

IO SONO CICO




Quale miglior periodo di quello cupo e tetro che stiamo vivendo a causa del coronavirus, per presentare un libro assolutamente ilare e giulivo come “Io sono Cico”? Si tratta di un corposo cartonato di ben 448 pagine a colori (simile per impostazione al precedente, di grande successo, “Io sono Zagor”), uscito il 23 gennaio in libreria e in fumetteria con il marchio della Sergio Bonelli Editore, curato dal sottoscritto e destinato, ne sono sicuro, a divertirvi moltissimo. Infatti, per la prima volta sono state raccolti in volume i migliori sketch del messicano più simpatico del mondo, sceneggiati da Guido Nolitta e inseriti nelle avventure di Zagor della serie regolare tra il 1961 e il 1971. In tutto, ben trenta “comiche” autoconclusive, perfettamente godibili anche al di fuori del contesto da cui sono state tratte, tutte precedute da un commento e corredate da un lungo saggio iniziale che sviscera i perché e i percome della comicità cichiana. Selezionando le gag mi sono fatto delle gran risate, riscoprendo chicche e perle di umorismo davvero strepitose. Se il libro dovesse riscontrare il vostro favore, chissà, potrebbe perfino essere il primo di una serie: gli sketch di Cico sono centinaia!





Quando si citano i personaggi creati da Sergio Bonelli con lo pseudonimo di Guido Nolitta, di solito ci si limita ai due più famosi: Zagor (1961) e Mister No (1975). Volendo essere più esaustivi si aggiungono alla lista il Ragazzo nel Far West (1958), il Giudice Bean (1959), il Ribelle (1959), River Bill (1990). Ma, secondo me, all’elenco andrebbe aggiunto anche Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales - per gli amici semplicemente e più brevemente Cico. Un character con uno spessore (in senso sia lato che reale) in grado di tener testa a qualunque altro.

In teoria, si tratta del compagno di avventure di Zagor: di una spalla, se vogliamo. In realtà, la saga dello Spirito con la Scure inizia a venirci raccontata soltanto a partire dall’incontro con il messicano (qualunque avventura Zagor abbia vissuto prima, non sembra aver avuto grande importanza fino al racconto del suo passato, narrato soltanto diversi anni dopo). Non solo: Cico compare già nella prima pagina de “La foresta degli agguati”, protagonista di una brillante gag prima e di una drammatica sequenza di combattimento poi, mentre per veder entrare in scena il Re di Darkwood si deve aspettare ancora un po’. Insomma: non c’è Zagor senza Cico. Di contro, c’è Cico senza Zagor. Proprio Sergio Bonelli ha firmato ben cinque albi speciali di 128 tavole ciascuno dedicati alle avventure in solitaria del pancione, a cui poi se ne sono aggiunte altri ventidue (per un totale di ventisette) scritti da altri sceneggiatori (tra cui diciannove miei). Nel  2017 c’è stata di una nuova miniserie tutta cichiana di sei nuovi albi a colori, “Cico a spasso nel tempo”, scritta da Tito Faraci: insomma, il messicano vive di vita propria! Mi pare giusto, dunque, che a “Io sono Zagor” si affianchi “Io sono Cico”.

Per presentare il volume, la Sergio Bonelli ha realizzato con me il video che vedete qui sotto.






martedì 5 maggio 2020

IO E ZAGOR






Durante Lucca Comics 2019, e cioè a cavallo tra il mese di ottobre e quello di novembre, è stato presentato in anteprima un mio nuovo libro, intitolato “Io e Zagor”, che poi, successivamente, è stato distribuito in libreria a partire dal febbraio 2020. Fin da subito è stato però possibile ordinarlo sul sito della Casa editrice, che è la Cut-Up. Visitando lo shop on line ci si accorge peraltro come il sottoscritto sia l’autore più rappresentato, con ben sette pubblicazioni. 

Io e Zagor”, che ha per sottotitolo “La strada verso Darkwood”, potrebbe sembrare a prima vista una sorta di autobiografia professionale, lunga ben 540 pagine. In parte lo è, ma non è con l’intento di raccontare la mia vita che mi sono messo a scrivere. Volevo rievocare,  per come l’ho visto e vissuto io, un mondo che in gran parte non c’è più, ma anche un grande passione, e la realizzazione di un sogno. Sogni, passioni, nostalgia, memorie sono emozioni di tutti e narrandole non parlo di me, parlo di noi, di quelli almeno nati quando ancora non c’erano i videogiochi e i telefonini. Il commento più frequente che mi sono sentito fare da parre chi di ha letto il libro è stato: “mi sembrava di rivedermi”.  

Ho cercato di ricostruire un’Italia fatta di ragazzi che giocano per le strade, che si scambiano figurine e giornalini, che vedono nell’edicola il Paese del Balocchi, che sognano con le avventure degli eroi di carta, che fanno la collezione di albi acercando i pezzi mancanti sulle bancarelle, che vanno alle mostre mercato, che creano associazioni e stampano fanzine. Il mondo dei funzionari, già. Chi se lo ricorda? Chi si ricorda dei banchetti in cui si vendevano ciclostilati ed erano quelli gli unici veicoli di informazione sui fumetti?
Oltre a questo, ci sono i ritratti dei personaggi che ho incontrato: Sergio BonelliGallieno FerriDecio CanzioFrancesco GambaMauro Boselli. C’è il ricordo della Casa editrice di Via Buonarroti com’era una volta, negli anni Ottanta, e c’è la mia crescita umana e professionale, quella di un sognatore che voleva fare lo scrittore di fumetti e ha cercato tutte le strade per riuscirci. 
Moreno Burattini nel 1989

