sabato 22 maggio 2021

LA TORRENTA

 
 
 

 
 
Federico Pagliai
LA TORRENTA
Tarka Edizioni
2020, brossurato
178 pagine, 15 euro


"Una storia di acque in risonanza", come recita il sottotitolo, inserita in una collana denominata "appenninica" e dedicata a un torrente con il nome al femminile, Lima. "La Lima", come tutti la chiamano. C'è persino un paese, chiamato così, La Lima, tra San Marcello Pistoiese e l'Abetone, uno dei posti in cui batte meno il sole, in Italia, ma immerso in un verde sfolgorante. Il proposito di Federico Pagliai, che alla Lima ci è nato, è ben riassunto in un dialogo a pagina 56, quello dell'incontro dell'autore con un abitante del Melo, un borgo di pastori e boscaioli poco sopra Cutigliano. "Buongiorno", saluta Pagliai. "Che girate da queste parti?" (i montanari si danno del "voi", come Geppetto e Mastro Ciliegia). "Raccolgo storie di fosso". "Che raccogliete?". "Sì, storie della Lima. Sono partito dalla sorgente e vorrei arrivare fino al Serchio". Del Serchio, il fiume che bagna Lucca (e per tradizione le procura guai), la Lima è il principale affluente: quando vi si immette, ne raddoppia la portata. "La torrenta" nasce vicino alla vetta del Libro Aperto: Pagliai, esperto di crinali e arrampicatore anche fuori stagione, ne individua il primo rigagnolo, che secondo lui nasce da un fiocco di neve, e ne segue, con i piedi sui sassi e a volte nell'acqua, il percorso fino al primo ponte, al primo paese che attraversa, all'incontro con il Sestaione e altri affluenti, ala prima diga, la cartiera, al ponte di Castruccio. Manca, a dire il vero, la descrizione dell'incontro con il Serchio. Ci si ferma prima, alla confluenza della Lima con il torrente Verdiana. "Chissà se il viaggio avrà un seguito", scrive Pagliai nell'ultima pagina. Le storie raccolte, vere e leggendarie, sono di bosco, di montagna, di roccia, parlano di pastorelle portate via dalla piena, di amanti suicidi, di briganti, di civiltà che avanza, di frane che portano via interi paesi. Il tutto raccontato come a una veglia attorno al fuoco, senza approfondimenti storici o documentazione scientifica o il ricorso a documenti, gradevole da ascoltare.

venerdì 21 maggio 2021

L'ANTICO TESTAMENTO

 

 
 
 
Bart D. Ehrman
L'ANTICO TESTAMENTO
Carrocci editore
2018, brossurato
348 pagine, 29 euro

