Leonardo Gori
NERO DI MAGGIO
Hobby & Work
2000, cartonato
290 pagine, lire 28.000
"Nero di maggio" è il primo romanzo di Leonardo Gori, e il primo in cui compare l'ufficiale dei casrabinieri Brunmo Arcieri, destinato a divenire una figura ricorrente nelle opere dello scrittotre fioretino (noto anche per la sua attività come critico e storico in campo fumettistico). Il nome non è scelto
a caso, ma un preciso inside joke: è così che venne chiamato l’eroe dei
fumetti Brick Bradford alla sua prima apparizione in Italia, proprio
negli anni Trenta. Di Arcieri, attraverso vari romanzi usciti di seguito a quello d'esordio (anche andando avanti e indietro nel tempo), Gori raccontra a vita, calata nella realtà storica italiana, nell'arco di più di trent'anni, tra il 1938 e il 1970, seguendolo nella sua carriera (da capitano a colonnello), nei suoi amori, nei suoi spostamenti di città in città e soprattutto mettendolo a confronti con fatti e personaggi della Storia, quella con la S maiuscola. "Nero di maggio" si svolge a Firenze nella primavera del 1938, durante i preparativi e lo svolgimento della visita alla città di Adolf Hitler e Benito Mussolini. Si tratta di un thriller atipico, perché tutto sommato l’intreccio giallo, pur accattivante e avvincente, risulta messo in secondo piano dall’interesse che suscita nel lettore la ricostruzione della realtà sociale e politica (fiorentina, toscana, ma indubbiamente anche nazionale) in un momento così cruciale nella storia dell’umanità. Il fascismo permeava di sé ogni aspetto della società, dopo un quindicennio anni di dittatura, ma nel romanzo di Gori appare meno monolitico di quanto possa sembrare da altre più superficiali ricostruzioni, con trame e correnti, con nudi e puri della prima ora e maniconi e approfittatori della seconda; in ogni caso, con tanti scheletri negli armadi. Ma soprattutto, per la prima volta dopo tanti anni, nel 1938 c’è, nei più acuti osservatori, la sensazione che la storia stia per cambiare, che gli eventi precipitino, e c’è chi teme il futuro, chi lo attende con fatalismo e rassegnazione, con il senso dell’impotenza, chi lotta e lavora per prepararlo e modellarlo. Scrive Gori nelle ultime pagine del romanzo: “Gli anni Trenta, in buona parte spensierati, leggeri, correvano a precipizio per una nuova e ancora inconoscibile strada, verso scelte terribili e destini segnati, lasciando inconsapevoli le folle, indecisi e perplessi gli intellettuali, gli stessi politici ignari. La primavera fiorentina cambiava le carte in gioco non solo per l’Italia ma per l’Europa e il mondo, e si avvicinava prepotente, per tutti, l’ora di scegliere finalmente tra l’opportuno e il vero, tra la vita e l’abisso, tra il bene e il male. Era la fine del quieto vivere borghese all’ombra del fascismo”. Arriva il tempo delle scelte, dunque. Il capitano dei carabinieri, Bruno Arcieri è chiamato a indagare su due efferati delitti che hanno insanguinato Firenze proprio alla vigilia della visita in città di Hitler e Mussolini. Le vittime sono due prostitute, ma c’è pure il mistero, che pare collegato agli omicidi, di una ragazza rapita da un orfanotrofio. Le indagini, che Arcieri svolge insieme al maresciallo Carruso, portano alla casa di un fotografo con il vizio del porno, Primo Bianchi, che viene però trovato suicida nel suo studio. Apparentemente, per il rimorso di aver ucciso; oppure perché convinto di non poterla fare franca. Del resto, accanto al cadavere ci sono prove che lo incastrano e sembrano accusarlo anche del rapimento della ragazza scomparsa. Troppo facile, secondo Arcieri. Il dubbio che qualcuno gli abbia offerto Bianchi come colpevole perfetto, tipo d’autore, per nascondere responsabilità altrui si fa più forte allorché al capitano viene bruscamente impedito di approfondire le indagini in seguito a pressioni che vengono da molto in alto. Di sicuro, le autorità fasciste non ci tengono a far giungere il Duce e il Fuhrer in una città dove sia ancora in corso la caccia a un assassino. Ma Arcieri ha l’impressione che ci sia qualcos’altro, qualcosa di ancora più grave, che coinvolgono i pezzi grossi del fascio fiorentino, tra i quali ci sono gelosie e rancori e molti segreti da nascondere. Il capitano non può comunque tirarsi indietro da un ulteriore nuovo compito che gli viene affidato: fare da scorta a un importante Gerarca giunto da Roma per preparare la visita di Hitler. Il Gerarca (di cui non si fa mai il nome ma nel quale si può facilmente riconoscere la figura storica di Alessandro Pavolini) è un personaggio affascinante, grande nel bene e nel male, colto e raffinato ma anche duro ed enigmatico. Seguendo lui e Arcieri il lettore visita la Firenze del 1938 scoprendo le riunioni degli intellettuali nel retrocaffè de “Le Giubbe Rosse”, la tipografia Nerbini dove si stampavano i fumetti americani che il regime voleva far chiudere, le strade e i negozi del centro, i salotti buoni e le case di tolleranza. Il Gerarca incarica Arcieri di svolgere indagini private per suo conto, sugli avvenimenti verificatisi a Firenze a metà degli anni Venti, quando in città ci fu una vera e propria guerriglia fra fascisti e comunisti, neri e rossi, con morti e violenze inaudite da entrambe le parti, prima che il regime di Mussolini prendesse il sopravvento. Arcieri accetta, sia pure controvoglia, ottenendo in cambio di poter proseguire a indagare anche sul caso della ragazza scomparsa e delle due prostitute uccise. Intanto, appare chiaro che c’è anche chi vuole approfittare della visita di Hitler per uccidere il dittatore tedesco, e si tratta di una persona molto vicina al capitano Arcieri. Il romanzo si fa sempre più intrigante e il ritmo sempre più serrato, con i movimenti dei personaggi che seguono quelli della realtà storica (l’autore si è documentato fino alla minuzia circa gli spostamenti del corteo di Mussolini, in città, il 9 maggio). Un ottimo inizio per una lunga saga.
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