Andrea Camilleri
IL DIAVOLO, CERTAMENTE
Mondadori
2012, 170 pagine
brossurato, 8.50 euro
Di Camilleri penso tutto il bene possibile e lo ritengo autore di alcuni tra i romanzi meglio scritti, intelligenti e divertenti che abbia letto negli ultimi anni, per cui non sarà un appunto negativo né a compromettere la mia ammirazione verso di lui, nè, men che mai, a scalfire di un micron quella del suo vastissimo pubblico. Però, mi sarà consentito dire che, fra tanti suoi bei libri, questo mi vede soddisfatto soltanto a metà. Eppure, sono partito convintissimo della bella idea che c'è alla base della raccolta, e felicissimo di trovarmi fra le mani, una volta tanto, non un'unica, lunga storia, ma trentatré brevissimi "divertissiment" (perché di questo, alla fine, si tratta). Il titolo è preso parzialmente in prestito, con una modifica non priva di significato, da quello di un film di Bresson, noto in Italia come "Il diavolo, probabilmente...". Il fil rouge che lega fra di loro tutti i trentatrè raccontini (soltanto quattro o cinque pagine l'uno) è il fatto che il diavolo talvolta ci mette lo zampino e che comunque insegna a far le pentole ma non i coperchi. Per cui, gli amanti clandestini vengono scoperti, lo scrittore che cerca di stroncare il rivale con recensioni al vetriolo ottiene proprio grazie ad esse che l'altro vinca il Premio Nobel, l'infallibile killer che decide, per la prima volta un vita sua, di salvare la vita di una sua vittima predestinata, fa sopravvivere un crudele dittatore futuro responsabile di un genocidio, e così via. Talvolta i casi sono eclatanti, come in quest'ultimo esempio, molto più spesso sono minimali, comunque sia si tratta sempre di finali tragicomici perché si verificano eterogenesi dei fini, o imprevedibili incidenti, o combinazioni fortuite che mandano a monte le trame o i propositi dei protagonisti, buoni o cattivi che siano. Raccontato così, il libro sembra decisamente divertente: in effetti, ripeto, l'idea è ottima e l'allestimento (il tono ironico, la lunghezza dei racconti, la veste tipografica) è perfetto. Però qualcosa, opera del diavolo (certamente), non fa filare tutto per il verso giusto. La lingua di Camilleri è essenziale, il fraseggio armonico, il periodare pulito, l'aggettivazione perfetta. Sembra tuttavia di trovarsi di fronte a dei soggetti, a delle mini-trame di racconti più lunghi, da sviluppare. Non si riesce a essere coinvolti, come quando si leggono i riassunti dei film, che ci dicono quel che racconta la pellicola, ma non riescono a comunicarcene le emozioni. Inoltre, non tutti e trentatré i racconti sono efficaci allo stesso modo. Anzi, quelli davvero divertenti sono la minoranza. La maggior parte sono ripetitivi (i casi di relazioni extraconiugali scoperti da mogli ricche che poi cacciano il marito fedifrago, destinato a ridursi sul lastrico sono una sorta di tormentone). Alcuni sono assurdi o insulsi. Ricordo di aver sempre avuto un'autentica passione per i racconti dal "finale a sorpresa", per esempio i "racconti del terrore" a fumetti presentati da Stan Lee in una fortunata serie di Eureka Pocket, o i tanti scritti da Isaac Asimov o da maestri del genere (Roald Dahl, Fredric Brown). Io stesso, quando ho messo insieme un'antologia di brevi testi accumulati nel corso degli anni, erano appunto così (il libro è "Dall'altra parte", edito da Cut-Up). Ecco, dal mio punto di vista di grande lettore di "finali a sorpresa", e piccolo scrittore di raccontini del genere, le trovate di Camilleri mi sono parse un po' deludenti. Mi azzardo a dire qualcosa di cui, lo so già, mi dovrei vergognare (ma mi si perdoni l'affermazione valutandola come tesa soltanto a spiegare meglio il senso del mio giudizio), ma, pulizia formale e stile perfetto a parte, qualche ideuzza un po' più brillante per dimostrare la perfidia del diavolo, persino io sarei riuscito ad averla.