martedì 20 maggio 2025

NERO: OSCURATO IL SOLE E SPENTE LE STELLE

 


Emiliano Mammucari
Matteo Mammucari
Alessio Avallone
NERO: OSCURATO IL SOLE E SPENTE LE STELLE
Sergio Bonelli Editore
2022, cartonato
80 pagine, 17 euro


“Una fortezza chiamata Tell Bashir esiste davvero e si trova a sud-ovest di Edessa. Era un nome troppo bello per abbandonarlo alle sabbie del tempo”. Così concludono la loro postfazione Emiliano e Matteo Mammucari, creatori della saga di Nero e sceneggiatori di questo secondo episodio, come del primo. Primo che era stato disegnato dal solo Emiliano, mentre il volume di cui vedete in alto la copertina porta la firma, per la parte grafica, del bravo Alessio Avallone, perfetto nell’inserirsi senza attriti di sorta in una narrazione già iniziata da altri. Della puntata precedente, intitolata “Così in terra” ci siamo già occupati in questo spazio: cliccate sul titolo per leggere la recensione che commenta l’inizio della saga.
Tell Bashir, dicevamo: un nome che soltanto a pronunciarlo evoca ciò che i disegni ci mostrano fin dalla seconda tavola, una fortezza araba nel deserto siriano, assediata dai franchi durante la terza Crociata e, apparentemente, destinata a cadere. Giova ribadire quel che avevamo segnalato in precedenza: la grande importanza della colorazione in supporto e valorizzazione dei disegni, proprio come strumento della narrazione (questo secondo episodio è colorato da Luca Saponti, già colorista del primo volume, e da Adele Matera); al contrario, la non importanza dell’aspetto religioso nella caratterizzazione degli eserciti in campo e degli eroi, tutti rivali fra loro o disposti ad allearsi, nonostante la fede, mossi da interessi e scopi personali, sulla scorta di avvenimenti del passato che continuano a guidare le loro scelte e le loro azioni. Il fatto che si parli di crociati e di musulmani non ha grande rilevanza, potrebbe trattarsi della guerra fra Sassoni e Normanni, o fra Mongoli e Cinesi, o fra Russi e Teutonici. “Oscurato il sole e spente le stelle” chiarisce meglio le caratteristiche dei personaggi. Nero, guerriero arabo ma cane sciolto, reca sulla fronte una cicatrice che ricorda un rito a cui fu sottoposto da bambino dal suo stesso padre che voleva immolarlo a un Djinn, un demone nascosto nella misteriosa Grotta del Sangue, rito che non finì bene e che l’indisciplinato eroe vorrebbe non si ripetesse mai più; lo Straniero, combattente cristiano disertore, segnato sul corpo a sua volta dagli artigli dello stesso demone, vuole invece che questi venga nuovamente evocato perché si metta al suo servizio; il Qadi, signore di Tell Bashir e zio di Nero, ritiene l’aiuto del Djinn l’unica speranza per salvare la sua fortezza; la Nizarita, una sorta di ninja musulmana, ha un conto aperto con Nero e lo vuole uccidere approfittando del trambusto. Tutti costoro si ritrovano alla Grotta del Sangue a breve distanza di tempo l’uno dall’altro, e sembra che uno di loro abbia iniziato il rito...

