Giorgio Scerbanenco
TRADITORI DI TUTTI
Garzanti
2014, brossurato
230 pagine, 8.90 euro
Di Giorgio Scerbanenco (1911-1969) e del suo Duca Lamberti (protagonista di quattro romanzi pubblicati tra il 1966 e il 1969) abbiamo già parlato quando ci siamo occupati di “Venere privata”, il primo titolo della serie. Per leggerne la recensione e quanto serve per inquadrare l’autore e il personaggio, basta cliccare qui.
“Traditori di tutti” è la seconda indagine di Duca Lamberti, uscita (come la precedente) nel 1966. Conviene, prima di approfondire alcuni aspetti, aggiustare un poco il tiro riguardo a quando ho scritto introducendo la prima inchiesta. Ho parlato infatti di una similitudine fra Georges Simenon e Giorgio Scerbanenco, elencando i punti di contatto tra i due scrittori e i loro romanzi: calati nella realtà, attenti alla psicologia dei personaggi e a capirne il disagio, pronti a bazzicare i bassifondi e provare empatia verso le vittime di un contesto sociale degradato, grande capacità di scrittura e di affabulazione. Ma ci sono anche diversità, inevitabilmente: Scerbanenco descrive una Milano da due milioni di abitanti, metropoli internazionale e non più città di provincia, crocevia di traffici illeciti di ogni genere, e Duca Lamberti è un duro, molto più duro di Maigret, che pure non scherza. Per di più, Lamberti non è un poliziotto e può agire al di fuori della Legge che, secondo lui, è troppo indulgente. Scerbanenco è uomo del suo tempo e non ci si può aspettare il rispetto della mistica del politicamente corretto. L’interrogatorio di Duca Lamberti al gestore del ristorante “La Binaschina” lascia a bocca aperta (si potrebbe contestare il metodo, ma il risultato è stupefacente). Scerbanenco già ametà anni Sessanta apre la strada all'hard boiled italiano (ma non “all’italiana”).
Oltre a indagare su tre duplici delitti avvenuti con le stesse modalità (le vittime sono annegati chiusi in auto affondate nel Naviglio), Duca Lamberti affronta gli accadimenti della sua vita privata, a partire dal suo senso di colpa per ciò che è accaduto a Livia Ussaro, la donna che ama, fino alla possibilità che gli viene offerta di venire reintegrato nell’Ordine dei medici se firma una dichiarazione in cui prende le distanze dall’eutanasia da lui compiuta per aiutare una paziente terminale a morire (lui risponde copiando l’abiura di Galileo Galilei). Il coinvolgimento dell’ex medico nella vicenda avviene in seguito alla richiesta di praticare una imenoplastica per ripristinare una verginità perduta, pretesa dal fidanzato della procace Giovanna Marelli, ma nel complicato intreccio di personaggi (alcuni ricorrenti, come il commissario Carrua e l’agente Mascaranti, o la sorella Lorenza e la nipotina Sara) si affrontano temi diversi, come il traffico di armi, il terrorismo altoatesino, le relazioni malate, gli psicopatici, i crimini di guerra e la lotta partigiana. Nel turbinare di situazioni, però, sembra esserci una sola certezza: tutti tradiscono tutti, come dice il titolo. Non tradisce, però, lo scrittore: il lettore se ne può fidare, a patto che non si attenda in lieto fine. Almeno, non quello a tarallucci e vino.
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