Con la sua consueta chiarezza (con tanto da specchietti riassuntivi di ogni capitolo e box di approfondimento ad arricchire il testo) il biblista Bart D. Ehrman ci introduce alla lettura dell'Antico Testamento ("Un'introduzione" è infatti il sottotitolo), facendo il punto sullo stato degli studi degli esperti su ognuno dei libri che lo compongono. Libri che, peraltro, sono diversi nella Bibbia ebraica rispetto a quella cattolica, a quella protestante e a quella ortodossa, sia perché alcuni testi sono accorpati (i due libri di Samuele della Bibbia cattolica sono uno solo in quella ebraica) sia perché alcune confessioni includono testi che altri considerano apocrifi. L'Antico Testamento è stato scritto da molti autori diversi (quasi tutti sconosciuti, nel senso che non sappiamo chi realmente siano gli autori, al di là dell'attribuzione data dalla tradizione) nell'arco di seicento anni (da quelli dei profeti Amos e Isaia, che risalgono all'VIII secolo avanti Cristo, a quello di Daniele, vissuto nel II secolo avanti Cristo). La Genesi, il primo testo in cui ci si imbatte, è nato dall'unione di leggende diverse che uno scriba del VI secolo ha cercato di raccordare in un'unica narrazione, non riuscendo tuttavia a dar vita a un racconto univoco. Tutto il Pentateuco, attribuito a Mosé ma chiaramente non realmente da lui scritto, deriva del resto da quattro diverse fonti (denominate J, E, D, P) ricucite fra loro ma chiaramente riconoscibili (la fonte P é, per esempio, è quella da cui derivano i passi legati alle norme rituali sacerdotali e alle sterminate genealogie). Ehrman, conscio di maneggiare argomenti scottanti, visto che tre americani su dieci sono convinti di dover prendere alla lettera il testo biblico, fa ogni sforzo per convincere come gran parte dei racconti siano leggendari, anche se alludono a importanti messaggi e contengono illuminanti insegnamenti. Tuttavia le contraddizioni del testo sono evidenti, al pari dei debiti verso miti e letterature di altri popoli, così come il fatto che i libri appartengono a epoche diverse, contesti storici differenti, generi letterari disparati e ognuno debba essere studiato in relazione all'humus e al background che li ha generati. Oltre ad analizzare caratteristiche e contenuti di ogni libro, Ehrman esamina l'Antico Testamento dal punto di vista filologico: scopriamo così come i testi che noi conosciamo derivano essenzialmente da un unico manoscritto, il Codex Leningradensis, che risale più o meno all'anno 1000, dunque si tratta di una copia redatta 1800 anni dopo la prima trascrizione di un rotolo di Isaia o di Amos, con tutti i deterioramenti che ci possono essere stati in mezzo (ovviamente il problema viene analizzato nel dettaglio). Tutto sommato, al termine della lettura, vien fatto di pensare che Dio, dalla Genesi fino alle storie dei Patriarchi, dell'Esodo, dei Giudici, dei Re, dei Profeti, non ci faccia bella figura, dato che gran parte della Bibbia contiene il resoconto di minacce e di vendette. Un esempio, scelto fra tanti per la brevità, è questo passo del libro di Naum: "Un Dio geloso e vendicatore è il Signore, pieno di collera. Il Signore si vendica degli avversari e serba rancore verso i nemici". La divinità pretende dal suo popolo il totale annientamento degli abitanti delle città nemiche (herem), non solo uccidendo tutti gli uomini, le donne, i vecchi e i bambini, ma anche tutti i loro animali. Va detto che stermini di questo genere erano consuetudine di tutti i popoli più di mille anni avanti Cristo (la chiamata di Abramo si data nel 1750 prima dell'era volgare), ma appunto per questo il testo biblico va contestualizzato e risulta molto lontano dal nostro modo di concepire la divinità. In realtà, la collera celeste serve per giustificare il dolore, la malattia, le guerre, le sconfitte: Dio ci punisce perché ce lo meritiamo, perché gli siamo infedeli. Interessante da questo punto di vista il libro di Giobbe, scritto in realtà da due autori diversi, con due stili opposti, che sostengono tesi differenti, ma che cercano entrambi di giustificare la teodicea, il problema del male nel mondo. Ci sono poi testi che ci si chiede perché siano finiti nella Bibbia, come il Cantico dei Cantici (un poemetto erotico), i Proverbi, o il Qòelet, dove si sostiene che, essendo la vita breve ed effimera, è difficile comprenderne il senso, e ciascuno dovrebbe cercare di godersela come può. Probabilmente sono questi i libri più belli, anche se tutta la Bibbia, sia nelle parti in prosa che in quelle in poesia, resta una testimonianza letteraria di incommensurebile valore.

domenica 16 maggio 2021

BEDELIA

 
 

 
 