domenica 18 maggio 2025

SCRIVERE LA STORIA



 
Simon Sebag Montefiore
SCRIVERE LA STORIA
Mondadori
2024, brossura
296 pagine


“Lettere che hanno cambiato il mondo”, promette il sottotitolo. E, in buona parte, il contenuto mantiene. Emozionante, per esempio, poter leggere la lettera scritta dal reverendo John Stevens Henslow a Charles Darwin, il 24 agosto 1831, con la quale il giovane naturalista viene informato di un posto libero a bordo del brigantino “Beagle” che di lì a poco sarebbe partito per un lungo viaggio di esplorazione attorno al mondo. Posto lasciato libero, per la cronaca, da Marmaduke Ramsay, designato in un primo momento ma inopinatamente morto durante i preparativi della spedizione. Henslow scrive: “Non accampate dubbi o timori dovuti a modestia riguardo le vostre qualifiche, mio caro Darwin, perché vi assicuro che vi considero proprio l’uomo che il capitano FitzRoy sta cercando”. Simon Sebag Montefiore (1965), scrittore e saggista britannico,  raccoglie una settantina di lettere private, rintracciate scartabellando libri e archivi di tutto il mondo e di tutte le epoche, scritte da personaggi quali, solo per citarne alcuni, Bolivar, Churchill, De Sade, Gandhi, Che Guevara, Flaubert, Kafka, Lenin, Lincoln, Machiavelli, Mao, Mozart, Michelangelo, Ramses, Solimano il Magnifico, Stalin, Truman, Wilde. Lettere private, cioè non destinate, quando vennero scritte, alla pubblicazione, dunque non documenti ufficiali ma messaggi che mettono a nudo le personalità, i sentimenti, i vizi, i gusti, il coraggio, la bontà, la saggezza ma anche la spietatezza o perfino la stupidità di figure storiche di cui ci è concesso scoprire aspetti sconosciuti e talvolta insospettabili. Tra i documenti raccolti da Montefiore, commentati uno per uno e inquadrati nel loro contesto, ce ne sono alcuni scritti originariamente in caratteri cuneiformi (come la lettera del re siriano Annurapi al sovrano di Cipro, risalente al 1190 avanti Cristo), altri vergati su papiro o su pergamena, infine su carta, in latino, inglese, arabo, russo, francese, tedesco, e altre lingue ancora. Di alcune lettere, come quella a Darwin citata in apertura, è chiaro il perché Montefiore ritenga che abbiano cambiato la Storia, al pari di quella di Lincoln a Grant scritta il 13 luglio 1863 o quella di Rosa Parks a Jessica Milford datata 26 febbraio 1956, in altri casi si fatica a capirlo ma tutto rientra nella logica secondo la quale lo scritto confidenziale trapelato e giunto fino a noi illumina di nuova o maggior luce l’intimo di un personaggio che nella Storia ha rivestito una qualche importanza. Molto curiose sono le missive, piuttosto numerose, in cui si parla di sesso, mentre altre ci meravigliano per come palpitano d’amore, etero o omosessuale (colpisce quella di Giacomo I al Duca di Buckingham, del 17 maggio 1620). Alcune lettere sono strazianti, scritte in punto di morte (Alan Turing a Norman Routledge, 1952; Franz Kafka a Max Brod, 1924;  Leonard Cohen a Marianne Ihlen, 2016), altre buffe e imbarazzanti (Mozart che racconta la sua gara di peti). Insomma, ogni lettera suscita sorpresa e interesse. Potrei citarle tutte, mi limiterò ad altre due scritte da personaggi che non conoscevo. La prima, quella di Manuela Sàez al marito James Thorne, datata 1823, in cui la coraggiosa donna ecuadoriana che fu amante (la più amata, forse, fra le tante) di Simon Bolivar, dice addio al consorte inglese che era stata costretta a sposare: “Ah! Io non vivo seguendo le convenzioni sociali inventate dagli uomini per recarsi mutuo tormento”. Ma soprattutto colpiscono le parole rivolte ai figli nel 961 da Abd al-Rahman III, governante arabo di al-Andalus, regno musulmano di Spagna: “Ho ormai regnato per più di cinquant’anni. Ricchezze e onori, potere e piaceri, tutto ho avuto di ciò che desideravo, e in apparenza nessuna fortuna terrena mi è mancata. In questa situazione, ho diligentemente conteggiato i giorni di pura e vera felicità di cui ho potuto godere: ammontano a quattordici!”.

 

martedì 13 maggio 2025

NERO: COSI’ IN TERRA

 
 

 
Emiliano Mammucari
Matteo Mammucari
NERO: COSI’ IN TERRA
Sergio Bonelli Editore
2021, cartonato
80 pagine, 17 euro

