Silvia Ziche
L'ALLEGRA VITA DELLA QUOTA ROSA
Feltrinelli
brossurato, 2019
130 pagine, 16 euro
Intelligente, divertente, pungente come al solito, Silvia Ziche. Per non parlare del talento grafico. Ovvero, parliamone pure ma è sotto gli occhi di tutti, voglio dire. Però, questa volta, aggiungerei un aggettivo, sottovoce e fra parentesi: (disturbante). (Disturbante), intendo, dal mio punto di vista di maschio. Oddio, eccomi già a chiedermi se dire “maschio” sia sessista perché presuppone che ci siano delle “femmine” e non so se i due termini siano politicamente corretti. In ogni caso: “L’allegra vita delle quote rosa” è un gradevole manuale sul retaggio del patriarcato nella vita di tuti i giorni, che si rivela subdolo e invasivo più di quanto ci si aspetti o almeno, più di quanto mi aspetto io, che notoriamente ho le fette di prosciutto davanti agli occhi e mi illudo che certe cose non succedano più o non ho la percezione della gravità del problema. Ecco, Silvia Ziche solleva quelle fette nel migliore dei modi possibili, facendoci satira. Mette di fronte, per fare un solo esempio, alla verità della ingiusta scelta che molte donne sono costrette a fare fra la carriera e la maternità (mentre non c’è nessun ostacolo fra la carriera e la paternità). Gli esempi potrebbero continuare, e conforta (un pochino) constatare come la stessa Lucrezia, protagonista buffa e complessata, di fronte ai problemi dei rapporti con gli uomini si trovi in imbarazzo e veda sgretolare (al pari di certi noi maschietti, se “maschietti” si può dire) certezze e convinzioni. Insomma è un momento difficile nelle relazioni fra i due sessi, un punto di passaggio epocale, e Silvia Ziche lo racconta facendoci sorridere amaramente. Alla fine viene proposta una lista di “buoni proposito” per gli uomini di buona volontà. Si comincia con “Leggere più libri di scrittrici e saggiste”: confesso di non essermi mai posto il problema. Ho letto Agatha Christie, Isabel Allende o Elsa Morante perché interessato (interessatissimo) a ciò che scrivevano, mai per stando attento al fatto che fra le mie letture ci dovessero essere quote rosa. “Reagire alle battute sessiste, invece di ridacchiare”: non lo so, si ride di ciò che fa ridere. Se a me dicono che gli uomini hanno un solo neurone o pensano solo al calcio, sorrido senza ritenerlo sessista. Dire che le donna tengono il muso e non si sa perché, viceversa, non è uno scherzo accettabile? Ho sempre ritenuto che ci sia del bello nella libertà di potersi prendere in giro a vicenda. “Interessarsi al lavoro delle scienziate”: io leggo le “Scienze” e mi interesso di tutte le ricerche condotte da staff di uomini e donne, indifferentemente. Immagino che il buon proposito sia riferito a chi abbia dei pregiudizi, ma mi risulta difficile immaginare che persone di normale intelligenza possa averne fino al punto da non ritenere una donna capace di fare la scienziata, l’astronauta, la dottoressa. Insomma, ecco perché leggere “L’allegra vita delle quote rosa” è, oltre che divertente, stimolante: ci fa porre delle domande. Resto con un dubbio: se invito Silvia Ziche a cena, ammesso che accetti, si offende se mi offro di pagare io?
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