Leo Ortolani
BEDELIA
Bao
cartonato, 2020
180 pagine, 19 euro


"Amerete una stronza", recita lo slogan in quarta di copertina. In effetti è così, Bedelia si finisce per amarla, ma del resto si comincia anche, fin dalla copertina intendo, non importa arrivare alla fine. La si ama perché, grazie a Dio (che è uno dei protagonisti della storia), sarà pure stronza ma almeno non è falsa. E' senza cuore (perché la disegnano così) ma non finge di averlo. Si scopa chiunque, ma non si spaccia per santerellina. Di sé, dice: "Ci sono ragazze di cui si sente dire 'si è fatta mezza città'. Ma non sentirete mai dire questo di me. Perché io detesto non portare a termine i miei impegni". Ma anche: "In molti hanno pregato almeno una volta nella vita 'Dio, fammi incontrare una donna bellissima che me la dia!'. E poi incontrano me. Io sono la risposta alle loro preghiere." In che dimostra appunto come Bedelia sia solo un personaggio dei fumetti, perché donne bellissime che la danno non esistono. Le donne bellissime se la tirano, come sanno tutti. In ogni caso, Bedelia è una top model all'apice del successo, che non ha rapporti umani che vadano al di là del sesso e dei soldi. Ma, a un certo punto, una modella più giovane, Elaiza, giunge a insidiare il suo primato in classifica. Anzi, la spodesta proprio dal trono. Come lei, anni prima, aveva spodestato un'altra, suo madre, che la chiama affettuosamente "la mia piccola vigliaccheria", perché non la abortì. Bedelia è un personaggio dei fumetti anche perché, nel momento del tracollo, le viene consentito di recuperare la propria umanità. Occasioni del genere, con Dio che proprio interviene di persona mandando un angelo custode ad aiutarci, nella vita reale non esistono (come le donne bellissime che la danno). Il finale è a sorpresa e non lo svelo, ma Bedelia si comincia e si finisce per amarla, sì. Si ride meno, rispetto ad altri libri di Leo Ortolani, ma questo è un fumetto un po' diverso. Una delle sue cose migliori, peraltro, che si potrebbe definire uno spin off di "Venerdì 12" (dato che Bedelia è la donna amata dallo sfigatissimo protagonista di quel fumetto, ma non è immediata la sovrapposizione tra le due figure - e lo stesso vale per l'ometto stesso). Definizione che preferisco non dare, tenendo distinte le due opere.

LE PERSIANE VERDI

 
 

 
Georges Simenon
LE PERSIANE VERDI
Adelphi
2018, brossurato
224 pagine, 19 euro


«Tu non hai mai sognato una casa con le persiane verdi?».
«Non mi pare. No».
«Neanche quando eri piccolo?».
Lui preferì non rispondere.
«Già, ma tu sei del tutto privo di sensibilità. Non hai mai desiderato nemmeno una donna dolce con cui avere dei figli».

In questo dialogo, la chiave del titolo. A sognare la casa con le persiane è Yvonne Delobel, attrice (immaginaria) considerata in Francia una sorta di nuova Sarah Bernhardt, che, di quindici anni più anziana, ha sposato il giovane attore Emile Maugin quando ancora era un semplice comico di varietà. Proprio agli ultimi mesi di vita di Maugin è dedicato il romanzo, scritto da Simenon nel 1950 durante un soggiorno negli Stati Uniti. Yvonne era stata la prima moglie di Maugin, che quanto il racconto comincia è sposato con la terza, Alice, giovanissima e madre di una bambina a cui Emile ha accettato di fare da padre, perché lui è fatto anche così, di generosità che a tratti sembra folle in quanto contrasta con un atteggiamento burbero di fondo. Maugin ha 59 anni ed è un attore all’apice del successo. Acclamato in teatro, furoreggia sugli schermi al ritmo di cinque film l’anno. Tutto ciò che ha se lo è conquistato da solo, dopo essere nato da una famiglia poverissima e disgraziata della Vandea e aver fatto a lenti passi tutta la gavetta. Un consulto medico lo mette però di fronte a una ineludibile verità: il suo cuore, spossato dall’alcol, da una vita di strapazzi e dal superlavoro, è quello di un settantenne, non reggerà a lungo. Così, Emile comincia a fare i bilancio della propria vita. Ha paura della morte, ma deva farci i conti. La casa con la persiane verdi è il simbolo di una vita serena, di un focolare domestico: qualcosa del genere lo avrebbe fatto vivere meno inquieto? Perché Maugin è davvero uno spirito agitato in cerca di una felicità che non è in grado di dargli neppure il denaro, di cui pure dispone in quantità. Né il pubblico, né il teatro, né il sesso, né la parvenza di famiglia che si è creata (una sposa bambina e una figlia non sua) lo rendono felice. Per questo beve, perseguitato sia dai ricordi dell’infanzia da indigente che da quelli della miseria dei suoi inizi, sia dalla percezione del tempo che sfugge fra le dita e di un’ansia da cui non c’è riparo. Simenon scava anche in se stesso: pure a lui, negli anni Quaranta, come narra in “Memorie intime”, la propria autobiografia, era accaduto di subire una visita medica che gli aveva dato poco tempo da vivere, ma si era trattato di una diagnosi errata. Scava, però, nell’angoscia di ogni uomo inquieto che vede la morte come destino ineluttabile e si accorge di non aver saputo godere della propria vita. Chissà se una casa con le persiane verdi avrebbe cambiato il destino di Maugin. Destino che si compie per caso e all’improvviso, in quella Costa Azzurra dove, all’improvviso, per sfuggire all’ansia, Emile si trasferisce con Alice e la figlia e dove la piccola ferita di un amo in un piede basta a scatenare la più drammatica delle conseguenze. Non più drammatica, a dire il vero, della vita stessa: la morte sa essere anche una liberazione.