«“Nero” non parla di religione, non parla di guerre e non parla di culture contrapposte. “Nero” parla di demoni». Così concludono la loro introduzione al volume Emiliano e Matteo Mammucari, autori a quattro mani di soggetto e sceneggiatura. Il solo Emiliano, invece, si è occupato degli efficaci disegni, affidati alla colorazione di Luca Saponti. Un nome, quello di Saponti, che va assolutamente citato perché i colori, in questo racconto a fumetti, sono non soltanto spettacolari, ma parte integrante della storia. Colori che, finalmente, valorizzano ed esaltano le chine sottostanti, aggiungendo significato ed emozioni, oltre che atmosfera, sfondo e completamento. Così come merita una segnalazione l’originale lettering di Marina Sanfelice, studiato appositamente per “Nero”. Ma torniamo al fatto che Emiliano e Matteo Mammucari non intendono narrarci precisi eventi storici del 1173 accaduti fra la prima e la seconda crociata nella regione compresa fra Antiochia e Gerusalemme, e non vogliono, dunque schierarsi in favore degli infedeli rispetto a una fede piuttosto che a un’altra. Vogliono narrarci una fabula che usa uno sfondo bellico feroce e insanguinato per introdurci magia, avventura, mistero, personaggi ben caratterizzati che celano segreti legati a un passato i cui segni sono ben visibili sui loro corpi e nelle loro menti. Vogliono sorprenderci e intrigarci, insomma, e mi pare il migliore dei propositi. Peraltro, sembrano intenzionati a farlo usando un linguaggio chiaro, nei testi e nei disegni, senza aggiungere la difficoltà di decfrazione del narrato al mistero che aleggia sulle vicende. “Così in terra” è il primo volume di una serie Bonelli (ma inserita nella produzione Audace) che si preannuncia articolata, e presenta lo scenario: la Siria dell’anno dell’Egira 551. Siccome l’esodo da La Mecca verso Medina di Maometto e dei suoi seguaci avvenne nel 622 del calendario cristiano, siamo appunto nel 1173. I protagonisti sono principalmente due, un arabo chiamato Nero e un cristiano per il momento noto solo come lo Straniero. Il primo reca una cicatrice sulla fronte raffigurante uno strano simbolo, di cui il secondo sembra conoscere il significato. Lo Straniero è appunto in cerca di Nero, che riconosce per i segni sul volto, e che cattura per farsi condurre da lui nella misteriosa e arcana Grotta del Sangue. Fu là dentro che il padre di Nero incise con una lama la pelle del figlio. Si ignora lo scopo del rituale, perché lo Straniero conosca quei fatti, che cosa (di magico) si nasconde nella caverna, per quale motivo il cristiano la voglia raggiungere. L’irrompere sulla scena di una guerriera musulmana, Nizarita, rovescia la situazione: lo Straniero viene fatto prigioniero e condotto nella fortezza di Tell Bashir, che sta per cadere in mano crociata.



lunedì 12 maggio 2025

LA CORSA DEL LUPO

 
 
Gigi Simeoni
LA CORSA DEL LUPO
Sergio Bonelli Editore
2024, cartonato
340 pagine, 28 euro
 
