venerdì 13 settembre 2024

TORNO A PRENDERTI

 

 
Stephen King
TORNO A PRENDERTI
Pickwick
2013, brossurato
108 pagine, 8.90 euro

Potrebbe sembrare strano che un romanzo di Stephen King sia lungo soltanto poco più di cento pagine. Di solito il Re quando scrive è un fiume in piena. Naturalmente c’è una spiegazione. “Torno a prenderti” non è esattamente un romanzo. E’ un racconto. Come racconto, in effetti, è piuttosto lungo, e tutto torna. E’ un racconto datato luglio 2007, pubblicato originariamente con il titolo “The Gingerbread Girl” sulla rivista statunitense “Esquire” e, prima dell’edizione Pickwick che sto recensendo, era già apparso in traduzione italiana (di Tullio Dobner, particolare che parlando di King non andrebbe mai omesso, almeno secondo i fedeli lettori) prima in appendice al romanzo “Blaze” (2007) a costituire una sorta di trailer per una successiva antologia, poi appunto nella raccolta “Al crepuscolo” (2008), entrambi targati Sperling & Kupfer. Nel 2013 ecco una insolita riproposta in “solitaria”, come un 45 giri estratto da un 33. Riproposta che funziona perché cento pagine si leggono agilmente e perché il racconto è adatto anche per un pubblico non particolarmente interessato all’horror o al fantastico. Non c’è magia, non ci sono streghe, non ci sono fantasmi, non ci sono mostri. O meglio, di mostri ce n’è uno ma è un uomo (cosa che magari terrorizza ancora di più, perché le streghe e i fantasmi non esistono, gli uomini sì). Inoltre la protagonista, Emily, è una giovane donna con cui è facile empatizzare. Ha perso una figlia ancora piccolissima, il trauma ha mandato a pezzi il suo matrimonio, la valvola di sfogo in cui si rifugia è la corsa, disperata, quotidiana, prima lungo le strade attorno a casa, poi in altre che la portano sempre più lontano, finché a casa non torna più. Fugge e si trasferisce nella villetta al mare che suo padre non usa più, su un’isola quasi disabitata durante l’inverno, in cerca di ritrovare una nuova ragione di vita. L’isola, però, non è abbastanza disabitata. O almeno, anche qualcun altro la usa per nascondersi dal mondo. Emily rischia la pelle, e King ci coinvolge nella lotta per sopravvivere della sua gingerbread girl, fino a un finale adrenalinico che fa tirare un sospiro di sollievo. Perché Emily si merita di vivere, come noi lettori siamo tutti d’accordo, e capiamo con lei che la vita stessa è una ragione di vita.


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