venerdì 14 maggio 2021

L'INVENZIONE DI GESU' DI NAZARETH

 


 
Fernando Bermejo-Rubio
L'INVENZIONE DI GESU' DI NAZARETH
Bollati Boringhieri
2021, brossurato
704 pagine, 32 euro
 
Un saggio di spessore, non soltanto per il gran numero di pagine (oltre settecento) ma per documentazione e ponderatezza di analisi. Ogni affermazione è supportata da una nota che rimanda alla fonte, così che duecento sono le pagine destinate alle note in appendice, e più di trenta quelle di bibliografie. Ogni saggio, anche il più divulgativo, dovrebbe avere questo approccio scientifico alla materia trattata. Fernando Bermejo-Rubio, docente di Storia antica all'università di Madrid, esordisce così: "La constatazione che l'approccio verso Gesù di Nazareth come soggetto storico è tuttora pervaso di elementi fittizi, non solo nell'immaginario popolare ma anche in ambito accademico, costituisce il punto di partenza di questo libro", che infatti ha per sottotitolo "storia e finzione", riguardo alla narrazione che ci è stata tramandata. Bermejo-Rubio non dubita che Cristo sia una figura storica, ma constata come la sua memoria sia stata radicalmente trasformata mediante un complesso processo di sedimentazione leggendaria. Comincia perciò a tirare le somme di quanto da molti anni si è andato, fra gli esperti di molte discipline, discutendo su ogni testimonianza, per cercare di distinguere appunto la realtà storica dalla finzione, considerando quanto è stato rielaborato, nel corso dei secoli, in funzione di una esaltazione religiosa i cui fenomeni, anche psicologici, sono ben ricostruibili. Bermejo-Rubio stabilisce in apertura dei rigidi criteri metodologici e si propone di considerare la materia oggetto del suo interesse (la biografia tramandata di un personaggio storico) come materia di studio scientifico al di là delle sovrastrutture religiose, spesso basate su frasi mai dette o su fatti mai verificatisi. Una volta stabilito il poco che si può accettare come storico, lo studioso esamina come sia stato costruito il resto. Ne risulta la figura carismatica di un ebreo millenarista, a capo di un movimento nazionalista come altri nel suo tempo (Teuda, Giuda il Galileo, Gesù ben Anania, Giovanni Battista), crocifisso dai romani quale ribelle. Successivamente, un processo di destoricizzazione, depoliticizzazione, degiudaizzazione, divinizzazione, singolarizzazione, universalizzazione ha rimosso tutto ciò che lo legava al suo tempo e alle sue radici. Fonti, contraddizioni, filologia dei testi, testimonianze, manomissioni, tutto viene passato al setaccio. La lettura resta comunque alla portata anche dei non specialisti

giovedì 13 maggio 2021

IL LIBRO SEGRETO DI JULES VERNE

 
 

 
Luca Crovi
Peppo Bianchessi
IL LIBRO SEGRETO DI JULES VERNE
Solferino
2021, cartonato
122 pagine, 12 euro

Davvero deliziosa, questa indagine immaginaria su un libro immaginario che collega fra loro scrittori reali e le opere che hanno fatto sognare generazioni di lettori degli ultimi duecento anni. Il titolo cita Jules Verne, e l'illustrazione di Peppo Bianchessi cita a sua volta la grafica dei volumi dei "viaggi straordinari" pubblicati dall'editore Hetzel, ma Luca Crovi, addetto ai lavori e scrittore a sua volta, segue un fil rouge che mette in relazione Edgar Allan Poe, Edmondo De Amicis, Emilio Salgari, Carlo Collodi, Robert Louis Steveson e James Barrie, passando per Alexandre Dumas e Nellie Bly. Tutto comincia con un libro magico scoperto da Poe negli anni in cui frequentò un collegio inglese, libro in grado di ispirarlo per tutta la vita e che finito in mare, viene ritrovato dal giovane Verne, e così via, in continui passaggi avventurosi di mano in mano, illustrati da Bianchessi con incisioni dal tratto d'epoca. Ogni autore che ne viene in possesso trova fra le pagine del libro materia per scrivere, da cui attingere senza fine. Il bello è che la realtà si mescola con la fantasia, dato che dei "fatti incontestabili" mettono davvero gli scrittori di cui si parla in rapporto fra loro. Viene da chiedersi se il libro scoperto da Poe non esista davvero, e chissà quale famoso scrittore lo possegga adesso...

