Mauro Boselli
Maurizio Colombo
Majo
IL FIGLIO DEL DIAVOLO
Sergio Bonelli Editore
Brossurato, 2022
200 pagine, 10.99 euro
“Il fumetto da cui è tratto il film”, recita una scritta in copertina. Il film è “Dampyr”, distribuito nelle sale nel 2022, diretto da Riccado Chemello e prodotto da Bonelli Entertainment, Eagle Pictures e Brandon Box. Si tratta del primo progetto del Bonelli Cinematic Universe, che prende le mosse da un personaggio a fumetti creato nel 2000 da Mauro Boselli e Maurizio Colombo, protagonista di una saga che da allora continua a inanellare episodi. Il “dampyr” è una figura del folklore balcanico, quella del figlio nato dall’unione tra un vampiro e una umana. Boselli e Colombo se ne sono appropriati dando vita a una versione post-moderna del mito del non-morto, intendendo la rielaborazione delle leggende sui vampiri immaginate come se facessero parte della realtà contemporanea (cioè, se i non-morti esistessero, non dormirebbero nelle bare ma sarebbero come su Dampyr vengono descritti). I due sceneggiatori hanno inoltre costruito complesse e ben congegnate “regole del gioco”, proponendo una differenziazione gerarchica tra i Maestri della Notte (creature mutaforma giunte in un remoto passato sul nostro pianeta da un mondo al crepuscolo) e i loro schiavi, vampiri soggiogati mentalmente che essi sono in grado di creare. I Maestri non temono la luce del sole, i loro succubi sì. Entrambi si nutrono, comunque, di sangue umano. Il Dampyr protagonista della serie si chiama Harlan Draka, e Draka è appunto il nome del Maestro suo padre, una figura misteriosa e carismatica. Ai Maestri della Notte, secondo le leggi che essi stessi si sono dati, è proibito procreare: questo perché il sangue di un eventuale figlio è mortale per loro (e per i vampiri che li servono). Anzi, è l’unica cosa che può ucciderli. Tuttavia, Draka ha sfidato i suoi simili permettendo la nascita di Harlan. Il tutto è reso più interessante (ma anche più complicato) dal fatto che ai Maestri e più in generale alle forze oscure si contrappongono gli Amesha, creature di un’altra dimensione votate a quello che potremmo definire “il bene” (si tratta insomma dell’eterna lotta tra angeli e demoni). Uno di essi si chiama Caleb Lost, vive a Praga in un teatro invisibile (perché collocato su un diverso piano della realtà), e arruola, se così si può dire, Harlan e i suoi amici Kurjak e Tesla nella propria squadra di “pronto intervento”. L’incontro fra il Dampyr con Kurjak (un ex miliziano della guerra nei Balcani) e Tesla (una vampira liberatasi dal giogo del proprio Maestro, Gorka) è raccontato nei primi due albi della serie a fumetti, quelli da cui è stato tratto il film, molto fedele (secondo me, fortunatamente) al modello originario. Sullo schermo, di Caleb Lost non c’è traccia, dato che anche nella serie su carta compare in un secondo momento (lo si vedrà, probabilmente, in una eventuale seconda produzione). Il volume “Il figlio del diavolo” presenta in copertina una delle locandine della versione cinematografica, con i volti degli azzeccati protagonisti: Wade Briggs nei panni di Harlan, Frida Gustavsson in quelli di Tesla, Stuart Martin nel ruolo di Kurjak. Si vede anche Sebastian Croft, che interpreta Yuri, un amico di Harlan (che Gorka rende suo schiavo). Il racconto, sia sullo schermo che sulla carta, narra della progressiva scoperta del protagonista della propria natura di Dampyr, a lui ignota anche se sempre più chiaramente svelata da incubi ricorrenti e da visioni inviate da Draka. Si dice sempre che “il libro è meglio del film”, ed anche in questo caso è vero: dato che il film è bello, il fumetto è bellissimo. I disegni di un Majo (Mario Rossi) in stato di grazia ci trascinano negli scenari della tragica guerra nei Balcani e rendono perfettamente la paura e l’inquietudine generate dal racconto immaginato da Boselli e Colombo, che originariamente avevano pensato di dar vita a una miniserie di pochi numeri destinata alla collana-contenitore “Zona X”. Fu Sergio Bonelli, intuendo le potenzialità del prodotto, a chiedere agli autori di realizzare invece una testata autonoma. Valutando i primi due episodi (“Il figlio del diavolo” e “La stirpe della notte”) raccolti in questo volume (distribuito in edicola con la “Gazzetta dello Sport”) si nota come l’orrore sia ancorato al realismo di fondo di scenari di guerra e di vampiri calati nella realtà. In seguito, quando la serie sarebbe finita nelle mani del solo Boselli, facendosi sempre più rari i contributi di Colombo, l’horror dampyriano sarebbe stato declinato maggiormente in chiave fantasy e letteraria, maggiormente nelle corde boselliane. Colombo sembra più suggestionato dal cinema (materia di cui è straordinariamente competente), Boselli pare invece maggiormente legato alla letteratura. Lo si direbbe aver divorato intere biblioteche, dimostrandosi particolarmente ferrato quando tratta argomenti legati alla storia, alla narrativa fantastica, al calderone dei miti e delle leggende studiate dall’antropologia culturale, all’esplorazione del mondo. Così, nelle sue sceneggiature si ritrovano flashback e viaggi nel tempo che ricreano alla perfezione, con una eccezionale freschezza documentativa, epoche storiche vicine e lontane, viaggi in paesi esotici scelti fra quelli da dove nessuno riceve cartoline, echi e rimandi a racconti e romanzi, incontri con personaggi veramente vissuti e fatti rivivere, citazioni di canzoni e di poesie.