Mi sono imbattuto in Gigi Simeoni, autore dal multiforme ingegno, agli inizi degli anni Novanta, ai tempi della Acme, quando (non ricordo più se su “Splatter” o su “Mostri”) pubblicava, testi e disegni suoi, le avventure umoristiche dello Zompi, una parodia straordinariamente comica (e straordinariamente horror) dei morti viventi di Romero. Siccome a mia volta ho cominciato con la Acme, si può dire che abbiamo mosso i primi passi insieme, professionalmente parlando. Solo che io, pur autodefinendomi “umorista” per un po’ di cosette fatte per il teatro, il “Vernacoliere”, Cico e qualcos’altro ancora, non so disegnare. Simeoni, invece, sì. E’ un eccellente sceneggiatore e un bravissimo illustratore. Ed è spassosissimo, nella vita reale e quando si cimenta su carta, come gagman, così come si dimostra talentuoso scrivendo testi avventurosi o drammatici, che è in grado di disegnarsi da solo così come di affidarli ad altri. La sintesi si compie su episodi di Dylan Dog come “Quel che resta di Barry”, scritto e disegnato dallo stesso Sime (così lo chiamano gli aficionados), in cui orrore e umorismo nero si fondono in maniera perfetta e Groucho è in forma come non mai. Tuttavia c’è anche un Gigi autore completo di graphic novel memorabili, come “Gli occhi e il buio” (2007) o come “Stria” (2011), in cui sono chiari il grande lavoro di documentazione e il livello colto della narrazione, ma anche il desiderio di offrire una fruizione alla portata di tutti o, come si diceva una volta, nel solco del “popolare d’autore”. Tutte caratteristiche che si ritrovano ne “La corsa del lupo”, una storia uscita originariamente nel 2019 sui numeri 76, 77 e 78 della collana bonelliana “Le Storie” (distribuita in edicola) e cinque anni dopo raccolta in unico volume cartonato. Il raccontoè  inserito nella realtà storica dell’occupazione nazista dell’Italia, della guerra di liberazione e della Resistenza, ma anche degli anni di poco successivi, arrivando a comprendere le attività dell’organizzazione Odessa e gli esordi della Mille Miglia. Protagonista in negativo un ufficiale tedesco, Hans Weissmann, soprannominato “Il Lupo”, incaricato dalle SS di dare la caccia a un cimelio storico, la corona di Re Erode, ritrovata a Gerusalemme nel 1931, ritenuta maledetta, finita nelle mani di trafficanti e naturalmente desiderata da Adolf Hitler, nel quadro del “nazismo magico” alla base anche del primo film di Indiana Jones. Protagonisti in positivo, un piccolo gruppo di partigiani che a loro volta cercano di vendicare le vittime dello spietato Weissmann. Se non fosse riduttivo, verrebbe da dire che il fumetto si gode come un film, perciò diciamo che ci sono film appartenenti allo stesso genere che non emozionano come “La corsa del lupo”. E le emozioni non nascono soltanto dalle scene adrenaliniche di combattimenti, corse in automobile, fughe e inseguimenti, ma anche dalla consapevolezza che molti elementi (le impiccagioni, le fucilazioni, i rastrellamenti, i tradimenti) sono parte della Storia con la “S” maiuscola”.

 

domenica 11 maggio 2025

LA NEVE ERA SPORCA

 
 

Georges Simenon
LA NEVE ERA SPORCA
Adelphi
2023, brossurato
270 pagine, 12 euro

Dove si svolge “La neve era sporca”? E in quali anni? A prima vista, siamo durante la Seconda Guerra Mondiale in una città occupata dai nazisti, forse in Francia o forse in Belgio, dato che l’autore, Georges Simenon (1903-1989), è nato a Liegi ma si è trasferito a Parigi poco più che ventenne (vivendo comunque in giro per il mondo per gran parte della sua vita). Quasi tutti a Parigi sono ambientati i romanzi del suo personaggio più famoso, il commissario Maigret. Qualcuno ipotizza che siamo in Olanda. Tuttavia, lo scrittore dichiara: “L’importante è che l’esercito di occupazione non sia riconoscibile, di modo che l’opera abbia un carattere universale. Anche se, a essere sincero, nella mia mente l’azione si svolge nell’Europa centrale, e precisamente durante l’occupazione russa. Ambienti e nomi sono quelli di una città austriaca o ceca.” Commentando un altro straordinario romanzo di Simenon, “Le finestre di fronte” (si può cliccare sul titolo per leggere la recensione), scritto negli anni Trenta, avevo segnalato come quella di Simenon fosse stata una delle prime voci ad aprire uno squarcio sulla realtà dell’URSS, descrivendone in modo incisivo le storture kafkiane. “La neige état sale” è del 1948, l’ordine mondiale è diverso, ma le storture sovietiche evidentemente, agli occhi dell’autore, restano le stesse. Kafkiana è del resto la detenzione del protagonista, il diciannovenne Frank Friedmaier, in un istituto scolastico trasformato dall’esercito occupante in un luogo di prigionia, di tortura e di esecuzione. 
Tuttavia non sono né la guerra, né l’occupazione nemica l’argomento principale della narrazione, a cui si limitano a dare un contesto, a giustificare il clima di alienazione e di povertà degli inquilini del casamento dove vive Frank e del contesto urbano circostante. Alla base dello straordinario romanzo di Simenon c’è il disagio pressoché psicotico del giovane Friedmaier, figlio senza padre della tenutaria di una casa di appuntamenti celata dietro l’apparenza di una attività di manicure, convinto che diventare adulto significhi superare prove di iniziazione che egli stesso si impone, soprattutto non provare empatia verso nessuno, giudicando ogni legame e ogni sentimento quali segni di debolezza. Il tipo di prove che lo illudono di essere un uomo sono uccidere senza motivo, per esempio, o attirare una ragazza innamorata di lui in una trappola per farla stuprare da un altro. Ma anche ostentare rotoli di banconote ricavate smerciando refurtiva, sfidando la sorte contro ogni prudenza, o maltrattare le donne che lavorano per la madre e la madre stessa, Lotte. Soprattutto, giudicare tutto senza importanza, provocare chiunque, desiderare che qualcosa succeda per poterla affrontare. Finché, gli occupanti lo imprigionano: Frank è convinto di potersela cavare sopportando qualunque tortura, beffandosi dei suoi carcerieri. Qualcosa però gli fa cambiare idea e rimpiangere una vita che avrebbe potuto avere se avesse capito prima. Simenon, con la sua scrittura priva di ogni magniloquenza, fatta di frasi brevi, “entra nella testa di questo personaggio al limite fra l’abiezione e una paradossale innocenza” (come si legge in quarta di copertina) e ci consegna una delle sue opere migliori.