martedì 11 maggio 2021

IL WEST DI GIGITEX 1979-1982


 
 
 
Alberto Simioni
IL WEST DI GIGITEX 1979-1982
Festina Lente Edizioni
2021, brossurato
300 pagine, 18 euro


La benemerita Festina Lente Edizioni ha iniziato la pubblicazione in volume di tutte le storie di Gigitex, in ordine cronologico inverso (prima quelle dal tratto più maturo, poi altri due volumi con le precedenti). Questa raccolta, che comprende le storie dal 1979 al 1982, è la seconda (in attesa della terza). Del primo volume, dedicato al periodo 1982-1988, ci siano già occupati parlandone qui: https://utilisputidiriflessione.blogspot.com/.../il-west...
La copertina che vedete nella foto è di Giorgio Cavazzano, peraltro presente come personaggio in una delle storie (un omaggio di Simioni a un fumettista che riteneva un maestro e a cui si ispirava).  Lo stesso Cavazzano scrive una commossa prefazione che riporto integralmente: "Ok, forse sarà l'età, ma quando ricordo Alberto, il caro Amico Alberto, riesco ancora oggi a versare una lacrimuccia e a pensare cosa abbiamo purtroppo perduto tutti noi. Rimangono le sue Opere, i suoi splendidi disegni e i suoi sorrisi. Riusciva a trasmettere allegria e ottimismo vero. Vai, Gigitex! Continua a tenere quel mozzicone di sigaraccio e a cavalcare libero tra le nuvole del tuo originale West". 
Già, perché Alberto Simioni è scomparso nel 1990, a soli trentotto anni, proprio quando il suo Gigitex aveva superato l'esame di ammissione al "Giornalino", dunque arrivando a giocare in serie A, dopo aver militato per anni, a partire dal 1969, su una testata di minore diffusione (ma con un pubblico comunque affezionato), "Il Piccolo Missionario", la rivista per ragazzi dei padri Comboniani. Proprio dalle pagine del "Piccolo Missionario" sono state tratte tutte le storie contenute nel volume, e più precisamente dal numero del dicembre del 1979 a quello del maggio 1982. In uno dei racconti, "Abuna e Gigitex" (ottobre 1981), il missionario italiano Daniele Comboni, santo fondatore appunto dell'ordine dei Comboniani, incontra il cowboy di Simioni, dato che il pistolero, costretto a imbarcarsi suo malgrado (viene rapito) su una nave diretta in Africa, si trova a Khartun, dove combatte contro dei trafficanti di schiavi (Abuna era il nome dato dai nativi a Comboni). Un missionario, padre Gionata, è comunque uno dei personaggi ricorrenti della serie, dato che anche a Tucson, dove Gigitex agisce di solito, c'è una missione. La trasferta del cowboy in terra africana dimostra come Simioni costruisse storie ben documentate e insospettabilmente mature, nonostante si rivolgesse a un pubblico di ragazzi che intendeva divertire con un personaggio che a prima vista poteva sembrare ispirato da Cocco Bill. Questa attenzione alla realtà storica è dimostrata anche da altre avventure, come quella dell'attentato al Presidente Grant o quella in cui incontra Buffalo Bill e Ned Butline, descritti con la piena consapevolezza di chi fossero realmente. Rileggendo le storie di Simioni colpisce anche la drammaticità di certe sequenze: ci sono personaggi che muoiono e in una avventura un cattivo viene addirittura ucciso da padre Gionata, che certo non poteva fare altrimenti ma che spara come mai sarebbe stato consentito a un personaggio disneyano.
Il microcosmo di Gigitex, al netto dei debiti con il pistolero di Jacovitti, con il Capitan Rogers di Giorgio Cavazzano e il Lucky Luke di Morris, costituisce una realtà virtuale ben costruita in cui il lettore riconosce gli stilemi dei film e dei fumetti western senza percepirli come banalizzati in una sintesi superficiale, ma filtrati dal talento narrativo di un autore maturo, troppo presto scomparso. Autore sinceramente innamorato dei fumetti, come dimostra la storia del decennale (marzo-aprile 1982, calcolando il 1972 come punto di partenza, dato che nel 1969 il personaggio si chiamava ancora Gigi West), in cui a festeggiare il cowboy con il sigaro in bocca arrivano vari eroi di carta tra cui Tex Willer i sui pards (ai più curiosi il compito di ricercarli tutti) e, come si diceva all'inizio, Giorgio Cavazzano in persona. A corredo del volume, un documentatissimo, illustratissimo ed esaustivissimo saggio di Daniele Bevilacqua.

