domenica 6 aprile 2025

TRAPPERS ALLA RISCOSSA

 
 


EsseGesse
TRAPPERS ALLA RISCOSSA
If Edizioni
2024, cartonato
320 pagine, 45 euro

Tutto bello, che altro dire? Belli i contenuti, i colori, l’apparato critico, la rilegatura, la carta, la qualità della stampa, la copertina (opera di Corrado Mastantuono). Il sottotitolo, “Le origini di Blek Macigno”, del resto, spiega quasi tutto. 
If Edizioni, che da tempo manda in edicola collane di albi dedicate agli eroi della EsseGesse, proposte in varie versioni e formati, e allargate alle avventure realizzate all’estero, confeziona un volume da libreria che raccoglie, a colori, i primi ventuno albetti di Blek Macigno originariamente pubblicati nel formato a striscia, in pratica l’intera prima serie (1954-1955). La cronologia del forzuto trapper conta trentatré serie (l’ultima è del 1967), quasi tutte composte, per l’appunto, da ventuno titoli. “Trapper alla riscossa” ci riconsegna dunque il Blek delle origini, ma anche le origini di Blek, che sono due cose diverse. Spiego perché. 
Nella prima avventura, il “gigante dai lunghi capelli biondi” (così lo definisce la didascalia d’esordio) scopre che la capanna di un suo amico, Lassiter, è stata data alle fiamme e l’uomo ucciso da assassini misteriosi. Si è salvato invece il figlio Roddy, di una decina d’anni, che da quel momento in poi, rimasto orfano, vieni praticamente adottato da Blek. Tuttavia, dal racconto è evidente che già Blek e Roddy si conoscono. Facciamo adesso un salto di settata anni. Nel maggio 2024 esce, curata dalla If, una serie a striscia inedita, intitolata “Il prequel”. Si tratta di tre albetti scritti da Nico Adami a partire da un’idea di Luca Barbieri, e illustrati da Raffaele Della Monica e Stefano Di Vitto (matite) e da Manlio Truscia (chine). Come suggerisce il titolo, vi si narrano gli avvenimenti di poco precedenti alla prima apparizione di Blek, e assistiamo all'incontro tra il colosso biondo e il ragazzino lentigginoso in cui i due fanno la reciproca conoscenza. 
A completare il volume giunge, opportunamente, una breve avventura realizzata dalla EsseGesse nel 1953, intitolata “Il piccolo trapper”, il cui protagonista è proprio Roddy, che agisce in solitaria, senza che Blek intervenga in alcun modo. Da notare come il trapper dal berretto di pelo viva le sue avventure negli anni della Rivoluzione Americana e abbia come suoi avversari, il più delle volte, le stesse Giubbe Rosse contro cui combatte anche il Comandante Mark, un altro personaggio della EsseGesse (1966). Due curiosità: la prima vignetta saga mostra il protagonista chino a guardare delle impronte sul terreno nella stessa identica posa (o quasi) di Zagor quando lo vediamo all’inizio de “La foresta degli agguati” (1961); inoltre, nell’ultima avventura fra quelle raccolte nel volume, Blek costringe il professor Occultis (la sua “spalla comica”, al fianco del colosso biondo fin dal sesto albetto a striscia) a tagliarsi i baffi per rendere più credibile un suo travestimento, anzi, glieli toglie lui stesso con un coltello, esattamente come fa lo Spirito con la Scure con Cico, chiamato a sostituire un certo colonnello Clark, in una avventura nolittiana del 1965.
Ho citato diverse volte la sigla EsseGesse dando per scontato che tutti sappiano che cosa significhi. Si tratta della firma, ottenuta dalle iniziali dei loro cognomi, con cui consegnavano alle stampe le loro opere Pietro Sartoris, Dario Guzzon e Giovanni Sinchetto, tre fumettisti torinesi uniti in sodalizio a partire dal 1950. Una sigla, quella della EsseGesse, divenuta leggendaria e popolare quanto i nomi dei loro eroi più famosi, Capitan Miki (1951) e il Grande Blek (1954), pubblicati entrambi dalla Casa editrice Dardo, fondata a Milano nel 1946 da Gino Casarotti.  Prima di cominciare a lavorare insieme, i tre avevano già realizzato alcune storie a fumetti per diverse case editrici. Giovanni Sinchetto, nato nel 1925, era stato il disegnatore di Fulmine Mascherato; Guzzon, classe 1926, aveva  firmato alcuni episodi di Cucciolo; Pietro Sartoris, infine, anch’egli del  1926, si era occupato dei disegni della collana “Tarman”, scritta da Amedeo Martini. Nel 1950, infine, i tre si uniscono in sodalizio per illustrare Kinowa, un personaggio scritto da Andrea Lavezzolo. Nel 1951 compare nelle edicole Capitan Miki, scrito e disegnato dai tre, seguito nel 1954 dal Grande Blek”. Il successo di Miki e Blek è enorme: grazie ai due personaggi, la EsseGesse si impone non solo nel mercato italiano, ma anche in quello europeo. Il trio torinese continua a realizzare le avventure del ranger e del trapper fino al 1965, quando lascia la Dardo, si mette in proprio e sperimenta un nuovo personaggio, Alan Mistero che non ha molta fortuna, suggerendo ai tre autori di riparare presso le edizioni Araldo di Sergio Bonelli, che pubblica l’ultima creazione di Sinchetto-Guizzon-Sartoris: il Comandante Mark. Nel curriculum dei tre, figura anche “Il cavaliere nero”, su testi di G.L. Bonelli.
Tra Miki e Blek, io ho sempre preferito il secondo: Miki è in fondo il classico ragazzino saputello che si muove sullo sfondo del classico West di maniera dei fumetti Anni Cinquanta; Blek invece è un "tipo": un colosso con i capelli lunghi e biondi e il torace offerto impavidamente alle intemperie, che agisce in uno scenario insolito delle foreste care a Fenimore Cooper, in un contesto storico inedito e interessante come quello della Guerra d'Indipendenza americana.


