Vanna Vinci
L’ALTRA PARTE
Granata Press
Cartonato, 1993
70 pagine, 22.000 lire
L’ALTRA PARTE
Granata Press
Cartonato, 1993
70 pagine, 22.000 lire
Le volte in cui mi capita di essere invitato a parlare di come si raccontano le storie utilizzando i codici espressivi del fumetto, proietto sempre di fronte all’uditorio alcune vignette di Vanna Vinci. I disegni dell’autrice sarda non mancano mai di colpire gli astanti, che siano un pubblico maturo o scolaresche di ogni ordine e grado. Anzi, soprattutto i più piccoli rimangono affascinati di come, per esempio, un semplice sbuffo di vapore a forma di cuore che esala da una tazzina di caffè serva a farne percepire, attraverso gli occhi anziché il naso, l’aroma. Non è tutto qui, naturalmente: reputo magistrali un gran numero di tavole (per non dire tutte) di Vanna, composte da vignette tanto eleganti e sofisticate quanto perfettamente al servizio del racconto, della narrazione, della storia. In un bel catalogo “Passaggi”, pubblicato in occasione di una mostra personale allestita del 2024 a Città di Castelli, una lunga intervista ripercorre la carriera della Vinci, iniziata sul finire degli anni Ottanta, e il titolo ben la riassume: “Il fumetto è una malattia”. “L’altra parte” è uno dei primissimi lavori dell’autrice, pubblicata prima sulla rivista “Nova Express”, diretta da Luigi Bernardi, e poi in volume da Granata Press (fra parentesi, che belli i volumi di Granata Press). Vanna è agli esordi, ma già c’è tutta la sua maestria, quella di "Lillian Browne", "Guarda che luna", "Tamara", "Frida", la Bambina Filosofica. “Io sono sempre il topo di campagna, a Milano non riuscivo a inserirmi”, racconta all’intervistatore parlando del suo primo giro, all'inizio dei Novanta, fra le case editrici milanesi in cerca di lavoro, forte dei suoi studi presso l’Istituto Europeo di Design di Cagliari, “ma propri lì, in solitudine, mi viene in mente la storia di una ragazza che è a Milano per un convegno, nello stesso hotel dove andavo io, e incontra questo tizio molto pallido, che poi si scopre essere un vampiro. Inizio a buttare giù il testo con la macchina da scrivere, senza alcuna cognizione di come si fa una sceneggiatura. Un testo con pochi dialoghi e un sacco di didascalie di pensiero”. Nasce così la storia, di uno strano tipo d’amore, di Agnese, studentessa in medicina, e del misterioso giovane rumeno Adrian Voda, inquietante e magnetico al tempo stesso. Agnese ne è turbata e attratta, lui, antesignano di Edward Cullen (il romanzo “Twilight” è del 2005), è un vampiro postmoderno che non dorme in una bara e non brucia alla luce del sole. La vicenda (segue un minimo di spoiler) minimale e priva di horror, avvicina sempre più Agnese ad Adrian e l’allontana dalla compagnia, che sembra alla ragazza sempre più fatua, dei suoi amici, fino all’accettazione di un’ “altra parte” della realtà, l’abbandono al mistero.
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