venerdì 9 maggio 2025

LE VOCI DELL’ACQUA

 

 
 
Tiziano Sclavi
Werther Dell’Edera
LE VOCI DELL’ACQUA
Feltrinelli Comics
2019, brossurato
100 pagine, 16 euro

“La prima graphic novel firmata da Tiziano Sclavi”, recita la scritta in quarta di copertina. Non so se altri fumetti di Sclavi come “Là, nel selvaggio West” o “Roy Mann” possano essere considerati “graphic novel” precedenti, ma certamente “Le voci dell’acqua” lo è di più, perlomeno nell’accezione del termine che va per la maggiore. Allo stesso tempo, il volume illustrato da Werther Dell’Edera rispecchia, in ogni singola sequenza, la personale e disperata poetica, intrisa di umorismo nero, dello sceneggiatore pavese così come si è sempre manifestata dalla creazione di Dylan Dog in poi, ma con prodromi anche precedenti. Stravos, “perché è così che si chiama il nostro personaggio”, è l’unico senza ombrello in una città su cui piove sempre, e si muove fra gli altri che invece l’ombrello ce l’hanno e sembrano non accorgersi di niente, neppure dell’arrivo degli alieni. Lui invece sente le voci, ma “solo quando scorre l’acqua”. “Si chiama schizofrenia”, gli dice un amico neurologo. E aggiunge: “Non esistono veri farmaci per la schizofrenia, si usano gli antipsicotici, anche se con scarsi risultati”. Stravos getta la ricetta appena uscito dallo studio del medico, ma il mondo attorno a lui, quello che non sente le voci, non sembra meno psicotico di lui. Lungo il suo vagare senza un motivo (“continua ad andare in un ufficio nella compagnia di assicurazioni di cui è un impiegato, ma non sa perché lo fa”) incrocia personaggi anonimi che vanno incontro a destini assurdi, e sogna di sorvolarli osservando dall’alto “questo oscuro mondo d’angoscia, questo nero universo di dolore”. Stravos è evidentemente (in un racconto in cui però niente è evidente) vittima di un difetto dell’evoluzione: “sapere di dover morire è un tragico errore biologico che porterà inevitabilmente all’estinzione dell’umanità”. C’è chi si ripara sotto l’ombrello delle illusioni e crede alle promesse fatte per sempre, e chi disilluso capisce che “anche sempre ha una fine”. E’ questo che dicono le voci dell’acqua, forse.

 

mercoledì 7 maggio 2025

IL CUORE DI LOMBROSO

 


 
Davide Barzi
Francesco De Stena
IL CUORE DI LOMBROSO
Sergio Bonelli Editore
2021, cartonato
130 pagine, 20 euro