Il libro è uscito esattamente trent’anni dopo l’approvazione del mio primo soggetto di Zagor da parte di Sergio Bonelli, e racconta il dipanarsi nel tempo della saga zagoriana dal mio ingresso nello staff fino ai giorni nostri, con il cambiare della società, l’irrompere di Internet e dei social, il confronto con i lettori, il crescere delle manifestazioni e degli eventi legati allo Spirito con la Scure. Quando sono arrivato io, Sergio Bonelli non scriveva più storie del Re di Darkwood da dieci anni, e nelle sue interviste ipotizzava un onorevole pensionamento del personaggio per raggiunti limiti di età. A distanza di un trentennio, non soltanto Zagor non ha chiuso, ma pubblica quasi tremila tavole di materiale inedito ogni anno, è il terzo personaggio di maggior successo della Casa editrice, c’è un fermento continuo nel fandom, tra gli appassionati si stampano due riviste professionali che commentano e analizzano le nuove e le vecchie avventure, si producono libri cartonati, si realizza merchandising, continuano le pubblicazioni all’estero. 

Serhio Bonelli (Guido Nolitta) e Gallieno Ferri 

Credo che il libro sia gradevole da leggersi nonostante la mole, che non deve scoraggiare. Abbondano le fotografie. La copertina è opera di Alessandro Bocci e Alessandro Piccinelli, la retrocopertina di Bane Kerac: tre carissimi amici che ringrazio. Quasi seicento pagine costano 19.90 euro. Mi dicono che ci si può stare, in ogni caso il prezzo non lo decido io. Se lo ordinate cliccando qui sotto, però, il prezzo è scontato e la spedizione gratuita.



I tempi delle fanzine
Questo il testo in quarta di copertina.

La strada verso Darkwood è la strada verso l’avventura e la fantasia.
Il viaggio che porta al mondo incantato di Zagor, lo Spirito con la Scure, è anche un viaggio attraverso la storia, la geografia, le tradizioni, le culture di paesi lontani che però possono servire a capire meglio la nostra realtà  e persino noi stessi.
Creato da Sergio Bonelli e da Gallieno Ferri nel 1961, il leggendario eroe dalla casacca rossa ha fatto sognare intere generazioni di lettori e ha realizzato il sogno di uno di essi: Moreno Burattini, che fin da bambino voleva scriverne le storie e lo sta facendo da trent’anni.
Questo è il racconto di come una passione è diventata una professione.


La prima macchina da scrivere di Moreno Burattini

Ci sono già in giro le prime recensioni, tra cui una di Graziano Frediani che su TuttoTex n° 585, ha recensito addirittura due miei libri, "Io e Zagor" e "Io sono Cico" (ma di questo parleremo la prossima volta).



In Rete è rintracciabile una videorecensione, molto approfondita, di Gianluca RKC Carboni. Cliccate qui per vederla:





Il "suggerimento" di Fabio Licari su "Fumo di China"










Ho scelto però di trarre qualche passaggio da quella di Mario Bonanno apparsa su "Solo Libri". Il testo integrale lo trovate qui:




Io e Zagor. 
La strada verso Darkwood di Moreno Burattini
di Mario Bonanno

Cut-Up, 2019 - “Io e Zagor” è un libro avvincente e appassionato, che ricostruisce non solo l’intenso rapporto tra il famigerato protagonista dei fumetti e il disegnatore che ne ha risollevato le sorti, ma anche una fetta importante di storia del fumetto e del costume italiani.
Anni prima di Dylan Dog, Zagor è stato l’anti-eroe umano-troppo-umano dell’universo Bonelli: coi cattivoni in qualche modo la sfanga sempre, però può capitargli di vedersela davvero brutta e talvolta di uscirne con le ossa rotte.
Le 540 pagine di cui consta il volume raccontano dunque la realizzazione di un grande sogno. Di come, cioè, Moreno Burattini, nel tempo e col tempo, da San Marcello Pistoiese a Milano, arriva a consolidare la sua passione per Zagor, e più in generale per il fumetto italiano, fino a divenirne il nuovo deus ex machina. Oltre che una qualche felice combinazione astrale, gli sono giovati, in ordine sparso e a prescindere dal grado di rilevanza:
1) lo sviluppo progressivo di un’autentica ossessione per la letteratura a fumetti (sin dalla più tenera età corse in edicola, baratti, collezioni, e letture degli albi se possibile come le medicine: mattina, mezzogiorno e sera); 
2) l’innegabile talento di scrittore (quando comincia con le strisce umoristiche e la creazione di autarchiche e fortunate fanzine, Burattini sta ancora sui banchi di scuola); 
3) gli incontri decisivi che ti cambiano la vita (Sergio Bonelli - alias Guido Nolitta - & Galieno Ferri, sceneggiatore e illustratore storici del primo Zagor, in primis).
Andando avanti di questo passo sospeso, tra sogni che si avverano e realtà, in Io e Zagor gli aneddoti succosi non si contano. Così come non si contano i “dietro le quinte” della carriera di Moreno Burattini, intensa quasi come quella del suo eroe preferito. Alla bio di Burattini mancano solo i pellerossa e il panciuto Cico, e poi davvero si potrebbe parafrasare Flaubert e fargli sentenziare che Zagor c’est lui.


La lettura di questo tomo muscolare (nella forma) e gentile (nella sostanza) firmato da Moreno Burattini, mi conferma nella bontà della mia scelta: se è vero che Zagor è il re di Darkwood – e anche l’incontrastato sovrano degli albi d’avventura – Moreno Burattini ne è il promoter più appassionato, credibile e irresistibile che possa esserci in circolazione. Io e Zagor è avvincente, e non stanca. E c’è, anche, che dentro ci passa una fetta di storia recente e remota del fumetto e del costume italiani.