C’era una volta la Trilogia Galattica. Erano tre romanzi di una saga, quella della Fondazione, che nel 1966 valse a Isaac Asimov il Premio Hugo quale miglior ciclo fantascientifico. In Italia li conoscevamo con i titoli di “Cronache della Galassia”, “Il crollo della galassia centrale” e “L’altra faccia della spirale”. I titoli americani erano molto diversi: “Foundation”, “Foundation and Empire” e “Second Fundation”. Edizioni italiane successive hanno ripristinato l’aderenza alle denominazioni originali.
Il primo romanzo, “Fondazione” è datato 1951 (prima pubblicazione italiana: 1963). In realtà, si tratta della raccolta di quattro racconti uniti da un unico filo conduttore, comparsi tra il 1942 e il 1944 sulla rivista “Astounding Science-Fiction”, preceduti da un prologo scritto appositamente per l’edizione in volume. La Trilogia Galattica diventò una tetralogia quando, nel 1982, Isaac Asimov si convinse che c’erano i margini per un sequel: “L’orlo della Fondazione”, a cui fece seguito nel 1986 un quinto romanzo, “Fondazione e Terra”. A questo punto l’autore decise di tornare indietro e aggiungere alla pentalogia due prequel, “Preludio alla Fondazione” (1988) e “Fondazione Anno Zer” (1993, uscito postumo). Quindi, il ciclo della Fondazione è composto da sette romanzi. Che diventano undici, se si considerano anche i quattro titoli del ciclo dei robot, che Asimov ha collegato, con due romanzi del 1983 (“I robot dell’alba”) e del 1985 (“I robot e l’Impero”) alle vicende di “Foundation”.
Ma veniamo appunto a “Fondazione”, il primo libro. Benché compaia, di persona, soltanto nelle pagine iniziali, protagonista imprescindibile ne è Hari Seldon, matematico del pianeta Helicon trasferitosi su Trantor, capitale dell'Impero, dove per lunghi anni ha messo a punto di una nuova scienza, la psicostoria, in grado di prevedere, sulla base probabilistica ma in modo del tutto attendibile, il futuro dell'umanità. Ai suoi occhi, appare evidente che l'Impero entrerà in crisi e seguiranno millenni di barbarie. L'ispirazione venne ad Asimov, alla fine degli anni Quaranta, leggendo l’opera monumentale di Edward Gibbon, "Declino e Caduta dell’Impero Romano". Il fatto che gli sviluppi delle dinamiche sociali possano essere preveniste da una sorta di determinismo storico ha fatto paragonare le idee di Seldon a quelle di Karl Marx, filosofo ed economista che vedeva come ineluttabili certi sviluppi della storia. In realtà, l'approccio di Seldon è diverso: è matematico, scientifico. A distanza di settanta anni, oggi vediamo come lo studio dei cosiddetti "Big Data" già permetta, nei fatti, la previsione esatta del comportamento della massa dei consumatori o degli utenti dei social (mai del singolo, solo dell'insieme). Asimov ci ha azzeccato, dunque. Il fascino di “Fondazione” non si basa su battaglie spaziali o su inseguimenti tra astronavi: l’avventura c’è ma, tutto sommato, non è né mozzafiato né fondamentale: il racconto è condotto principalmente attraverso dialoghi che analizzano la situazione su base politica, economica e sociologica, e dimostrano come questa situazione cambi lungo un fluire di decenni e di secoli. Così lo scrittore riassume le basi di “Fondazione” all’inizio di “Fondazione e Impero”, il secondo dei romanzi della Trilogia originaria: “L’impero galattico stava crollando. Era un’istituzione colossale che comprendeva milioni di mondi da un capo all’altro dell’immensa doppia spirale chiamata Via Lattea, e data la sua vastità la rovina era tanto imponente quanto lenta a compiersi. La caduta era iniziata da secoli, prima che qualcuno se ne rendesse conto. Questo qualcuno fu Hari Seldon, che rappresentava l’unica scintilla creativa in un mondo intellettualmente inaridito. Fu Seldon a sviluppare la scienza della psicostoria fino al più alto grado. La psicostoria studia le reazioni non del singolo uomo ma dell’uomo in quanto massa. Una massa formata da milioni di esseri umani. Con l’applicazione di questa scienza si possono prevedere con precisione assoluta le reazioni delle masse a determinati stimoli. Hari Seldon studiò i fattori sociologici ed economici dei suoi tempi, ne vagliò gli sviluppi, previde l’inarrestabile decadenza della civiltà e il conseguente periodo di trentamila anni di caos prima che un nuovo impero potesse nascere dalle rovine del precedente. Era troppo tardi per arrestarne la caduta, ma non troppo per ridurre il periodo di barbarie.” Nasce così il “piano Seldon”, che prevede la costituzione di due Fondazioni, una nota e una segreta (nascosta non si sa dove), con lo scopo di limitare il caos a un periodo di mille anni. La prima Fondazione viene collocata di un piccolo pianeta periferico, Terminus. Pochi conoscono i veri scopi degli scienziati che prendono possesso di Terminus per ordine dello stesso imperatore, che Seldon ha convinto a finanziare la compilazione di una “Enciclopedia Galattica” destinata a raccogliere e tramandare tutto il sapere umano: un lavoro, questo, di copertura. Ma gli stessi enciclopedisti, pur consapevoli di far parte di un piano, nulla sanno di ciò che gli aspetta. I membri della Seconda Fondazione, dovunque siano, conoscono invece qualcosa di più e sono chiamati a controllare che tutto proceda secondo le previsioni. Continua a riassumere Asimov: “A mano a mano che l’impero si disintegrava, le regioni esterne si trasformarono in regni indipendenti. La Fondazione ne fu minacciata. Tuttavia, manovrando questi regni gli uni contro gli altri sotto la guida del suo primo sindaco, Salvor Hardin, la Fondazione riuscì a mantenere una precaria indipendenza.” Qui si può notare come la psicostoria, in grado di prevedere il comportamento delle masse, non possa però fare a meno dell’opera di singoli dotati di intelligenza, talento, abilità politica, capacità di comando, carisma, come Hardin, appunto, e come Hober Marlow, primo dei principi mercanti della Fondazione. Tuttavia, c'è una sorta di "necessità storica" a cui non è possibile (pare) sfuggire. Grazie a Hardin, la Fondazione riesce a imporsi sui regni vicini per il suo livello tecnologico in un contesto di arretramento scientifico, fino al punto da dar vita a una religione che garantisce a Terminus un potere spirituale. In seguito, Marlow fa prosperare la Fondazione, mentre tutto va a catafascio, con l’egemonia economica. Spiega infine Asimov: “Dopo duecento anni la Fondazione era lo stato più potente della Galassia, a eccezione di quanto rimaneva dell’impero stesso. Sembrava inevitabile che il prossimo pericolo che la Fondazione avrebbe dovuto affrontare sarebbe stato il colpo di coda dell’impero morente”. E’ appunto quello che succede in “Fondazione e Impero”. “Foundation” è dunque un susseguirsi di momenti di crisi (dette “crisi Seldon”, dato che sembrano essere state previste dal matematico, il quale compare periodicamente come ologramma a confermare che il suo piano si sta svolgendo regolarmente a dispetto dei pericoli che sembrano incombere), superate non senza angosce. Si riconosce, nel crollo del potere di Trantor (la capitale dell’impero), quello del potere di Roma dal V secolo in poi, dovuto a fattori interni ed esterni: geniale Asimov nel trasferire le dinamiche della storia passata in quelle del futuro.
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