Impossibile, per parlare di questo libro, non partire da Umberto Eco e dal memorabile “Elogio di Franti”, contenuto nel suo “Diario Minimo” (1963), in cui il semiologo piemontese si diverte, ma con assoluta serietà, a esaminare le figure di alcuni personaggi del “Cuore” (1886) di De Amicis, ipotizzando cosa sarebbero diventati crescendo e rivalutando quella dell’ “infame” Franti. Secondo Eco, Derossi muore in guerra, coperto di medaglie, dopo essersi arruolato volontario; Votini spia per l’OVRA; Garrone fa il macchinista dei treni; Enrico è Senatore del Regno; Nobis è divenuto federale, e via dicendo.  Davide Barzi, nella sua postfazione, racconta di aver conosciuto i personaggi deamicisiani prima grazie alla versione a cartoni animati della Nippon Animation trasmessa in TV, in Italia, nei primi anni Ottanta, poi nel quasi contemporaneo adattamento televisivo di Luigi Comencini. Anche lui, come Eco, ci propone un flashforward sul futuro dei ragazzi di “Cuore”, che è ambientato nel 1882, e li immagina adulti una decina di anni dopo. Protagonista del racconto a fumetti, però, non è il maestro Perboni, il primo personaggio a entrare in scena, né Enrico Bottini, né Ernesto Derossi, né tutti gli altri, ma Cesare Lombroso (1835-1909) famoso (e forse anche un po’ famigerato) medico, antropologo e criminologo, noto soprattutto per certe teorie che non riuscì mai a dimostrare riguardo le comuni e determinanti caratteristiche anatomiche dei delinquenti, e purtroppo non altrettanto conosciuto (almeno dal grande pubblico) per altri studi che pure compì. Barzi non manca di mettere benevolmente alla berlina Lombroso per le sue convinzioni sulla fisiognomica ma, nel contempo, lo propone come animato da un profondo desiderio di conoscenza, non privo di una bonaria umanità, mosso da ideali di giustizia e, soprattutto, disposto a rischiare la pelle per risolvere un caso di omicidio. La vittima è Enrico, l’io narrante di “Cuore”. Le circostanze della morte lasciano intendere che qualcuno stia minacciando l’intera classe che fu del maestro Giulio Perboni, e dunque nel corso dell’indagini il professor Lombroso, che si è scelto come assistente e guardia del corpo il robusto Garrone, incontra quasi tutti gli ex alunni della Sezione Baretti, e perfino la “maestrina dalla penna rossa”, la Delcati, rivelando qual è stato il loro destino. Il tutto, ben inserito in una Torino di fine Ottocento ricostruita in maniera documentata e convincente dall’ottimo Francesco De Stena, abile anche nella recitazione dei personaggi e nei costumi che vengono loro messi addosso. Il racconto a fumetti venne pubblicato originariamente nel dicembre 2017 sul n° 63 della collana “Le Storie”, destinata alle edicole. Esiste un sequel molto ben riuscito, realizzato dagli stessi autori, e intitolato “Il naso di Lombroso”: ne abbiamo parlato anche in questo spazio(basta cliccare sul titolo per leggere la recensione). Ci siamo occupati pure di Edmondo De Amicis, e non a proposito di “Cuore” ma del suo “Amore e ginnastica” (anche in questo caso, c’è un link).



venerdì 2 maggio 2025

M. LA FINE E IL PRINCIPIO

 


 
 
Antonio Scurati
M.
LA FINE E IL PRINCIPIO
Bompiani
2025, brossurato
410 pagine, 24 euro