Maurizio Colombo
Majo
IL FIGLIO DEL DIAVOLO
Sergio Bonelli Editore
Brossurato, 2022
200 pagine, 10.99 euro
“Il fumetto da cui è tratto il film”, recita una scritta in copertina. Il film è “Dampyr”, distribuito nelle sale nel 2022, diretto da Riccado Chemello e prodotto da Bonelli Entertainment, Eagle Pictures e Brandon Box. Si tratta del primo progetto del Bonelli Cinematic Universe, che prende le mosse da un personaggio a fumetti creato nel 2000 da Mauro Boselli e Maurizio Colombo, protagonista di una saga che da allora continua a inanellare episodi. Il “dampyr” è una figura del folklore balcanico, quella del figlio nato dall’unione tra un vampiro e una umana. Boselli e Colombo se ne sono appropriati dando vita a una versione post-moderna del mito del non-morto, intendendo la rielaborazione delle leggende sui vampiri immaginate come se facessero parte della realtà contemporanea (cioè, se i non-morti esistessero, non dormirebbero nelle bare ma sarebbero come su Dampyr vengono descritti). I due sceneggiatori hanno inoltre costruito complesse e ben congegnate “regole del gioco”, proponendo una differenziazione gerarchica tra i Maestri della Notte (creature mutaforma giunte in un remoto passato sul nostro pianeta da un mondo al crepuscolo) e i loro schiavi, vampiri soggiogati mentalmente che essi sono in grado di creare. I Maestri non temono la luce del sole, i loro succubi sì. Entrambi si nutrono, comunque, di sangue umano. Il Dampyr protagonista della serie si chiama Harlan Draka, e Draka è appunto il nome del Maestro suo padre, una figura misteriosa e carismatica. Ai Maestri della Notte, secondo le leggi che essi stessi si sono dati, è proibito procreare: questo perché il sangue di un eventuale figlio è mortale per loro (e per i vampiri che li servono). Anzi, è l’unica cosa che può ucciderli. Tuttavia, Draka ha sfidato i suoi simili permettendo la nascita di Harlan. Il tutto è reso più interessante (ma anche più complicato) dal fatto che ai Maestri e più in generale alle forze oscure si contrappongono gli Amesha, creature di un’altra dimensione votate a quello che potremmo definire “il bene” (si tratta insomma dell’eterna lotta tra angeli e demoni). Uno di essi si chiama Caleb Lost, vive a Praga in un teatro invisibile (perché collocato su un diverso piano della realtà), e arruola, se così si può dire, Harlan e i suoi amici Kurjak e Tesla nella propria squadra di “pronto intervento”. L’incontro fra il Dampyr con Kurjak (un ex miliziano della guerra nei Balcani) e Tesla (una vampira liberatasi dal giogo del proprio Maestro, Gorka) è raccontato nei primi due albi della serie a fumetti, quelli da cui è stato tratto il film, molto fedele (secondo me, fortunatamente) al modello originario. Sullo schermo, di Caleb Lost non c’è traccia, dato che anche nella serie su carta compare in un secondo momento (lo si vedrà, probabilmente, in una eventuale seconda produzione). Il volume “Il figlio del diavolo” presenta in copertina una delle locandine della versione cinematografica, con i volti degli azzeccati protagonisti: Wade Briggs nei panni di Harlan, Frida Gustavsson in quelli di Tesla, Stuart Martin nel ruolo di Kurjak. Si vede anche Sebastian Croft, che interpreta Yuri, un amico di Harlan (che Gorka rende suo schiavo). Il racconto, sia sullo schermo che sulla carta, narra della progressiva scoperta del protagonista della propria natura di Dampyr, a lui ignota anche se sempre più chiaramente svelata da incubi ricorrenti e da visioni inviate da Draka. Si dice sempre che “il libro è meglio del film”, ed anche in questo caso è vero: dato che il film è bello, il fumetto è bellissimo. I disegni di un Majo (Mario Rossi) in stato di grazia ci trascinano negli scenari della tragica guerra nei Balcani e rendono perfettamente la paura e l’inquietudine generate dal racconto immaginato da Boselli e Colombo, che originariamente avevano pensato di dar vita a una miniserie di pochi numeri destinata alla collana-contenitore “Zona X”. Fu Sergio Bonelli, intuendo le potenzialità del prodotto, a chiedere agli autori di realizzare invece una testata autonoma. Valutando i primi due episodi (“Il figlio del diavolo” e “La stirpe della notte”) raccolti in questo volume (distribuito in edicola con la “Gazzetta dello Sport”) si nota come l’orrore sia ancorato al realismo di fondo di scenari di guerra e di vampiri calati nella realtà. In seguito, quando la serie sarebbe finita nelle mani del solo Boselli, facendosi sempre più rari i contributi di Colombo, l’horror dampyriano sarebbe stato declinato maggiormente in chiave fantasy e letteraria, maggiormente nelle corde boselliane. Colombo sembra più suggestionato dal cinema (materia di cui è straordinariamente competente), Boselli pare invece maggiormente legato alla letteratura. Lo si direbbe aver divorato intere biblioteche, dimostrandosi particolarmente ferrato quando tratta argomenti legati alla storia, alla narrativa fantastica, al calderone dei miti e delle leggende studiate dall’antropologia culturale, all’esplorazione del mondo. Così, nelle sue sceneggiature si ritrovano flashback e viaggi nel tempo che ricreano alla perfezione, con una eccezionale freschezza documentativa, epoche storiche vicine e lontane, viaggi in paesi esotici scelti fra quelli da dove nessuno riceve cartoline, echi e rimandi a racconti e romanzi, incontri con personaggi veramente vissuti e fatti rivivere, citazioni di canzoni e di poesie.
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