sabato 5 aprile 2025

IL MULINO DEL PO


Riccardo Bacchelli
IL MULINO DEL PO
Mondadori
Edizione Oscar 1979
tre volumi in brossura
2100 pagine complessive

La prima domanda che si pone il lettore, esitante davanti alla prospettiva di iniziare a leggere un’opera come “Il mulino del Po”, è: ma davvero vale la pena affrontare un romanzo in tre volumi, lungo oltre 2100 pagine complessive? Se vi interessa conoscere il mio parere, quello di uno che è felicemente giunto al termine dell’impresa, la risposta è: assolutamente sì. 
 
Mentre leggevo, il paragone che più mi veniva in mente era quello di accostare Riccardo Bacchelli (1891-1985) ad Alessandro Manzoni e di considerare “Il mulino del Po” la risposta novecentesca ai “Promessi Sposi”, più moderna e dunque arricchita da protagonisti che fanno sesso, da trame coinvolgenti che si intrecciano caratterizzati da personaggi vividi e non sempre adamantini, e di opposti schieramenti ideologici i cui conflitti permettono di affrontare tematiche sociali e descrivere le dinamiche e le tensioni politiche. Certo, Bacchelli non ha i meriti manzoniani riguardo alla nascita di una lingua italiana nazionale (che lui si ritrova già confezionata e che sa sfruttare al meglio), ed è sicuramente autore meno nobile ed influente, ma quante somiglianze fra i due scrittori, entrambi alle prese con il romanzo storico di ambientazione italiana, interessati alle vicende dei più umili inserite in contesti reali ricostruiti in maniera rigorosamente documentata, ambedue a fare i conti con la Provvidenza! La fede, in Bacchelli, è vista con maggior disincanto e non ci sono santi frati e illuminati vescovi, ma non si può narrare di contadini senza mostrare la loro religiosità. 

Lo scrittore bolognese diede alle stampe il suo romanzo, ambientato sulle rive del Po presso Ferrara, a spese proprie, tra il 1938 e il 1940. Il primo volume si intitola “Dio ti salvi” (660 pagine), il secondo “La miseria viene in barca” (680 pagine), il terzo “Mondo vecchio sempre nuovo” (790 pagine). L’opera venne poi riproposta in forma unitaria e definitiva nel 1957. Si narra la saga di quattro generazioni della famiglia Scacerni, e di una folta schiera di personaggi di contorno, a partire dalla disfatta di Napoleone in Russia (1812) fino alla Prima Guerra Mondiale (1918). Comincia con la battaglia sul Don e finisce con gli scontri sul Piave, non a caso fiumi, come quello che fa da sfondo a gran parte del racconto, il Po, descritto magistralmente in centinaia di pagine che ne raffigurano la potenza delle piene, la bellezza delle rive, la forza delle correnti, il suo mutar corso e forma, il suo essere amato e temuto da chi vive sulle sponde.
 
La sola lettura dei primi capitoli, ambientati durante la tragica ritirata delle truppe napoleoniche, permette di capire quale saranno i toni e il livello drammatico degli avvenimenti successivi, quelli innescati dall’incontro fra un giovane ferrarese arruolato a forza nell’esercito imperiale francese, Lazzaro Scacerni, e un capitano giacobino a cui salva la vita. Potrebbe essere un buon test, leggere le scene ambientate in Russia, per capire se andare avanti oppure no.  Sopravvissuto alla ritirata e rientrato a Ferrara, attraverso varie traversie Lazzaro diventa mugnaio, riuscendo nell’impresa di fabbricarsi un mulino galleggiante, all’epoca numerosi lungo il corso del Po, che funzionavano grazie alla forza della corrente del fiume. Comincia così una saga famigliare che vede succedersi varie generazioni e personaggi memorabili come Coniglio Mannaro (il cui vero nome è Giuseppe Scacerni, figlio di Lazzaro), Cecilia, il Raguseo, Princivalle, Berta, Orbino, lo Smarazzacucco Luca Virginesi, il latifondista Clapasson. Seguendone le vicende assistiamo alla Restaurazione, al governo del Regno della Chiesa sulle terre ferraresi, al contrabbando con quelle dell’altra riva in mano agli austriaci, poi ai moti risorgimentali, all’unità d’Italia, alle vessazioni del nuovo regno e in particolare all’odiatissima tassa sul macinato. Ma potenti sono anche le pagine riguardanti il propagarsi delle istanze socialiste, l’indizione dei primi scioperi, il boicottaggio verso i “crumiri”. 
 
Un vero libro di storia dentro il romanzo, con l’autore che si rivolge (manzonianamente) ai suoi venticinque lettori e approfondisce le questioni che le vicende sollevano riguardo alla politica, gli affari, le tensioni sociali. Bacchelli si dimostra espertissimo riguardo al modo di condurre i campi e ai rapporti che legavano i contadini dei vari poderi ai proprietari terrieri, rapporti che si evolvono nel tempo, con l’innovazione della mezzadria che non trova tutti concordi, anzi. Ferrato è l’autore anche nella nomenclatura esatta degli attrezzi dei mugnai, degli allevatori, dei carrettieri, dei calafati, degli sterratori. Tutti, sempre e comunque, poveri, minacciati dalle carestie e dalle piene, senza istruzione, vittime di ricorrenti epidemie. Un romanzo fluviale, è stato definito, in tutti i sensi. Sai che bella serie TV in tre stagioni ne verrebbe fuori oggi.