domenica 9 maggio 2021

THORGAL VOLUME 2

 
 

 
Jean Van Hamme
Grzegorz Rosinski
THORGAL VOLUME 2
Panini Comics
cartonato, 2020
306 pagine, 33 euro


Decisamente un tomo imperdibile, questo secondo volumedella serie Panini destinata a raccogliere tutte le avventure di Thorgal, protagonista, per quanto mi riguarda, di una delle più belle saghe del fumetto franco-belga. Otto gli episodi raccolti, usciti originariamente sulla rivista Tintin tra il 1981 e il 1987, e che rappresentano alcuni dei capisaldi della serie. Jean Van Hamme chiarisce infatti le origini di Thorgal, insolito vichingo dai capelli neri, in realtà piccolo naufrago adottato da Leif Haraldson, guida di una comunità di norreni e comandante di un drakkar che, andato alla deriva, si imbatte nella navicella di salvataggio di una astronave, dentro la quale viene trovato un bambino, Thorgal appunto, a cui viene dato il cognome di Aergisson, figlio cioè di Aegir, dio del mare. Il susseguirsi delle vicende permette di capire i retroscena di quel ritrovamento, conseguente allo scontro fra due fazioni a bordo di un velivolo spaziale: scontro che è causa di un naufragio nei mari gelati del Nord della nave stellare che stava riportando sulla Terra gli uomini che ne erano fuggiti secoli prima, per scampare a una catastrofe destinata a distruggere la loro civiltà (il cataclisma che segnò la fine di Atlantide, probabilmente). Oltre a Thorgal ci sono però altri sopravvissuti, tra cui i capi delle opposte fazioni, Xargos (nonno di Thorgal da parte di madre) e Varth (suo padre), entrambi dotati di poteri paranormali, finiti a combattersi nelle terre dei Maya vestendo i panni di due sedicenti divinità, Tanatloc e Ogotay. Proprio nelle lontane terre oltre l'Oceano Thorgal e sua moglie Aaricia vengono costretti recarsi dopo che il loro primo figlio, Jolan, che ha ereditato i poteri mentali del bisnonno e del nonno, è stato rapito con il loro amico Argun Piede d'Albero. Autrice del rapimento e del ricatto, la perfida Kriss di Valnor, allettata da un ricompensa in oro offerta dal popolo XinJin, guidato da Tanatloc ma sul punto di soccombere allo strapotere del malvagio Ogotay. La missione è appunto quella di uccidere Ogotay, che Thorgal non sa essere, in realtà, suo padre. Avventura, emozioni, sentimenti, lotte, amore, magia, fantascienza, navi volanti, sacrifici umani, scenari fantastici, tradimenti, horror, maghi, gnomi, ghiaccio, sole, mare, foreste, giungle... c'è di tutto, evocato magistralmente dai disegni di un Rosinski che, dopo il rodaggio del primo volume, in questo secondo si rivela davvero strepitoso. Fra i racconti raccolti ce n'è uno davvero inquietante intitolato "Alinoe" in cui Thorgal quasi non compare, ma assistiamo allo scatenarsi dei poteri mentali di Jolan. Bellissimo anche il torneo degli arcieri in cui compare per la prima volta Kriss di Valnor ma, naturalmente, è nei tre episodi ambientati nel paese di Qa (il Messico, con ogni evidenza) che i due autori danno il loro meglio.

sabato 8 maggio 2021

IL BAR DEGLI ZANZA


 
 