Si conclude con questo quinto volume la sconvolgente biografia di Benito Mussolini narrata da Antonio Scurati (1969) in forma di “romanzo documentario” (la definizione è dell’autore). Sconvolgente perché non si può non rimanere turbati da una narrazione asettica come una autopsia, che suscita sdegno ed emozioni proprio per la sua fredda esposizione di fatti non soltanto reali (alla fine di ogni capitolo c’è un corredo di documenti storici a supporto di quanto appena raccontato), ma anche incredibilmente vicini nel tempo e nell’eredità che hanno lasciato. 
Scurati ha iniziato la sua impresa nel 2018, con il primo volume della pentalogia, intitolato “M. Il figlio del secolo” (Premio Strega 201). Di Mussolini, nel primo tomo, si racconta l’ascesa al potere in Italia negli anni che vanno dal 1919 al 1924, più o meno dalla fondazione dei “Fasci di combattimento” fino all’ omicidio di Giacomo Matteotti. Non è solo del Duce che si parla ma, attraverso di lui, si descrivono le figure di molti altri personaggi: Matteotti, appunto, ma anche Gabriele D’Annunzio, Filippo Turati, Italo Balbo, Amerigo Dùmini, Nicola Bombacci. 
Nel 2020 esce il secondo volume, “M. L’uomo della Provvidenza”, che narra gli avvenimenti dal 1924 al 1932. Vi si racconta il consolidamento del regime attraverso la progressiva soppressione delle più elementari regole democratiche e l’accentramento del potete nelle sole mani del Duce, che arriva a sottrarsi addirittura dal controllo del Partito Fascista, il cui Consiglio diventa un mero esecutore della volontà di autocrate, mentre sotto di lui si assiste a una guerra fra fazioni (Farinacci contro Giampaoli e Belloni, Arnaldo Mussolini contro Achille Starace).
Nel 2022 esce la terza parte della biografia. “M. Gli ultimi giorni dell’Europa” racconta avvenimenti accaduti tra il 3 maggio 1938 (inizio della visita di Adolf Hitler in Italia con il suo arrivo a Roma) e il 10 giugno 1940 (data infausta dell’entrata in guerra dell’Italia al fianco del nazisti).  Per quanto fosse evidente ciò a cui si andava incontro, così come erano evidenti la follia di Hitler e la perdita di lucidità del Duce, nessuno di coloro che potevano fare qualcosa per evitare l’entrata in guerra, lo fece. Sgomento e incredulità anche di fronte alle ignobili leggi razziali, di fronte alle quali troppi furono complici. Tanti i personaggi sulla scena, da Galeazzo Ciano, ministro degli esteri privo di spessore, a Claretta Petacci, cresciuta nel mito di Mussolini e divenuta la sua ultima fiamma, dall’ambasciatore a Berlino Bernardo Attolico (a cui si deve uno degli ultimi tentativi di scongiurare in coinvolgimento italiano nel conflitto) a Edda, figlia del Duce, fervente filonazista.
Ed ecco, nel 2024, il quarto volume,“M. L’ora del destino” che racconta gli avvenimenti che vanno dal giugno 1940 al luglio 1943, quando il Gran Consiglio del Fascismo, con l’appoggio del Re, esautora Mussolini e proclama Primo Ministro Pietro Badoglio, il quale, parlando via radio, dichiara: “la guerra continua”. 
Cliccando sui titoli potete leggere le recensioni pubblicate su questo blog.
Le oltre quattrocento pagine di questo  ultimo tomo sono, forse, per quanto strano possa sembrare, le meno potenti, rispetto a quelle dei volumi precedenti, non soltanto perché i fatti (quelli che vanno dall’estate del 1943 al 29 aprile 1945, con dissolvenza su Piazzale Loreto) sono in gran parte molto noti, a differenza di quelli, per esempio, del volume iniziale, ma anche perché manca il protagonista. Mussolini non c’è più, se non in effige. Imprigionato dal nuovo governo italiano (quello di Badoglio), liberato dai tedeschi e praticamente da loro tenuto in ostaggio, il Duce non è più lui. E’ invecchiato di vent’anni, testimonia chi lo vede. E’ depresso, fiacco, impotente. Per quanto gli ultimi fascisti lo incitino a mettersi di nuovo alla loro testa, e magari guidarli nel ridotto della Valtellina, dove in molti reduci delle camicie nere vogliono cercare la “bella morte”, l’uomo temporeggia, non decide, non si scuote, finisce per fare la fine del topo. Molta più tempra sembra avere Claretta Petacci, che lo segue ovunque fino a condividerne il destino. Per quanto Scurati documenti con minuzia evento dopo evento, non ci mostra la fucilazione dei due. Forse perché non è ancora ben chiaro come andò, forse perché bastano i fatti di piazzale Loreto,  riguardo ai quali l’autore non dimostra compiacimento. Utile appendice, la sezione intitolata “Le morti”, in cui si ritrovano i protagonisti di venticinque anni di storia italiana, da Alessandro Pavolini a Margherita Sarfatti (che personaggio, lei), tracciandone il destino. Fulminante la dedica iniziale: “A tutti quelli che ancora credono nella democrazia. Si Preparino a lottare”. E fulminante la frase finale: “Il cadavere tornerà, io tornerò, perché i morti non pesano soltanto, i morti sopravvivono”.