Joël Dicker
LA VERITA' SUL CASSO HARRY QUEBERT
Bompiani
2013, brossurato
780 pagine, 14 euro
Se un libro vende centinaia di migliaia di copie vale sempre la pena chiedersi perché. Dunque, mi sono convinto a leggere il caso editoriale che ha spopolato in mezzo mondo. Si tratta sostanzialmente di un giallo: nel 1975 una ragazza di 15 anni, Nola Kellergan, scompare in circostanze misteriose nei boschi attorno alla cittadina di Aurora, nel New Hampshire, e i suoi resti vengono ritrovati nel 2008 sepolti nel giardino di casa di un celebre scrittore, Harry Quebert, che di lei era stato segretamente l'amante trentatré anni prima. Un allievo di Quebert, Marcus Goldman, anche lui scrittore di successo, indaga sul caso per scagionare il maestro, convinto della sua innocenza. Le premesse per una lettura appassionante ci sono tutte, e dico subito che, in effetti, una volta presi nel meccanismo narrativo (fin dalle prime pagine) se ne resta coinvolti e si vuol sapere come vada a finire. Tuttavia, se per arrivare in fondo, tutto sommato, ci vuol poco (si procede di gran carriera, la prosa è scorrevole, la scrittura fluida e non c'è niente che costringa a tornare indietro per cercare di capire meglio qualcosa di poco chiaro), si tratta davvero del grado zero della narrativa. Facciamo del grado uno, considerando che c'è anche Fabio Volo. Insomma, l'inchiesta è intrigante e il mistero ben congegnato, ma ci sarebbe voluta la penna di qualcun altro per scrivere il romanzo. Se ci si abitua a Simenon, ma anche a Stephen King, si storce la bocca davanti a Dicker (classe 1985). Lì per lì il paragone viene con Stieg Larsson, l'autore della trilogia di "Millennium", che però era uno che sapeva scrivere in modo chiaro ma non banale e ha finito per consegnarci tre romanzi capolavoro, con un personaggio indimenticabile come Lisbeth Salander. Anche ne "Il caso Harry Quebert" come in "Uomini che odiano le donne" ci sono tanti personaggi, un caso complicato, una ragazza scomparsa molti anni prima, uno scrittore che indaga in una località isolata. Però, in confronto non regge perché Dicker, qui alla sua terza prova, in confronto a Larsson lascia a desiderare non tanto come ideatore di trame quanto come capacità di affabulare. Già non si capisce perché uno svizzero debba inventarsi un giallo ambientato negli USA, come se di thriller americani non ce ne fossero già abbastanza. Ma poi, sono proprio molti degli avvenimenti a risultare ingenui e incredibili, tirati per i capelli, a cominciare dall'innamoramento di Quebert (già adulto) per l'adolescente Nola. La ragazza fa la cameriera in un locale, rivolge allo scrittore due frasi sciocchine e per lui è il colpo di fulmine. Non è che se la voglia solo portare a letto (le scene di sesso fra i due sono sottintese e non se ne accenna mai), proprio ritiene di non poter vivere senza di lei e crede che la ragazzina possa essere la donna con cui fuggire per viverci insieme tutta la vita. Davvero si strabuzzano gli occhi e si scuote la testa perplessi. Poi c'è il fastidio provocato dal fatto che sia Querbert che Goldman siano due grandi scrittori, tutti e due autori di libri che hanno venduto milioni di copie, ed entrambi andati a finire ad Aurora per scrivere romanzi destinati essere capolavori: una forzatura del genere non sta in piedi neppure con le stampelle e se la inserissimo in un fumetto noi sceneggiatori saremmo linciati dai lettori. In conclusione: se si chiude un occhio sui mille punti che non tornano e sulle forzature in cui si inciampa a ogni piè sospinto, si scopre alla fine come sono andate realmente le cose e si può perfino annuire in segno di approvazione, ma bisogna davvero sorvolare su parecchi particolari.