Tino Adamo
IL BAR DEGLI ZANZA
Unicopli
2020, brossura
326 pagine, 17 euro


"Vieni a Baggio sei hai coraggio", recita un vecchio adagio del quartiere milanese. Quartiere che in realtà era in origine un borgo a parte, vecchio di cinquecento anni, che soltanto dal 1923 è stato annesso, per Regio Decreto, al capoluogo meneghino. I baggesi, dal canto loro, continuano a ritenere Milano la periferia di Baggio. Tino Adamo, disegnatore di fumetti e umorista, prima di intraprendere una carriera, per così dire, artistica, ha lavorato per anni come banconiere in uno dei bar di quella zona, dove del resto è nato. "Il bar degli zanza" (che di certo non si sarà chiamato proprio così) non ha niente da invidiare ai peggiori di Caracas. L'autore, ricostruendo memorie che sembrano freschissime, nonostante risalgano al tempo delle lire, descrive con brio e leggerezza una umanità davvero border line se no, spesso, decisamente al di là di ogni confine. Spacciatori di droga, drogati, prostitute, ladri, truffatori, rapinatori, alcolizzati, professionisti della rissa e della riffa, scommettitori, vucumprà, gente dal coltello facile che hanno il pregio d essere veri, non messi in scena sulle pagine di un romanzo. Sembra di leggere "Bar Sport" di Stefano Benni ma senza la Luisona e la patina di parodia, o entrare in una canzone di Gaber non potendo escludere che il Riccardo che da solo gioca al biliardi non abbia appena compiuto una rapina: il bar degli zanza esiste davvero, e ci sembra di vederlo. Ogni capitolo un episodio, un aneddoto, un personaggio (poi i personaggi si fanno ricorrenti e impariamo a riconoscerli e, per quanto feccia, a provare persino umana simpatia): episodi veri alternati ad altri romanzati ma verosimili, sulla base di esperienze vissute. Qualcuno (mi si perdoni la dotta citazione) potrebbe parlare di una "spremuta di umanità". Per quanto a volte si racconti di morti per droga o di omicidi, la penna di Tino Adamo resta lieve, persino ilare, complice. Gran bella prova di scrittura.

venerdì 7 maggio 2021

THORGAL



 
Jean Van Hamme
Grzegorz Rosinski
THORGAL
Panini Comics
cartonato, 2020
31o pagine, 33 euro


Straordinaria e benemerita questa collezione in sei volumi destinata a raccogliere l'intera saga di Thorgal, una serie a fumetti iniziata nel 1977 sulla rivista "Tintin" e destinata a un grande successo. Una saga che ho imparato ad amare sulle pagine di "Comic Art" e che ho cercato di seguire in ogni possibile riedizione e ristampa in cerca di una collocazione editoriale definitiva. Qualche hanno fa ho avuto anche la fortuna di conoscere di persona Jean Van Hamme, in una manifestazione fumettistica in Croazia in cui eravamo entrambi ospiti (si licet parva componere magnis). Van Hamme, belga, classe 1939, è sceneggiatore stellare con all'attivo mille altre cose, tra cui mi piace però ricordare una serie intitolata "I maestri dell'orzo", basata sulla saga di una famiglia di birrai. Grzegorz Kosinski, polacco, classe 1941, ha magistralmente dato vita all'universo fantastico di Thorgal, vichingo dai capelli neri perché piovuto letteralmente dal cielo tra i guerrieri norreno. Infatti, come scopriamo nel secondo episodio, "L'sola dei mari ghiacciati" (1978), il nostro protagonista è l'ultimo discendente di una stirpe di umani tornati sulla Terra dopo esserne partiti in tempi antidiluviani per sfuggire al "grande cataclisma" (forse, quello che ha portato alla fine di Atlantide). Thorgal Aergisson, questo il suo nome completo, benché si muova su uno scenario fantasy non è però un guerriero alla Conan, o comunque dotato di forza soprannaturale. E' un abile arciere, questo sì, ma tutto sommato è un eroe che agogna a una vita tranquilla, con sua moglie Aaricia e i suoi due figli, Jolan e Lupa. Il susseguirsi delle vicende lo costringe, però, a passare da una avventura all'altra, suo malgrado. Pur essendo di ambientazione vichinga e con molti riferimenti alla mitologia nordica, gli scenari variano, con continui cambiamenti, sempre affascinanti. Questo primo volume della Panini raccoglie gli episodi "La maga tradita" (1978), "Quasi il paradiso" (1979), "L'isola dei mari ghiacciati" (1978), "I tre anziani del paese di Aran" (1979), "La galera nera" (1981), "Al di là delle ombre" (1982), "La caduta di Brek Zarith", (1983).